“Parlare di Africa non significa solo parlare di solidarietà, ma anche di interesse inteso in senso positivo. Una crescita economica sociale equilibrata dell’Africa non solo minimizza le criticità o i problemi che ci possono essere, ma aumenta anche le potenzialità che sono moltissime”, Mario Raffaelli, presidente AMREF Health Africa Italia, interviene così alla tavola rotonda “AFRICA/EUROPA: DUE CONTINENTI, UN FUTURO. Sfide comuni e questioni aperte alle soglie delle elezioni europee”, organizzata da Amref giovedì 16 maggio all’hotel Nazionale di Roma.Il seminario dà voce a un confronto che “scaturisce dal DNA di Amref, Vides e AICS, perché stiamo parlando di dialogo tra continenti e temi tuttora irrisolti nel sistema geopolitico ed economico dalle migrazioni, allo sviluppo al dialogo tra culture senza dimenticare le problematiche ambientali”, evidenzia Gabriela Jacomella, giornalista e moderatrice del dibattito.
AFRICA/EUROPA: Sud-Sudan e il progetto SANS
L’attenzione è stata rivolta in particolare a un intervento specifico nel Sud-Sudan, portato avanti dal progetto SANS –Sostegno alla Sicurezza Alimentare e promozione della Sana Nutrizione – a Wau. Il Sud-Sudan è considerato il più giovane dei Paesi, in quanto ha conquistato l’indipendenza soltanto nel 2011 ma dal 2013 è di nuovo terra di conflitti. I dati che descrivono le conseguenze di anni senza pace sono allarmanti: 2milioni di abitanti rifugiati nei paesi limitrofi contro i circa 10milioni della popolazione totale, 1 milione di sfollati interni e quasi 5 milioni di abitanti a rischio di fame ed epidemie. 14mila bambini sotto i 5 anni sono a rischio di malnutrizione acuta.In Sud-Sudan, che è un paese grande come la Francia, esiste un’unica grande strada asfaltata: 192 chilometri che portano dalla capitale al confine con l’Uganda.”Dall’inizio del conflitto del 2013 fino ad oggi sono morte 400mila persone e nessun governo e agenzia stampa internazionale ha preso una posizione forte. Si confida nelle elezioni del 2020 per avviare un nuovo accordo di pace, fiduciosi grazie alle neo-forze politiche in gioco. Come non ricordare la visita dal Papa dove il pontefice si è inginocchiato baciando i piedi al presidente Salva Kiir e ai vicepresidente per chiedere la pace?” Yagoub Kibeida, direttore esecutivo di Mosaico Refugees e presidente dell’Associazione Sudanese di Torino, richiama l’attenzione su una mancata adeguata attenzione dell’Europa alle dinamiche interne del Sud-Sudan, sollecitando il sostegno internazionale per garantire la pace.
AFRICA/EUROPA: l’espansione positiva
“Perché la presenza dei cinesi in Africa? Perché si è creato il vuoto dell’Europa: noi europei l’abbiamo abbandonata!”, il discorso si sposta con l’intervento di Antonio Raimondi di Vides, esperto di cooperazione internazionale e docente di Storia della cooperazione e politiche dello sviluppo, sul ruolo geopolitico attivo che l’Europa può giocare in Africa.“Occorre rafforzare la solidarietà con un’espansione positiva dal punto di vista geopolitico ed economico, basata sulla valorizzazione delle risorse e l’innesco di processi virtuosi. Attivare una collaborazione politico-economica che veda l’Africa come opportunità di processi di co-sviluppo: pensare a quel che noi possiamo trasmettere in termini di democrazia e diritti umani, ma anche a cosa possiamo imparare da un continente che è in crescita e può essere fonte di una ventata di aria fresca per un’Europa che sembra essersi “incagliata”.”Il grande patrimonio culturale africano e le grande tradizioni come spunto per migliorare una società invecchiata non soltanto anagraficamente ma anche nello spirito e nella testa, perché “l’Europa senza l’Africa è un continente morto”.
AFRICA/EUROPA: quanto l’Africa è in Europa?
