Il ricatto dell’omosessualità nella Russia senza diritti: Vlad

Cremlino bandiere
Fonte: Pixabay

“Se mi chiedi cos’è per te la Russia, io ti rispondo brutalità e aggressione. Ho deciso di lasciare il paese anche per questo e ho ottenuto la protezione internazionale anche per questo”. Ogni anno presentano domanda d’asilo in Europa migliaia di lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali: Vlad, nome di fantasia, ha scelto di partire quando, per l’ennesima volta, hanno usato la sua omosessualità come ricatto.

Quando parla dell’Italia descrive un eldoralo dei diritti: “quando sento di queste aggressioni omofobe, io non ci credo, non credo che possano succedere, neanche nel Sud profondo che descrivono come più chiuso e arretrato”.

Ma i dati raccontato una realtà diversa: nel corso del 2021 oltre 20.000 persone si sono rivolte alla Gay Help Line, il numero verde antiomofobia e antitransfobia per persone gay, lesbiche, bisex e trans. Circa l’80 per cento ha chiesto aiuto per aver subito violenze e maltrattamenti in famiglia, aggressioni, bullismo, discriminazioni sul lavoro. Sono dati che vanno letti alla luce di due fattori: non esiste una legge contro l’omotransfobia, di conseguenza non esistono dati ufficiali del Ministero dell’Interno, e molte denunce non vengono presentate per paura.

La percezione di Vlad è frutto di 35 anni di vita in una Russia senza diritti: “Quando sono arrivato in Italia, nel 2015, ho smesso di avere paura, di temere che qualcuno mi chiedesse: hai una fidanzata?” Dopo 7 anni, lavora part time nella logistica di una grande azienda di Milano e ha ottenuto lo status di rifugiato, ma “certamente non si può dire che sia stato facile, la burocrazia non è facile neanche per gli italiani”.

Dalla Russia senza diritti alla protezione in Italia: la storia di Vlad

Arrivato a Roma, ha richiesto la protezione internazionale: la possibilità di ricevere un esito positivo è legata a una una serie di parametri oggettivi e soggettivi che si riferiscono alla storia personale dei richiedenti, alle ragioni delle richieste e ai paesi di provenienza. Quando non c’è criminalizzazione è ancora più complicato dimostrare le discriminazioni subite. E la Russia ha solo una legge contro la Propaganda Gay, in vigore dal 2013.

A determinare un percorso lungo e tortuoso, nel caso di Vlad, però non è stato il paese di origine, ma un sistema poco incline all’ascolto e un momento particolarmente difficile per i migranti arrivati in Italia.

“Al primo incontro il funzionario mi ha ascoltato per 12 minuti e mi ha dato il permesso di soggiorno per motivi umanitari che è durato due anni”. Al momento della scadenza, ha presentato richiesta di rinnovo ma è rimasto senza documenti per oltre un anno.

Mentre aspettava una risposta, il Decreto Salvini ha eliminato questa forma di protezione lasciando, secondo i dati registrati da ISPI, tra il 2018 e il 2019 più di 26.700 persone nell’irregolarità.

“Per fortuna il fattore umano in Italia ti salva sempre: ero senza lavoro e senza documenti, chiedevo aiuto a tutti”. Le sue richieste sono arrivate anche alla Gay Help Line che, tra le altre attività, offre supporto alla comunità migrante LGBTQI+ nel lungo e difficile iter da seguire per avere o rinnovare i documenti. Grazie a un operatore, è entrato in contatto con l’associazione Quore di Torino che ha richiesto l’accesso agli atti e ha ottenuto un nuovo colloquio per la protezione internazionale.

Con 5 ore di dialogo, Vlad è diventato rifugiato in Italia: 12 minuti, d’altronde, non possono bastare per raccontare anni di criminalizzazione silente.

Nella Russia senza diritti l’omosessualità è un’arma di ricatto

Cosa ha convinto la commissione? “Sono stato credibile, ho parlato senza interprete, hanno letto nei miei occhi che ero sincero”. Ma il via libera è arrivato soprattutto per i contenuti del racconto: “Non volevo più vivere in Russia perché la privacy non esiste. I tuoi datori di lavoro possono entrare nel tuo account di WhatsApp, di Facebook, di qualsiasi cosa. Volevo licenziarmi perché avevo trovato un altro lavoro, ma loro mi hanno ricattato perché avevano letto conversazioni con altri ragazzi. Mi hanno detto: diciamo a tutti che sei frocio“. Ed è proprio questo il termine che ripete in più occasioni per riportare le parole dei connazionali.

La stessa situazione si è riproposta più volte e in contesti diversi, tutti con uno sguardo internazionale: aeroporti, agenzie di viaggio, una società di servizi che operava per il Ministero della Difesa. “Mi hanno spinto a licenziarmi, perché criticavo Putin, sono omosessuale, e non ero d’accordo con tutte le offese che rivolgevano agli europei. Dopo questa esperienza ho deciso di partire”.

La Russia che descrive Vlad non è quella della provincia, ma quella di Pietroburgo, di Mosca. “Adesso sono abituato alla civiltà alcune cose le ho dimenticate”. É un paese in cui la libertà non esiste né fuori né dentro casa: “Due miei amici stanno insieme da 10 anni, ma si presentano come cugini e fanno attenzione a non farsi sfuggire nulla sui loro rapporti perché anche i vicini potrebbero ribellarsi, le persone non vogliono omosessuali nei paraggi. Devono stare attenti anche a chiudere bene le tende”.

Nella vetrina di Mosca, però, il regime ha interesse a tenere aperta una discoteca gay “così da poter dire agli europei: vedete, per noi non c’è alcun problema”.

Omosessualità in Russia: sempre meno diritti

Nella mappa ILGA World aggiornata a dicembre 2020 la Russia è in una zona grigia in cui non c’è né criminalizzazione né protezione e si registrano ostacoli legali alla libertà di espressione e alla registrazione o al funzionamento di organizzazioni che lavorano in favore della comunità LGBTQI+. Ma la situazione peggiora giorno dopo giorno: nella Rainbow map 2022 redatta da ILGA Europa tra 49 paesi analizzati, la Russia si posiziona al 46esimo posto, tra i territori più omotransfobici del vecchio continente.

“Quella che per me sembrava una situazione non favorevole adesso sarebbe una passeggiata al parco”, dice Vlad. È difficile conoscere il clima reale: al telefono certi temi non si possono trattare e non resta che leggere le espressioni del volto. Ma sicuramente gli ultimi mesi di conflitto non hanno fatto altro che rendere più duro il contesto di repressione.

“Nei paesi gestiti da un dittatore l’omosessualità simboleggia la libertà che l’Europa può garantire. Se i rapporti con l’UE peggiorano, peggiorano anche i diritti”.

Ed è proprio così. Secondo quanto riportato da Gay.it lo scorso 12 luglio, la Russia sta pensando di estendere la legge contro la propaganda Gay e di inasprire le sanzioni collegate. La conferma sarebbe arrivata proprio dal presidente del parlamento russo Vyacheslav Volodin, che avrebbe dichiarato: “Le richieste di legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso in Russia appartengono al passato. I tentativi di imporre valori estranei alla nostra società sono falliti”.

Rosy D’Elia
(20 luglio 2022)

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