9 marzo 2023: il nuovo decreto migranti

Giovedì 9 marzo 2023 il governo ha approvato all’unanimità il nuovo decreto migranti presentato nel Consiglio dei ministri a Cutro, cittadina in provincia di Crotone dove è avvenuto il naufragio dello scorso 26 febbraio che ha provocato 72 vittime accertate. Nel decreto portato dalla premier Giorgia Meloni sono presenti un ventaglio di norme che vanno a toccare tutti gli aspetti salienti dell’immigrazione.

Di seguito un quadro delle norme più importanti del provvedimento:

  • il decreto flussi diventa nuovamente triennale. Questa volta le quote saranno stabilite facendo riferimento non solo ai ministeri competenti, ma anche alle categorie produttive e alle associazioni dei migranti. Se necessario, potranno essere consentiti ingressi di migranti economici ulteriori, sempre per decreto;
  • al di fuori del decreto flussi e delle norme sul diritto d’asilo potranno essere ammessi per lavoro nel nostro Paese migranti che completano “un corso di formazione professionale e civico-linguistica” organizzato dall’Italia attraverso accordi con gli Stati di partenza. I migranti dovranno dunque completare il ciclo di formazione nel Paese di partenza per poi poter essere accolti in Italia;
  • per quel che riguarda i permessi di soggiorno per motivi di lavoro o per motivi familiari è previsto che “dopo il primo rinnovo, la durata del permesso non può superare i tre anni“. Quel che sarà dopo i tre anni dei migranti resta tuttavia senza nessuna misura in merito.
  • introdotte pene più severe per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il nuovo decreto prevede un pena dai 2 ai 6 anni per coloro che favoriscono i flussi migratori clandestini, in precedenza il reato veniva punito con una reclusione dai 12 mesi ai 5 anni. Se poi il favoreggiamento riguarda più persone, se si utilizzano armi o sistemi di maltrattamento la pena sale. Non più da 5 a 15 anni, ma da 6 a 16 anni;
  • approvato l’articolo 12 bis che sancisce un nuovo reato in caso di strage di mare. Se la traversata in mare o per terra causa la morte di una o più persone, le pene vanno da un minimo di 20 anni a un massimo di 30. Se i naufraghi non muoiono, ma subiscono lesioni di gravi entità gli scafisti rischiano da 10 ai 20 anni di carcere. Interessante considerare il modo in cui il reato può essere punito. Lo scafista sarà oggetto di indagine e di processo pure nell’eventualità in cui il naufragio si verifichi in acque internazionali, a condizione che venga dimostrato che la rotta prevista era l’Italia;
  • ritoccate le norme sui rimpatri. Si sfoltisce la parte burocratica così da semplificarla e contemporaneamente si potenziano i centri di rimpatrio che, come sottolineato in conferenza stampa da uno dei giornalisti, hanno una storia ingloriosa. Rafforzati i sistemi di controllo su di essi;
  • sul fronte agricoltura è previsto che “i datori di lavoro che hanno fatto domanda per l’assegnazione di lavoratori agricoli e non sono risultati assegnatari abbiano la priorità rispetto ai nuovi richiedenti. Inoltre, “al fine di proteggere il mercato nazionale dalla criminalità agroalimentare, il personale dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, inquadrato nell’area delle elevate professionalità e nell’area funzionari, ha la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria; il restante personale inquadrato nell’area assistenti e nell’area operatori è agente di polizia giudiziaria;
  • si restringe, nell’ottica di portarla all’eliminazione, la protezione speciale in modo da evitare sue interpretazioni improprie. Il rischio con tale mossa resta però quello, e fanno storia i decreti sicurezza in ciò, che eliminando alcune forma di protezione aumenti il numero degli irregolari

Nella conferenza stampa che ha seguito il Cdm la premier ha annunciato le nuove norme sull’immigrazione. L’inasprimento delle pene per gli scafisti e il nuovo reato di morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina potrà davvero avere l’effetto di deterrenza auspicato? Stando a quanto dichiarava qualche tempo fa l’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio, ora sostenitore del provvedimento, sembrerebbe di no: “L’errore, l’equivoco della destra, è quello di pensare di garantire la sicurezza attraverso l’inasprimento delle pene, la creazione di nuovi reati e magari con un sistema carcerario come quello che abbiamo che diventa criminogeno’.

A suscitare perplessità su questo punto anche l’Associazione Antigone: “Tra tutte le azioni che, all’indomani del naufragio di Cutro, il governo poteva intraprendere, quella dell’aumento delle pene per i cosiddetti scafisti è sicuramente la meno utile. Le pene non sono mai un deterrente“, commenta l’Associazione Antigone, che osserva come norme del genere sono “ancora meno un deterrente quando vogliono andare a colpire le catene ultime delle filiere criminali, persone – appunto i presunti scafisti – che accettano di mettersi in mare, su imbarcazioni di fortuna, rischiando a loro volta la vita, e che una volta arrivati sanno di poter essere tratti in arresto. Persone che non conosceranno in molti casi neanche una parola di italiano e non sapranno certamente se la pena che li aspetta possa essere di uno, cinque, dieci anni. E non si faranno probabilmente fermare da questa incertezza”.

Per quanto riguarda il decreto flussi secondo una larga parte di giuristi se non cambia la legge Bossi-Fini i risultati che si rischiano di ottenere sono davvero pochi. La legge infatti prevede che è possibile arrivare in Italia solo con un regolare contratto di lavoro. Ma è ragionevole pensare che un migrante possa essere assunto da un ipotetico datore di lavoro senza che quest’ultimo lo conosca di persona? Gli addetti ai lavori suggeriscono di cancellare la Bossi-Fini e introdurre un permesso per la ricerca del lavoro. Il governo però dal canto suo non presta ascolto e, sicuro, festeggia questa ulteriore fittizia vittoria.

Cleofe Nisi
(10 marzo 2023)

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