Lucha y Siesta e la lotta per l’autonomia femminista

Il 5 agosto scorso si è tenuta l’asta di Via Lucio Sestio 10 con cui la Regione Lazio si è aggiudicata l’immobile occupato da Lucha y Siesta, l’associazione che da 13 anni è un punto di riferimento per la lotta contro la violenza di genere, “sportello antiviolenza, casa rifugio, spazio politico femminista e transfemminista, verde e polifunzionale”.

In attesa della conferenza stampa che si terrà il 10 settembre, di questo ma anche di altro abbiamo parlato con Simona Ammerata, attivista di Lucha y Siesta fin dagli albori, socia fondatrice e operatrice antiviolenza.

Attiviste di Lucha y Siesta (Foto di Elisa Galli)

Lucha y Siesta: Come siamo arrivate qui?

“Qui oggi stiamo facendo la storia: in questi 13 anni questo luogo è stato attaccato e accusato, messo sotto accusa da tutti i governi che si sono susseguiti, ma allo stesso tempo è stato fondamentale per tutta la rete dei servizi della città, e non soltanto del VII Municipio in cui è collocato l’immobile.
Lo stabile occupato da Lucha, infatti, non è mai stato ufficialmente riconosciuto dalle autorità, ma sono state la città stessa e i suoi cittadini a usarlo e legittimarlo, dapprima a livello territoriale, poi nazionale infine internazionale.
La polifunzionalità di Lucha è ed è stata fondamentale in questi anni nel dibattito sull’autonomia femminista: chi conosce la violenza di genere sa che le necessità conseguenti non sono soltanto di ospitalità ma sono anche attività di mutuo aiuto come il giardino, la sartoria, l’orto, le iniziative di autoriconoscimento. Se si ha un’ottica femminista non si lavora solo sul sintomo ma sulle cause, seguendo un’ottica di autodeterminazione e non di assistenzialismo”.

“La forza di questo di luogo”, prosegue Simona, “è stata quella di non piegarsi e non avere paura di reagire all’opposizione delle istituzioni, di contrattaccare nella convinzione che la violenza di genere si combatte attivamente, come attivamente si combatte il patriarcato. Secondo noi è stato proprio questo che ha convinto la Regione Lazio ad investire e a scommettere sul progetto Lucha y Siesta aiutandoci a toglierla dalla speculazione”.

Lucha y Siesta: Perché è stata riconosciuta adesso?

“In primo luogo, il collettivo che anima questo spazio ha saputo costruire una rete ampissima, sia con il vicinato con cui c’è grandissima solidarietà, sia con progetti e azioni cittadine. Penso, ad esempio, al comitato “Lucha alla città”, che conta quasi 2000 persone. Il grande supporto offerto da parte delle altre realtà analoghe, che ha visto una partecipazione larghissima e molto determinata, ha permesso di modificare i rapporti di forza rispetto alle istituzioni, che non hanno più potuto girarsi dall’altra parte.
In secondo luogo, il progetto che vive qui dentro ha costruito un grandissimo benessere interno ed esterno, che è stato ampiamente riconosciuto dai cittadini.

Lucha y Siesta: Come perseguirà il progetto?

“La sfida è costruire con la Regione Lazio una relazione che metta in pratica l’autonomia delle donne in azioni e fatti e non solo a parole. Bisogna quindi nei prossimi mesi capire come rendere questo possibile e trovare una formula che preservi l’autonomia che in questi 13 anni ha caratterizzato Lucha y Siesta”.

Capire se la Regione è disposta a riconoscere lo spazio così com’è, è un elemento prioritario per le attiviste e femministe del collettivo di Lucha, che hanno pensato a lungo a quali possano essere le prossime azioni da realizzare.
Il punto di partenza è rappresentato dalla progettazione partecipata “Lucha 2.0” che, attraverso laboratori che mettono insieme tutte le esperienze che esistono in tema di beni comuni e beni delle donne, ha lo scopo di produrre una legislazione unitaria. Questi laboratori sono svolti seguendo un’ottica di economia di genere sostituendo gli indicatori da quelli quantitativi a quelli qualitativi. Contestualmente andrà sottoscritto il patto di collaborazione tra l’istituzione acquirente e Lucha y Siesta per disciplinare le modalità di fruizione.
Simona ricorda inoltre che il collettivo sta scrivendo un regolamento di autogoverno contenente le disposizioni sulla gestione dello spazio finalmente riconosciuto, in modo tale che la sua natura non sia oggetto di cambiamento a seconda di chi amministri.

“L’acquisto della Regione rappresenta uno spartiacque tra l’esposizione al pericolo per molte donne e la costruzione del progetto femminista. Adesso vediamo se verrà rispettato quanto affermato dalla Regione in merito a Lucha e alla sua missione, cioè ‘non l’abbiamo comprata ma l’abbiamo restituita alla città’. Trovare un linguaggio comune tra chi ha costruito questo progetto e chi lo ha voluto riconoscere è la base per costruire un’esperienza che dia respiro e che inizi a cambiare questa città, aprendo finalmente nuove strade”.

Elisa Galli
(2 settembre 2021)

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