Rotte migranti: come si entra in Europa?

Il controllo dei varchi di accesso alla Fortezza Europa ha ripreso vigore in questi ultimi mesi a seguito di diversi sommovimenti – dal forte incremento degli attraversamenti illegali alle frontiere (il dato maggiore dal 2016), alle tensioni diplomatiche tra i Paesi membri e alla stipula di nuovi accordi politici e piani strategici per assicurare un maggior controllo delle frontiere esterne dell’UE. In breve tempo la Commissione europea ha elaborato un Piano d’azione per il Mediterraneo centrale e un secondo Piano d’azione per la rotta balcanica.

Sul fronte interno, invece, all’approvazione del nuovo decreto sicurezza e alla stretta contro le ONG ha fatto seguito l’elaborazione di un fitto calendario di missioni del Ministro degli Esteri Tajani, in primis ad Ankara e Tunisi, per garantire all’Italia accordi bilaterali autonomi con i Paesi di origine per il freno delle partenze dei migranti.

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Frontiere e limiti. Foto di Matt Botsford per Unsplash

Rotte migranti: nel 2022 boom di attraversamenti illegali

Dopo lo stop dovuto alla pandemia, l’anno appena trascorso ha fatto registrare un nuovo aumento della mobilità esterna verso l’UE. Secondo i dati Frontex nel 2022 sono stati rilevati circa 330 000 attraversamenti irregolari alle frontiere esterne dell’UE. È il valore più alto dal 2016, con un aumento del 64% rispetto all’anno precedente.
Si tratta di un incremento che, contrariamente a quanto si pensa, non è legato allo scoppio del conflitto in Ucraina: i circa 13 milioni di profughi ucraini, infatti, non sono stati conteggiati da Frontex nel novero degli ingressi dalle frontiere esterne UE, per le eccezionali politiche e pratiche di accoglienza messe in campo dalla stessa Unione.

Il 45% degli attraversamenti irregolari (circa 145 600) ha interessato la frontiera dei Balcani occidentali, facendo registrare un incremento del 136% rispetto all’anno precedente, a fronte di un minore interesse mediatico mostrato nel nostro Paese rispetto al 2021.
La seconda rotta più frequentata è quella del Mediterraneo centrale, con 102 529 rilevamenti. Anche in questo caso l’incremento rispetto all’anno precedente è risultato significativo, +51%.

Fonte: FRONTEX

Le principali rotte migratorie verso l’UE

Il racconto delle migrazioni, si sa, è fortemente condizionato dagli eventi di cronaca e viziato dalla prospettiva nazionale. Per avere un quadro esaustivo delle maggiori rotte migratorie verso l’UE è utile consultare la mappa interattiva di Frontex che raccoglie i dati relativi all’anno 2022. Sono 6 le principali rotte individuate:

  • Africa occidentale;
  • Mediterraneo occidentale;
  • Mediterraneo centrale;
  • Mediterraneo orientale;
  • Balcani occidentali;
  • Canale della Manica.

La rotta che interessa il Canale della Manica, tra Calais e Dover, è di recente salita agli onori della cronaca per l’accordo Francia-Regno Unito sulla gestione dei migranti. Nel 2022 ha fatto registrare oltre 71 000 attraversamenti irregolari, principalmente da Afghanistan, Iraq e Albania.

Le principali rotte migratorie. Rielaborazione Piuculture su dati FRONTEX 2023

Le nazionalità maggiormente rappresentate dai migranti diretti in UE riflettono il persistere di situazioni complesse, retaggio di eventi bellici o stravolgimenti politici che nel tempo non hanno ancora trovato una soluzione. I dati Frontex relativi alle nazionalità dei migranti nel periodo gennaio-ottobre 2022 dipingono un quadro piuttosto prevedibile:

  • 🇸🇾 Siria, 82 659 attraversamenti illegali che hanno interessato prevalentemente la rotta balcanica occidentale (67 901), la rotta del Mediterraneo orientale (7 404) e quella del Mediterraneo centrale (6 678);
  • 🇦🇫 Afghanistan, 31 761 attraversamenti illegali soprattutto su rotta balcanica occidentale (21 127), Mediterraneo centrale (6 422), Mediterraneo orientale (4 099);
  • 🇹🇳 Tunisia, 23 406 attraversamenti illegali riscontrati principalmente sulla rotta del Mediterraneo centrale (16 801), seguita dalla rotta balcanica occidentale (6 597) e da quella del Mediterraneo occidentale (6).

La via italiana al freno degli sbarchi

È in particolare il boom delle partenze dalla Tunisia a preoccupare il governo italiano: il ministro degli Esteri Tajani e quello dell’Interno Piantedosi hanno annunciato un viaggio a Tunisi per il 18 gennaio al fine di potenziare la collaborazione tra i due Paesi sul controllo dei flussi migratori. Tra Italia e Tunisia, infatti, esistono già accordi in tal senso che prevedono il rimpatrio di 80 cittadini tunisini a settimana, dal governo italiano ritenuti insufficienti per affrontare il forte incremento di partenze.

La scorsa settimana il ministro Tajani si è recato ad Ankara per cercare la cooperazione con la Turchia per frenare ulteriormente le partenze dalla Libia. Ricordiamo inoltre che, nell’ottica della strategia europea di esternalizzazione delle frontiere, dal 2016 la Turchia è firmataria di un accordo con l’Unione Europea per il freno delle partenze dei migranti, che ha già fruttato ad Ankara 6 miliardi di euro di contributi europei.

L’Italia su due fronti: tra autonomia e collaborazione

Se in ambito comunitario con l’elaborazione da parte della Commissione europea dei due Piani d’azione, sia per il Mediterraneo centrale che per la rotta balcanica, si è voluta ribadire l’attenzione all’imigrazione in quanto fenomeno che va affrontato in un’ottica di cooperazione tra tutti i Paesi membri, il governo italiano sembra tuttavia maggiormente interessato a ritagliarsi uno spazio di azione autonomo.
Lo scoppio della crisi diplomatica con la Francia dello scorso novembre, il varo del nuovo decreto sicurezza con l’inasprimento delle sanzioni contro le ONG, la ricerca di accordi autonomi con i Paesi di origine sono tutti elementi che testimoniano la centralità della gestione dell’immigrazione all’interno dell’agenda politica dell’attuale governo, tanto da adottare due diverse strategie. Sempre, s’intende, sulla pelle dei migranti.

Silvia Proietti
(17 gennaio 2023)

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