Gli arrivi di centinaia di naufraghi scampati alla morte al largo delle coste siciliane non sono certo un fenomeno nuovo, ma il Governo italiano lo ha fatto diventare un’emergenza, un’occasione per saldare il consenso attorno alla politica del pugno duro verso i cosiddetti “clandestini” e questo ha innescato il braccio di ferro con l’Europa.
La tragedia da una parte e la farsa dall’altra: l’incapacità di affrontare seriamente i problemi, che degenera nella furbizia, pregiudicando tra l’altro le relazioni tra Paesi europei, e di contro la tragedia che, in conseguenza di ciò, si protrae e si aggrava nel tempo. E qui c’è un elemento di novità.
Il comportamento del Governo italiano sta rafforzando le posizioni più retrive presenti in Europa in materia di immigrazione. Mai come in questo momento è necessario ricordare i principi fondativi dell’Unione Europea (Maastricht 1993) che ne hanno fatto la “patria” dei Diritti. In particolare la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU, 1950) e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, giuridicamente vincolante col Trattato di Lisbona 2009.
Nei testi si legge: Dignità, diritto alla vita, alla libertà e sicurezza; divieto di schiavitù, lavoro forzato; libertà di circolazione e divieto di espulsione; diritti e divieti nell’espulsione degli stranieri; libertà di pensiero, religione; ecc.. Sono alcuni dei principi della democrazia, che poggiano su un sentimento umano, la reciprocità, che è alla base della convivenza. È la capacità di immaginare ciò che l’altro sente e pensa, è il riconoscimento nell’altro dei tuoi stessi bisogni e delle tue aspirazioni che ci autorizza a sentirci parte dell’umanità; la quale, a sua volta, condivide con tutti gli esseri viventi, compresi animali e piante, la vita su questo pianeta.
Le posizioni del Governo italiano in questa vicenda rafforzano la tendenza nella società alla malvagità e all’egoismo. La perdita di speranza nel futuro, l’insicurezza del presente e la paura sono tutte reazioni naturali e legittime, che però si trasformano in chiusura e diffidenza se non vengono supportate da un’etica personale e collettiva. E il venir meno di valori condivisi, di un’etica collettiva, appunto, rende la politica incapace di saggezza e lungimiranza; di fronte alle tante inquietudini del presente è più facile ripiegare sull’identità nazionale, alimentare razzismi che si spacciano per garanti delle radici, risvegliare un suprematismo dormiente, eredità dell’epoca coloniale.
Eppure la prospettiva in cui i governanti dovrebbero mettersi per affrontare seriamente i problemi c’è, è indicata dal papa e non solo.
Edgar Morin nel suo recente pamphlet Svegliamoci! (Mimesis 2022) indica tale prospettiva: regolare i flussi migratori ed eliminare il traffico di migranti; lasciare aperte le frontiere con accordi intereuropei con i Paesi africani e investimenti; soccorrere chi ha bisogno, accompagnarlo, integrarlo e sostituire i campi con città accoglienti. “Si tratta di opporre una politica umanista alla disumanità tranquilla, implicita e a tratti forsennata”.
Ma questo richiede un grande cambiamento culturale il cui punto di partenza è la consapevolezza che i miti della potenza dell’uomo: progresso scientifico e tecnologico senza limiti, sviluppo economico e produzione di beni fine a sé stessa, hanno mostrato il loro volto irrazionale sfociando nell’opposto: l’impotenza umana a controllare la propria forza. “Il progresso conduce alla distruzione dell’antropocene!”
Luciana Scarcia
11 novembre 2022
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