La splendida cornice della Curia Iulia al Foro Romano ha ospitato, sabato 18 gennaio, un’importante conferenza di Lucio Caracciolo, direttore di Limes e politologo, interamente dedicata alla geopolitica del Mediterraneo, inserita nel ciclo di eventi correlati alla mostra Carthago il mito immortale, allestita al Colosseo e al Foro Romano fino al 29 marzo.
È proprio il richiamo a Cartagine e allo splendore del lontano passato e della sua distruzione ad opera di Roma che consente di tracciare una storia del Mediterraneo come uno spazio di relazioni di forza, più che pacifiche. In un passato meno lontano gli arabi chiamarono questo mare al-Baḥr al-Rūmī, “il mare dei romani”: la storia del Mediterraneo è la storia delle potenze che sono riuscite a dominarlo.
Geopolitica del Mediterraneo: il ruolo dell’Italia
Storicamente il Mediterraneo ricopre una posizione strategica fondamentale, posto com’è all’incontro del continente eurasiatico con quello africano. Ha visto sorgere e tramontare sulle sue coste imperi sempre più grandi e potenti che hanno nutrito l’ambizione di dominarlo. C’è riuscita Roma nell’antichità, ci sono riusciti gli Usa a partire dalla II Guerra Mondiale. Non è un caso se ancora oggi gli Stati Uniti decidono strategicamente di non revocare lo stanziamento della VI flotta della US Navy, la Marina statunitense, a Napoli.
La posizione strategica dell’Italia, che ne fa un ponte tra l’Europa continentale e i paesi africani che si affacciano sul mare di mezzo, ha avuto ripercussioni storiche importanti per il nostro paese: chi controlla l’Italia controlla il Mediterraneo, ci ha insegnato la storia di Roma.
Lo storico Febvre, in un celebre corso alla Sorbona tenuto tra il 1944 e i 1945 definì le terre che affacciano sul Mediterraneo come “margini solidificati di un universo liquido”. Ma questo carattere mediterraneo, sottolinea Caracciolo, non si è mai radicato fino in fondo nel sentimento degli italiani tanto quanto nella loro fisicità: l’Italia pare aver rinunciato da tempo all’ambizione di poter contare qualcosa nel Mediterraneo, di inserirsi nella rete di relazioni che questa scelta implica, essendo sempre più proiettata verso il Nord, più continentale nelle aspirazioni di quanto non lo sia per natura. Questa scelta di delegare ad altri il controllo del mare ha fatto sì che gli spazi vuoti del Mediterraneo attirassero dapprima i disegni strategici degli Usa e poi di Russia e Cina.
L’importanza degli stretti
Il controllo del mare si realizza attraverso il controllo dei cosiddetti “punti di soffocamento”, più banalmente stretti. Chi controlla gli stretti controlla il flusso di merci ottenendo un risvolto economico notevole, se si tiene conto che ad oggi il 90% delle merci transita via mare. Cina e Russia hanno da tempo stipulato accordi commerciali con l’Egitto che consentono di costruire complessi commerciali e industriali nei pressi del canale di Suez. La Cina, inoltre, che già da anni porta avanti una strategia di investimenti in Africa, ha di recente allestito una base militare nel piccolo e apparentemente ininfluente Gibuti, paese africano strategicamente collocato nel passaggio marittimo dall’Oceano indiano al Mediterraneo, seguendo a ruota altre potenze occidentali come Francia, Usa e Italia. Per la Cina lo stanziamento a Gibuti rappresenta una tappa centrale nell’attuazione del piano strategico-commerciale della Via della Seta, cui l’Italia stessa ha aderito destando il risentimento degli Usa. Un’operazione volta ad allargare il mercato cinese, in perenne regime di sovrapproduzione, fin nel bacino del mediterraneo.
Mediterraneo: potenze straniere e conflitti
L’instabilità politica di molti stati del Medioriente e degli stati costieri dell’Africa settentrionale ha consentito alle grandi potenze estere di immettersi nel bacino del Mediterraneo. Ne è un esempio evidente il caso della Siria, fin dal periodo postbellico considerata dai sovietici il loro naturale sbocco nel Mediterraneo, che in questi ultimi anni ha visto il deciso e muscolare intervento della Russia all’interno di un conflitto nato come guerra civile. Anche il conflitto in Yemen, che pur si configura a sua volta come una guerra civile, ha risvolti geopolitici notevoli in quanto in ballo, oltre che il governo del paese, si trova anche il controllo delle vie di comunicazione tra Asia ed Europa.
Il caso forse più emblematico, tuttavia, è quello del conflitto libico, che ha visto l’intervento di forze esterne quali la Russia e la Turchia a sostegno di uno o l’altro dei due contendenti in lotta per il controllo di quella che ormai soltanto convenzionalmente continuiamo a chiamare Libia. Al di là dei proclami, i piani strategici di Russia e Turchia sono chiari: la prima è interessata ad assicurarsi un punto di appoggio proprio al centro del Mediterraneo, mentre la seconda, sotto l’impronta del leader Erdoğan, pare di nuovo in preda ai disegni espansionistici ottomani. L’Italia e l’Europa stanno a guardare.
Silvia Proietti
(22 gennaio 2020)
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