Diritti dei minori: l’ombra del COVID-19 sul futuro delle bambine

Diritti dei minori
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Mayerlín Vergara Pérez, detta Maye, attivista colombiana da più di vent’anni impegnata nel contrasto alla tratta e allo sfruttamento sessuale dei minori, ha vinto il Premio Nansen per i Rifugiati 2020, istituito dall’UNHCR fin dal 1954. Il suo impegno nel tutelare i diritti dei minori per la Fundación Renacer in quell’America del Sud sempre più patria di migranti e sfollati ha interessato soprattutto minori rifugiati, i più esposti al rischio di tratta e sfruttamento sessuale. Si tratta infatti di un fenomeno strettamente legato alla povertà o instabilità economica cui sono esposti bambini e bambine in tutto il mondo.
Quello conferito a Maye è un premio particolarmente significativo in questo 2020 che segna il 20esimo anniversario dei Protocolli di Palermo, i tre documenti adottati dall’ONU allo scopo di ridurre la tratta di esseri umani – in particolare donne e minori, dei rifugiati via terra, mare e aria e il traffico di armi da fuoco.

COVID-19: a rischio l’impegno per la parità di genere

Il 2020 è stato anche l’anno del COVID-19, che tante ripercussioni ha operato sul piano dei diritti dei minori: se è vero che 1.6 miliardi di bambini in tutto il mondo sono stati costretti ad interrompere la scuola, nei paesi più fragili sono addirittura 9.7 milioni quelli che rischiano di non tornare a scuola in modo irreversibile. In molti paesi le conseguenze sono state ben più tragiche e hanno interessato soprattutto bambine e adolescenti, come illustrato dal Global Girlhood Report 2020 di Save the Children.
A 25 anni dalla Dichiarazione di Pechino, che per prima ha fissato l’impegno della comunità internazionale nel perseguire la parità di genere, l’impatto del Covid-19 sul piano dei diritti delle minori sembra minare molte sue conquiste.

diritti dei minori, Global Girlhood Report
Photo: Hanna Adcock/Save the Children

Più matrimoni e gravidanze infantili nel 2020

Le chiusure dovute alla pandemia hanno incrementato sensibilmente il rischio per molte bambine e adolescenti di contrarre matrimoni infantili, che sgravano molte famiglie dall’onere di sostentamento delle proprie figlie. Save the Children stima per il 2020 un aumento di 500 000 bambine e ragazze esposte a rischio di matrimoni precoci, soprattutto in Asia meridionale (191mila), Africa centrale e occidentale (90mila) e America Latina e Caraibi (73mila).
La pratica dei matrimoni precoci rientra a pieno titolo nel novero delle violenze di genere, perché nella quasi totalità dei casi contratti contro la volontà delle minori, costrette ad abbandonare la scuola ed esposte ad un maggior rischio di violenza sessuale perpetrata dal marito o da parenti.
Contrarre matrimoni in età infantile aumenta anche le probabilità di gravidanze, il 90% delle quali coinvolge bambine e adolescenti già sposate. Secondo Save the Children il 2020 segnerà anche un incremento di circa 1 milione di parti infantili, la prima causa di morte per le adolescenti della fascia 14-19 in tutto il mondo, che coinvolge soprattutto le ragazze più povere.
La pratica dei matrimoni precoci non rappresenta soltanto una fonte di risparmio economico per le famiglie povere ma spesso, in situazioni di grave crisi umanitaria, diventa una forma di difesa dal rischio di stupro per molte ragazze. Il Libano, che pur registra un tasso molto basso di matrimoni precoci, 6%, nel 2017-2018 ha ospitato percentuali molto alte di bambine e adolescenti rifugiate già sposate:

  • il 40% delle giovani rifugiate siriane;
  • il 12% delle giovani rifugiate palestinesi;
  • il 25% delle giovani rifugiate palestinesi provenienti dalla Siria.

Il controllo collettivo sulla vita sessuale di molte bambine e ragazze in tutto il mondo si esprime anche attraverso pratiche tradizionali come le mutilazioni genitali femminili (MGF). Per il 2020 il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione ha stimato 2 milioni di casi aggiuntivi di MGF. Ma cosa lega la pandemia all’incremento delle MGF? Sostanzialmente l’allentamento dei controlli governativi e la sospensione dei progetti di Ong e attori internazionali impegnati nel loro contrasto. In Somalia, in cui il 98% delle donne sono sottoposte a MGF, le famiglie stanno approfittando della chiusura delle scuole per eseguire le mutilazioni senza il rischio di destare i sospetti di docenti e autorità scolastiche.

Povertà e lavoro minorile: le ripercussioni sull’istruzione

Con la pandemia di covid-19 per il 2020 si attende un incremento di 130 milioni di persone senza possibilità di sostentamento alimentare. Ciò comporta, soprattutto nei paesi economicamente più fragili o già esposti a crisi umanitarie, che i bambini subiscano pressioni affinché lavorino per aiutare le famiglie. Nel caso di molte bambine e ragazze, inoltre, si tratta di un lavoro aggiuntivo rispetto al lavoro domestico e di cura per i parenti malati, che le espone ad un rischio maggiore di contrarre il virus e le allontana dalla scuola.
Un fattore che va ad aggravare le barriere di genere che impediscono o frenano l’accesso delle ragazze al mondo dell’istruzione, nonostante i rendimenti scolastici decisamente positivi delle bambine a livello globale. In Sierra Leone, in un villaggio gravemente colpito dall’epidemia di Ebola del 2014-2015, le iscrizioni scolastiche per le adolescenti, al termine dell’emergenza, sono diminuite di un terzo. In situazioni di crisi economica, infatti, si preferisce investire sull’istruzione dei figli maschi risparmiando su quella delle bambine, il cui futuro è ancora fortemente condizionato dal peso di credenze culturali e dall’incertezza economica delle famiglie.
Celebrare Pechino +25 significa ridare priorità alle problematiche concrete e materiali che affliggono bambine e ragazze in tutto il mondo, vigilando affinché la pandemia non diventi l’ennesimo pretesto per l’arretramento sul piano dei diritti delle donne. Magari dando finalmente voce alle protagoniste.

Silvia Proietti
(7 ottobre 2020)

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