Nella conferenza stampa di venerdì 11 novembre Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, risponde ai giornalisti che “nella dinamica europea qualcosa non funziona se la prima nave europea che attracca in un porto francese con 234 migranti ha generato una reazione molto dura nei confronti dell’Italia che quest’anno ha fatto entrare nel suo territorio nazionale 90mila migranti”.
Quanti dei 90mila migranti citati da Giorgia Meloni vengono accolti in Italia?
Secondo UNHCR i rifugiati nei paesi dell’Unione Europea sono lo 0,6% della popolazione e vengono accolti prevalentemente in Germania. Nel 2021 i rifugiati in Germania erano 1.255.694, pari all’1,5% della popolazione che supera di poco gli 83milioni di abitanti.
La Germania è l’unico paese europeo nella lista dei primi dieci paesi che accolgono.
Al primo posto il Libano con 845.865 rifugiati, pari al 12,5% della popolazione che è di 6.769.000 e la Giordania con 712.823 rifugiati su poco più di 11milioni di abitanti, cioè il 6,3% della popolazione.
Nell’elenco di quale paese in Europa accolga più rifugiati rispetto alla sua popolazione, prima dell’Italia che è agli ultimi posti, si collocano, tra gli altri:
- Grecia che accoglie 1,1% di rifugiati rispetto alla sua popolazione;
- Norvegia che accoglie lo 0,9%,
- Francia che accoglie lo 0,7%,
- Spagna che accoglie lo 0,3%.
L’Italia si attesta allo 0,2% di rifugiati rispetto alla sua popolazione.
Emerge che i paesi della Unione Europea accolgono un numero di rifugiati molto contenuto e assai poco rilevante percentualmente rispetto all’ammontare della popolazione.
Secondo il Ministero dell’Interno, in Italia, le richieste di asilo esaminate in un anno, dal 1° agosto 2021 al il 31 luglio 2022, sono state 57.558 su un totale di 72.423 domande, richieste che sono state il 31,37% in più rispetto al medesimo periodo 2020-2021.
Ma i dinieghi sono stati elevati, 23.483 su 57.558 domande esaminate. Dinieghi che sono anche aumentati in percentuale passando dal 37,7% del 2020-21 al 40,8%, nello stesso periodo nel 2021-2022.
I numeri delle richieste di asilo e soprattutto delle domande accolte sono davvero esigue.
Ong: cosa sono e perché fanno tanta paura
Oltre ai numeri contenuti degli sbarchi e delle richieste di asilo che, di conseguenza, non dovrebbero preoccupare, sembra priva di senso l’ostilità del nuovo Governo nei confronti delle ONG che contribuiscono agli sbarchi solo per il 16%, secondo i dati del Ministero dell’Interno.
Cosa sono le ONG? Organizzazioni non governative “senza fini di lucro, per lo più di carattere umanitario”.
Da chi sono composte le ONG? “La maggior parte sono gestite da volontari. Sono soprattutto le piccole ONG e Onlus locali che si avvalgono di volontari per gestire le loro attività. Le grandi ONG internazionali invece, spiega UNICEF sono formate da personale retribuito poiché necessitano di competenze specifiche per portare avanti il loro lavoro in maniera efficace ed efficiente”
Come si finanziano le ONG? Sono associazioni umanitarie, generalmente indipendenti da schieramenti politici e fedi religiose, sostenute dalla società civile, i cui soci appartengono alle categorie più diverse: medici, giornalisti, cittadini attivi, ecc. Spesso sono costituite da network di associazioni che operano sul territorio in diversi paesi.
ONG: che obiettivi hanno quelle che operano in mare?
Le ONG che operano in mare seguono i dettami della Convenzione di Amburgo del 1979, nota come Convenzione Sar, search and rescue, cioè per la ricerca e il salvataggio marittimo.
Le ONG sono in mare per attuare operazioni SAR, con mezzi navali e/o aerei, con l’obiettivo di salvare persone in difficoltà (UNHCR). Alle operazioni SAR infatti non partecipano solo mezzi militari, ma ogni nave che per qualsiasi motivo si trovi nella zona segnalata. Il coordinamento spetta al Maritime rescue coordination centre, MRCC, rappresentato dal Comando generale della Guardia costiera localizzato a Roma. Le operazioni di soccorso si svolgono su aree predefinite di responsabilità SAR che non coincidono con le acque territoriali, ma sono più ampie. Terminato il salvataggio in mare, l’operazione SAR non è conclusa perché i naufraghi devono essere condotti in un “luogo sicuro” che va individuato dal MRCC.
É definito luogo sicuro quello che offra ai naufraghi:
-
-
- le garanzie fondamentali e dove la sicurezza e la vita dei naufraghi non sia in pericolo,
- la possibilità di soddisfare le necessità primarie come cibo, alloggio e cure mediche
- l’organizzazione del trasporto dei naufraghi verso una destinazione finale.
