Un nuovo decreto sicurezza per le ONG: le sanzioni

Decreto sicurezza e ong
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Sul fronte del mare il 2023 comincia in burrasca: nella mattinata del 2 gennaio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato un nuovo decreto sicurezza messo a punto dal Governo per regolare, e limitare, l’operato delle Organizzazioni Non Governative, ONG, impegnate nelle attività di soccorso dei migranti che attraversano il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Nella stessa data il testo è arrivato in Gazzetta Ufficiale: è il primo decreto legge dell’anno, il numero 1 del 2023.

Si tira dritto su una linea adottata fin dalle prime settimane di operatività del nuovo Esecutivo: il blocco navale, di cui ha parlato Meloni in campagna elettorale, non è attuabile ma può avere tante forme.

Si rivede anche il meccanismo sanzionatorio con multe fino a 50.000 euro per chi opera in mare.

Un nuovo decreto sicurezza per le ONG

Nell’ultimo Consiglio dei ministri dell’anno, il 28 dicembre, è stato approvato su proposta della Presidente Giorgia Meloni e del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi, un nuovo decreto legge per la gestione dei flussi migratori.

“Le disposizioni mirano a contemperare l’esigenza di assicurare l’incolumità delle persone recuperate in mare, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e nazionale in materia, con quella di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica, in conformità alle previsioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay, del 1982″, si legge nel comunicato stampa diffuso dal Governo.

La seconda esigenza in questo bilanciamento, però, sembra avere un peso più importante.

E infatti l’incolumità delle persone recuperate in mare e l’ordine e la sicurezza pubblica, per il Governo, trovano il loro punto di equilibrio in un nuovo codice di regole che le navi delle ONG impegnate in operazioni di soccorso devono rispettare.

Si interviene sulla possibilità, prevista dal secondo Decreto Salvini e poi rivisto dal DL Immigrazione approvato con Lamorgese, di adottare specifici provvedimenti, dopo aver informato il Presidente del Consiglio dei Ministri, per limitare il transito delle navi in acque territoriali per motivi di ordine e sicurezza pubblica o legati a violazione delle leggi sull’immigrazione, in queste ipotesi non rientra il soccorso in mare.

Con l’intervento sull’articolo 1 del DL n. 130 del 2020, vengono messe nero su bianco una serie di condizioni da rispettare perché il blocco non possa essere attuato: dalla conformità ad autorizzazioni o abilitazioni rilasciate dalle competenti autorità dello Stato di bandiera e ai requisiti di idoneità tecnico-nautica alla sicurezza della navigazione alla necessità di raggiungere il porto di sbarco “senza ritardo per il completamento dell’intervento di soccorso”.

La norma è scritta in maniera ampia e poco dettagliata, ma è su questo testo che prende forma un nuovo codice di condotta per le ONG.

Nasce, inoltre, un nuovo sistema sanzionatorio di natura amministrativa.

Rientrano in questo quadro fermo amministrativo della nave e confisca in caso di reiterazione della condotta e multe nel caso in cui non vengano fornite le informazioni richieste dall’autorità nazionale per la ricerca e il soccorso in mare o che non siano rispettate indicazioni impartite.

Le sanzioni previste dal nuovo decreto sicurezza per le ONG

Stando testo del nuovo Decreto Sicurezza e ONG, sono diverse le conseguenze in caso di inosservanza del provvedimento di divieto o limitazione. I comandanti, gli armatori e i proprietari delle navi che non rispettano il nuovo codice di condotta sono puniti, in solido, con sanzioni da 10.000 a 50.000 euro.

Inoltre la nave viene sottoposta a fermo amministrativo per due mesi e affidata in custodia, con i relativi oneri di spesa, all’armatore ovvero al comandante o a un altro soggetto obbligato in solido, con l’obbligo di bloccarne la navigazione. Contro il provvedimento di fermo c’è la possibilità di fare ricorso entro sessanta giorni dalla notificazione dello stesso al prefetto.

Si potenzia, con un decreto ad hoc, una consuetudine che in realtà ha già caratterizzato gli ultimi anni.

“Con fasi alterne negli anni degli ultimi due Governi che si sono succeduti, Conte bis e Draghi, le imbarcazioni impegnate nelle operazioni di soccorso in mare vengono sottoposte a scrupolose ispezioni, non riservate ad altre navi. Durano anche 15 e 16 ore e sono finalizzate a individuare deficienze tecniche che portano a blocchi amministrativi”. Evidenziava Veronica Alfonsi, presidente di OpenArms Italia, intervistata da Piuculture ai primi di ottobre.

Se la violazione del codice di condotta si ripete più volte, la nave viene confiscata.

Ma non solo, se il comandante della nave o l’armatore non forniscono le informazioni richieste dalla autorità nazionale competente per la ricerca e il soccorso in mare o non si uniformano alle indicazioni, vanno incontro a una multa da 2.000 a 10.000 euro e al fermo amministrativo della nave utilizzata.

Anche in questo caso quando le violazioni vengono reiterate, l’imbarcazione utilizzata nei soccorsi viene confiscata.

In questo panorama di regole e sanzioni, l’esigenza di assicurare l’incolumità delle persone recuperate in mare sembra essere accessoria rispetto a quella di regolare i flussi di migranti che arrivano dal Mediterraneo: in totale 104.000 persone.

Le attività di soccorso per le ONG diventano sempre più complesse e limitate. Eppure se si sposta il punto di vista dalla necessità di soccorrere chiunque sia in difficoltà nel nostro mare all’esigenza di potenziare ordine e sicurezza pubblica, la direzione intrapresa dal Governo appare in ogni caso paradossale: la percentuale di arrivi che vedono il coinvolgimento delle ONG è pari a circa il 15 per cento.

Rosy D’Elia
(3 gennaio 2023)

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