IGNAVIA – Quei corpi dei migranti e la “società dell’anestesia”

Il numero delle persone morte o disperse nel Mediterraneo nel 2022 sono già 1200 – secondo le stime dell’agenzia Onu – ed è destinato ad aumentare.

Migranti in porto, di sfondo la nave della guardia costiera
Migranti in porto, di sfondo la nave della guardia costiera

Che società stiamo diventando se nulla riusciamo a fare per evitare che nostri simili muoiano in mare per mancanza di soccorso, che una madre veda la sua bambina morire di sete tra le sue braccia, che i superstiti portino i segni di torture, che mercantili vedano i naufraghi senza però avvicinarsi per salvarli, e ci pensi qualcun altro!
Le Guardie costiere ricevono ordini e applicano disposizioni, ma sono fatte da persone; da persone sono fatti i Ministeri preposti e i governi nazionali; persone sono quelle che rappresentano le istituzioni europee, dalle quali dipende salvare la vita di altre persone, diverse e disperate perché possono confidare solo nel senso di umanità degli altri. L’Europa è la culla dei diritti, il Diritto Internazionale obbliga a non lasciar morire in mare chi chiede aiuto; ma poi ci sono gli accordi ipocriti, i Memorandum e soprattutto l’ignavia.
Dante mette gli ignavi nell’Antinferno, indegni persino di essere puniti con le pene dell’Inferno perché non hanno agito quando potevano farlo. Ecco, non si può più rimandare: subito serve ripristinare un sistema per la ricerca e il soccorso in mare, come reclama l’UNHCR, e ampliare i canali sicuri e regolari per l’ingresso in Europa di chi fugge da guerre e persecuzioni, ma anche affrontare seriamente la questione dei migranti economici.
Eppure l’Europa ha dimostrato capacità di unione e tempestività nel predisporre gli strumenti anche normativi per accogliere i profughi ucraini. Ma, ahinoi, solo loro, gli altri non meritano solidarietà. O forse si è trattato di senso di appartenenza, di riconoscimento di simili; i neri restino lontani!
Sul soccorso in mare si gioca una partita ben più ampia: non solo qual è l’identità europea in cui vogliamo riconoscerci, ma anche che tipo di società e di esseri umani vogliamo essere.
Viviamo nella società dell’anestesia – scrive Paolo Zani in Il corpo e lo spettro (Donzelli 2022) –, la modernità persegue la felicità come assenza di dolore; lo si rimuove e con esso il corpo come presenza fisica e spirituale, che diventa così uno spettro, un simulacro. La vita reale è anche dolore e allora più rassicurante è il mondo parallelo del metaverso, dove si creano relazioni solo digitali e le emozioni che vogliamo.
Il libro è un’analisi credibile della modernità, ma pensando a quei corpi lasciati morire in mare o abbandonati nel degrado lungo le frontiere, e all’ignavia dei responsabili politici, sembra anche una minacciosa profezia di una disumanizzazione crescente.

Luciana Scarcia
(16 settembre 2022)

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