Leila El Houssi, docente di Storia delle relazioni internazionali, Culture del vicino Oriente antico, del medio Oriente e dell’Africa all’Università di Firenze, argomenta la risposta evidenziando quanto la narrazione sul tema sia schiava di stereotipi culturali.“Comprendere quanto l’Africa è in Europa è fondamentale. C’è una grande lacuna e mancanza anche a livello scolastico e universitario: non si parla adeguatamente di Africa e Medio Oriente e questo favorisce le narrazioni viziate dei media che spesso suscitano allarmismi”. È la cultura che può abbattere la disinformazione.“L’ Africa viene sempre raccontata come il continente legato al colonialismo con un atteggiamento di sudditanza. Abbiamo trend culturali che non ci permettono un dialogo equilibrato: siamo condizionati da una narrazione bipolare, da un lato si riportano quei temi legati all’orientalismo e all’esotismo, dall’altro invece quelli che ci portano ai conflitti e scontri tra civiltà. Dobbiamo riuscire a trasmettere invece una terza versione di un’Africa che è un entità plurale, un continente in cui ci sono diverse realtà, differenti culture e religioni”.È l’educazione trans-culturale che può smontare queste errate narrazioni, “soprattutto in questo periodo storico in cui le nuove generazioni viaggiano molto: occorre trasmettere loro la storia, la geografia e le culture dei paesi africani, nella loro pluralità. La conoscenza è fondamentale.”
AFRICA/EUROPA: la dimensione europea
Alla vigilia delle Elezioni Europee è doveroso chiedersi come venga trattata la cooperazione allo sviluppo nei programmi politici dei gruppi parlamentari.“Rimangono vaghi”, è la risposta breve di Bernardo Venturi, dell’Istituto Affari Internazionali, “e questo da una parte è comprensibile perché tra la dimensione europea e quelle nazionali manca ancora una cinghia di trasmissione. Le elezioni europee vengono percepite dai più come dimensione nazionale: un sondaggio sull’andamento dei partiti della singola nazione”. Inoltre il parlamento europeo ha un potere limitato e i singoli Paesi sensibilità diverse, “quindi c’è anche un gioco a non sbilanciarsi troppo”. Al netto di questo, però, la cooperazione europea gioca un ruolo importante e negli ultimi due decenni è migliorata in termine qualitativi.Rimangono dei limiti. “Innanzitutto l’obiettivo: perché si fa cooperazione allo sviluppo? Sradicare la povertà. Collegare altri temi come le migrazioni e la sicurezza mette l’obiettivo principale in secondo piano. I dati parlano chiaro: il 43% degli aiuti allo sviluppo europei va a paesi con medio reddito non ai più poveri, il 27 % a paesi a basso reddito e soltanto il 26% arriva in Africa Sub-Sahariana. Meno del 20 % è rivolto a sanità, educazione e sviluppo umano”.Quindi la cooperazione europea è davvero rivolta allo sradicamento della povertà o ad altri obiettivi?“Ancora più impressionante diventano i dati se scorriamo la lista dei paesi che ricevono gli aiuti dall’Europa: nei primi sette non c’è un paese sub-sahariano. Al primo posto troviamo la Turchia. Sono dati su cui riflettere in vista delle elezioni per tenere un focus chiaro su cos’è la cooperazione allo sviluppo e il suo obiettivo primario. Pace e sicurezza sono temi collegati ma non sono la stessa cosa. Nel budget europeo per i prossimi 7 anni ci saranno tra i fondi dedicati alla cooperazione allo sviluppo un 10% per il ruolo delle migrazioni, percentuale che l’Italia ha chiesto di alzare al 20%.
AFRICA/EUROPA: direzione elezioni europee
“L’assenza dell’Africa dal dibattito dimostra come questa campagna elettorale si stia focalizzando su tante cose che c’entrano poco con le elezioni europee e trascuri realtà e temi importanti come quello della cooperazione fra Europa e Africa“, conclude Mario Raffaelli.Per approfondire sulle elezioni europee e sui temi dell’immigrazione: Speciale Elezioni 2019.
Silvia Costantini(21 maggio 2019)
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