Dipavali Festival 2019: Roma celebra l’arte e la spiritualità indiana

Un trionfo di luci e colori, spiritualità e spettacolo: questo e molto di più è il Dipavali Festival, ormai giunto alla sesta edizione, che si è svolta il 3 novembre all’Auditorium Parco della Musica di Roma. L’evento, organizzato dall’Unione Induista Italiana (UII) in Collaborazione con l’Ambasciata dell’India e il patrocinio del Comune di Roma, celebra il Dipavali, o “Festa della Luce”. Luce intesa sia come principio spirituale positivo, legato alla ricerca del bene e della verità, ma anche in senso fisico, a richiamare le migliaia di lucerne e lumini che inondano le case e le strade delle comunità induiste sparse per il mondo.Il Dipavali è ad oggi la più importante ricorrenza induista in Italia, riconosciuta grazie alla Legge d’intesa tra Parlamento e Unione Induista Italiana come festività religiosa ufficiale.

Tra tradizione e modernità

Il festival, che si è articolato nel corso dell’intera giornata, ha offerto al pubblico la possibilità di immergersi in prima persona nella cultura indiana attraverso laboratori di canto e danza, ma soprattutto di assistere ad una varietà davvero ampia di manifestazioni artistiche. Spettacoli di marionette Kathputli, esibizioni piromusicali, concerti di musica classica indiana per viaggiare nelle arti ma anche nel tempo, spaziando dal più tradizionale concerto di canto Dhrupad, che fonde melodia e percorso spirituale, alle più moderne esibizioni di danza Bollywood. Tutto questo a dimostrazione della straordinaria capacità di questa cultura millenaria nel saper legare in un connubio ben calibrato arte e spiritualità, modernità e tradizione.

Äbhä, rilettura del Ramayana

L’esempio più felice di questa commistione è stato offerto dallo spettacolo di danza Bharatanatyam della Punyah Dance Company di Bangalore, che ha portato in scena Äbhä, una rilettura del Ramayana contraddistinta da un’accurata e fedele rievocazione degli antichi miti, compiuta tuttavia in uno stile moderno e frizzante. Scritta, coreografata e performata da Parshwanath Upadhye, pluripremiata stella della danza classica indiana, ha saputo suscitare l’entusiasmo di un pubblico eterogeneo, composto da membri della comunità induista capaci di decodificare il complesso vocabolario gestuale della tradizione indiana e i numerosi rimandi alla mitologia, ma soprattutto da molti curiosi non induisti, colpiti dalla potenza evocatrice di questo racconto danzato e dalla sorprendente tecnica dei suoi interpreti.

 

Silvia Proietti
(5 novembre 2019)

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