Nadiya Kalapun e Zakaria Mohamed Ali sono Team Leader nel Progetto Volontari nelle Comunità rispettivamente a Bologna e a Roma, si è parlato della loro esperienza, a partire dall’essere stati rifugiati, la mattina di martedì 30 maggio nell’Aula Volpi dell’Università Roma Tre nell’ambito dell’incontro Comunità di rifugiati in Italia: chi sono e come raggiungerle, organizzato da Idos, Intersos e UNHCR. Focus dell’indagine le strutture comunitarie e le modalità di sensibilizzazione.
Il convegno è stata l’occasione per presentare la ricerca, ancora in corso, nella quale sono stati coinvolti rifugiati, richiedenti asilo e apolidi delle comunità di tre città del Nord Italia: Torino, Milano e Bologna; due del centro: Roma e Teramo e provincia; due del Sud: Napoli e Palermo.
E se “i migranti nel mondo sono 300milioni significa che una persona ogni trenta è un migrante” ricorda Luca Di Sciullo, presidente Centro IDOS, “Ci sono migranti economici che si muovono per migliorare le loro condizioni di vita e migranti forzati che fuggono per salvare la propria vita. Il 2011 è stato l’anno che ha modificato il quadro migratorio: è scoppiata la guerra in Siria ed è stato ucciso Gheddafi in Libia. Nel paese africano il potere è passato a diversi clan che si finanziano con il contrabbando del petrolio e il traffico dei migranti” continua Di Sciullo. “Questi eventi hanno portato a una forte pressione migratoria sulle frontiere occidentali e di conseguenza la gestione dei migranti forzati in Europa è diventata critica”
I rifugiati in Italia
Marta d’Agosto di UNHCR approfondisce i dati per contestualizzare la ricerca “In Italia sono 120mila i rifugiati che beneficiano della protezione internazionle o sussidiaria e ci sono 60 mila richiedenti asilo. I paesi di origine vedono in testa la Nigeria, seguono i cittadini del Pakistan e quelli del Gambia. I numeri sono lievitati con l’arrivo dei profughi dall’Ucraina in seguito allo scoppio della guerra”.
In Italia i cittadini stranieri complessivamente superano i 5milioni: la ricerca portata avanti da Intersos e UNHCR si chiede chi siano le persone che fanno parte delle diverse Comunità e dove si localizzino. L’obiettivo è capire se e come siano strutturate le Comunità e quali canali di comunicazione utilizzino. Per questo si è scelto di coinvolgere volontari con diverse origini, è parsa la forma più rispettosa, affinchè siano gli stessi migranti, attraverso le consulte, a far sentire le loro voci.
Cosa vuol dire essere Comunità?
Cosimo Verrusio di Intersos si addentra nell’analisi di cosa sia essere comunità specificando come “possa essere di due tipi: identitaria, per nazionalità, religione, ma anche si diventa comunità per un interesse, un’esperienza condivisa che ha creato coesione, come ad esempio il viaggio. Ogni Comunità ha un leader che va dal capo religioso che tiene uniti i valori della Comunità, a quello culturale, a quello occasionale che ha una maggiore valenza politica, agli anziani”. Fondamentale capire anche che strumenti utilizzi la Comunità per comunicare: in testa ci sono passaparola e social che fungono da ponte con modalità diverse a seconda delle necessità, a seconda che siano emergenziali, informative, ecc.
Creare collegamento tra Comunità e chi è nato in Italia
Chiara Marchetti di CIAC di Parma, onlus che sperimenta “pratiche innovative nell’ambito dell’accoglienza”, si interroga su cosa abbiano in comune rifugiati provenienti da parti diverse del mondo, la molteplicità delle dimensioni dell’identità non significa che non si parli più di rifugiati. Importante prosegue Marchetti “allargare le categorie andando oltre i rifugiati, considerare le persone con le loro molteplici identità; ma fondamentale è anche creare un collegamento sui territori con chi è nato e cresciuto in Italia”.
Garantire alle Comunità l’esercizio dei diritti
Marco Catarci prorettore dell’Università Roma Tre che ospita l’incontro fa presente che “L’inserimento dei nuovi arrivati porta a riflettere sulla nostra società, sulla qualità della democrazia”. Dopo vent’anni nei quali sono state sperimentate pratiche diverse di accoglienza è importante evidenziare “quali siano gli obiettivi da raggiungere,” continua Catarci “innanzi tutto l’autonomia dei soggetti, lavorare nei territori per costruire l’integrazione e soprattutto accompagnare i nuovi arrivati a esercitare i propri diritti e qui l’educazione gioca un ruolo fondamentale, dimensione peculiare per l’integrazione è l’educazione per tutti anche per gli italiani”.
Nicoletta del Pesco
(1giugno 2023)
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