Elezioni europee, i candidati: Angelo Pavoncello – Lega

Speciale elezioni europee 2019: intervista sui temi dell’immigrazione a un candidato per ogni lista della Circoscrizione Italia Centrale.

Fonte: FB Angelo Pavoncello
Angelo Pavoncello, classe 1970, “da sempre in politica”, nel municipio XI di Roma è stato consigliere dal 2001 al 2008. Piccolo imprenditore, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Ambulanti e presidente dell’associazione Italia Produttiva sono i tre ruoli che ricopre nella quotidianità. Quando parla di politica, parla anche del legame con la religione ebraica, ma tiene a precisare: “sono un semplice iscritto, non faccio parte della comunità”.Perché ha scelto di candidarsi con questo partito?Da fine 2015 nasce il mio rapporto con il leader della Lega Matteo Salvini, abbiamo condiviso il percorso delle amministrative e da lì c’è sempre stato un ottimo rapporto, diretto, basato anche su alcune cose che per me sono importantissime e che mi hanno sempre spinto a stare con la Lega. Essendo io di religione ebraica, tra le cose che mi premono di più, oltre alla difesa delle nostre imprese, ci sono la difesa della memoria e della Shoah e quindi combattere l’antisemitismo: su queste tematiche ci siamo trovati d’accordo. Ho specificato a Matteo Salvini che non avevo nulla a che fare con gruppi estremisti come Forza Nuova o Casapound o gruppi di sinistra. Lui stesso mi ha detto: “non c’entrano niente con noi”.Quali sono i punti principali del programma che porterà avanti?Sono due i punti principali. Bisogna invertire la rotta sulle direttive europee, nessuna porta un nome italiano. Bisogna andare verso direttive che ci rispettino perché è impensabile che i nostri pescatori, se hanno una rete di un millimetro o due millimetri più grande, vengano sanzionati. Così come è impensabile che continuiamo a subire direttive che tagliano le quote d’acciaio dell’Italia perché fa comodo alla Germania, o altre sull’energia che fanno comodo alla Francia e su tante altre situazioni. Si parla di libero mercato, ma non c’è la possibilità di vendere liberamente. E se madre natura ci dà più frutti, li dobbiamo buttare quando poi potrebbero essere venduti e si potrebbero ottenere dei fondi per aiutare i paesi poveri, che siano in Africa o che siano in altre parti del mondo. Ci vogliono direttive per tutelare le nostre imprese, così come hanno fatto Francia, Germania, Belgio, Olanda.L’altro punto riguarda i fondi europei fondi di attribuzione diretta, noi siamo contribuenti attivi, paghiamo circa 30 miliardi di euro di tasse in Europa e riusciamo a farne tornare in Italia forse al massimo 3. Formare ragazzi nelle associazioni culturali, nelle associazioni sportive, nelle imprese, per ricevere fondi diretti che portino occupazione e sviluppo in Italia è una priorità.Nei primi 100 giorni di attività parlamentare quali sarebbero le sue tre priorità?Metterei su un gruppo di lavoro per creare un filo diretto tra territorio comunale, regionale e Unione Europea. Seguirei questo processo per accelerare la possibilità di arrivare ai fondi europei e creare sviluppo sui nostri territori e dare un futuro migliore anche ai nostri giovani. Mi piace essere molto pragmatico e vorrei concentrarmi su questo.Cosa condivide e cosa invece cambierebbe delle politiche europee attuali in tema di immigrazione?Ho avuto la fortuna di parlare anche con molti ambasciatori sia dell’Africa che di altri paesi extracomunitari. Per quanto riguarda i paesi democratici, da tutti sento lo stesso discorso: l’Europa ci aiuta veramente se, invece di dare false speranze ai nostri cittadini, porta avanti un programma di sviluppo nei nostri territori, mette soldi e know how impiegando e formando la manodopera locale.Dove c’è la guerra, come dice lo stesso Salvini, dobbiamo intervenire in due modi: accogliendo chi veramente scappa dai conflitti con l’asilo politico, smettendola di dare fondi agli stati che usano i soldi per terrorismo, per arricchire le tasche dei dittatori. Facciamo degli appalti europei per costruire scuole, case, andiamo sul territorio, formiamo gente del posto. Se vogliono i fondi, devono per primi rispettare i cittadini perché non è pensabile che per vivere liberi debbano scappare. Questa è la politica che dobbiamo attuare se vogliamo essere tutti uguali e avere rispetto delle religioni, delle culture, delle etnie. Molti amici immigrati con cui parlo mi dicono che rimpiangono la loro terra.L’Europa è un’unione di diversi, queste diversità come vanno affrontate?Per me la parola rispetto è al primo posto. Ma rispetto significa anche rispettare i nostri cittadini italiani che non sono i cittadini di serie c. Deve essere reciproco tra italiano, bulgaro, tedesco, finlandese. Se c’è il rispetto e tutti stanno bene, nessuno farà guerra a nessuno, non ci saranno rigurgiti antisemiti, xenofobi, razzisti o estremisti, di sinistra o di destra che siano.Come definirebbe l’atteggiamento degli italiani nei confronti degli stranieri?I nostri cittadini non sono mai stati razzisti, mai, tranne purtroppo quando abbiamo vissuto sulla nostra pelle le leggi razziali. Poi è normale che con l’austerity, creata dai burocrati europei, crescano anche delle sacche di persone che potrebbero istigare a diventare razzisti o a vedere diversamente lo straniero.Tra l’Europa e il resto del mondo c’è il mare: come gestire lo spazio che ci divide?I nostri confini sono i nostri confini e quando si entra bisogna ragionare e dire: “entro per questo motivo”. Servono confini certi e regole certe. Se si ha bisogno di un flusso migratorio, e magari per un lavoro che non vuole fare più nessuno servono 10.000 persone, allora si ragiona, si chiamano le ambasciate e si procede in maniera regolata. Il mare, se gestito bene, è una grande risorsa da vivere tutti insieme, se viene lasciato in mano a schiavisti e trafficanti, diventa il cimitero di tante persone che vengono illuse. Io non capisco perché si vada a salvare la gente in mare e non si vada sul posto.Qual è l’ultimo piatto di cucina straniera che ha mangiato o cucinato?L’hummus, in un ristorante di cucina kosher.

Rosy D’Elia(22 maggio 2019)

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