-
Emerge come evidente che secondo la Convenzione l’operazione di soccorso si considera conclusa quando tutti sono sbarcati e che di conseguenza non sia possibile fare distinzioni fra i naufraghi. Da queste considerazioni si capisce che i decreti interministeriali varati dal governo Meloni, che comportano distinzioni fra i naufraghi, siano illegittimi. E quindi non rispettarli non può avere conseguenze.
Cosa comporta per un comandante onorare la legge del mare, che impone di non lasciar morire nessuno in acqua, e che con naufraghi a bordo non rispettasse il divieto di ingresso ed entrasse nelle acque nazionali? Teoricamente nulla. Infatti a questo ha già risposto la Corte di Cassazione in occasione del caso del comandante Carola Rackete arrestata per resistenza a pubblico ufficiale poiché era entrata senza autorizzazione nel porto di Lampedusa dopo 16 giorni dal momento nel quale aveva soccorso 52 persone al largo della Libia. Un arresto non convalidato dal Giudice delle indagini preliminari perché ha ritenuto che Rackete stesse compiendo il proprio dovere e infatti la Corte di Cassazione ha condiviso gli argomenti portati dal Giudice.
Governi diversi, toni diversi, ma la sostanza non cambia molto
I migranti anche a causa di altre urgenze come la pandemia, e ben prima della guerra nel mezzo dell’Europa, erano scesi al settimo posto nella lista dei timori e dei problemi degli italiani. Il governo Draghi ha scelto la linea di tacitare l’argomento, salvo limitati spazi conquistati sui media dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.
Il 10 giugno 2022, alla chiusura del suo impegno al Ministero dell’Interno, la ministra Lamorgese riuscì a ottenere, dal Consiglio degli Affari interni della UE, un pacchetto attuativo in materia di Migrazione e Asilo che includeva un meccanismo di solidarietà per aiutare i paesi di primo ingresso e due regolamenti per il rafforzamento delle frontiere esterne. “Un avanzamento di rilevanza strategica verso una politica europea di gestione condivisa dei flussi migratori” dichiarò la Ministra.
All’adesione su base volontaria al ricollocamento per ora hanno aderito Germania con 3500 riammissioni, Francia con 3000 e Irlanda con 350. Un meccanismo dall’attuazione lenta e dai numeri di redistribuzione dei migranti contenuti: ad oggi sono state ricollocate 117 persone, 38 in Francia. Il fragile accordo, basato sulla volontà dei singoli paesi che lo hanno sottoscritto, viene giudicato negativamente dall’attuale Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, perché “i numeri sono assolutamente insufficienti”. Ma tutto si è bloccato a seguito della mancata attribuzione di un porto sicuro in Italia per la nave Ocean Viking e il conseguente sbarco a Tolone in Francia dei naufraghi raccolti. Questo ha portato a una grave crisi diplomatica tra Italia e Francia con quest’ultima che ha invitato i partner europei a disattendere, come faranno i francesi, gli accordi del giugno scorso sui ricollocamenti e di isolare l’Italia che rifiutando l’attracco all’Ocean Viking ha avuto un comportamento disumano.
L’Europa reagisce convocando un vertice straordinario dei ministri dell’Interno a fine mese mentre il gruppo di paesi Med 5, che include l’Italia, dà solidarietà al governo Meloni rispetto al comportamento delle ONG e sul cattivo funzionamento del ricollocamento dei migranti, ma la Spagna si sfila.
Cosa ha imparato l’Europa dal caso Ocean Viking
L’Europa che negli ultimi mesi, in seguito alla guerra in Ucraina, aveva dimostrato una certa coesione, torna a mostrarsi fragile su un tema, quello dei migranti, sovradimensionato e rispetto al quale non riesce a costruire una politica comune affinchè le forze giovani che bussano alle porte della vecchia Europa riescano a trovare una giusta accoglienza.
E il caso della Ocean Viking dimostra ancora una volta che le ONG non fanno altro che onorare la legge del mare occupando lo spazio che istituzioni e politica hanno lasciato libero e cercano di evitare che il Mediterraneo diventi un inevitabile cimitero per chi vuole entrare in Europa.
Queste ONG, che non abbandonano il compito di soccorrere i naufraghi nel Mediterraneo, restano un baluardo sicuro, pur se limitato, contro le violazioni dei diritti che si compiono sulle rive e nelle acque del Mediterraneo. Va garantito a chi fugge dal propro paese che il diritto alla speranza, a una vita lontana da violenze, guerre e dittature, il diritto a una vita normale, a una meta dove spostarsi liberamente sia la regola, non un’opzione rischiosa.
Visti i numeri sarebbe molto più facile e meno dispendioso per tutti, governi, migranti, ONG, avere vie d’ingresso legali affinché la libertà di movimento non sia un privilegio, ma un diritto condiviso.
Nicoletta del Pesco
(11 novembre 2022)
Leggi anche:
La Sea Watch e il pensiero politico che ci manca
Cos’è l’Operazione Sophia citata da Meloni sul blocco navale
Ong, “la grande bugia delle navi taxi”