Ottenere la cittadinanza italiana per un rifugiato politico non è facile, soprattutto per chi vive a Roma perché la burocrazia procede molto lentamente, rispetto alle altre città. “Lo straniero di origine somala”, questo sono stato fino ad oggi, finché un pezzo di carta non ha conferito a quello straniero “la cittadinanza italiana”. Non è solo una questione di forma, prima di tutto è una questione di diritti. In 34 anni non ho mai potuto votare, non avendo la cittadinanza e ora per la prima volta nella mia vita parteciperò a delle elezioni: le prossime amministrative di Roma.
Negli ultimi 12 anni e mezzo ho partecipato alla vita di questo Paese, al dibattito politico e civile. Ho pagato contributi, fatto volontariato, riso, pianto, sperato per questa città. Eppure non ho mai avuto voce in capitolo. Da oggi sì, sulla carta.
Primo passo: avere un documento
Torno indietro nel tempo, in un momento in cui ero un ragazzo giovane e pieno di sogni, sono ancora un ragazzo che non ha mai smesso di sognare, ma non sono più giovane. Sognare mi fa sentire vivo e forte.
Quando sono arrivato in Italia nel 2008 sognavo di avere un documento, volevo imparare la lingua italiana, trovare un lavoro e vedere la mia famiglia e i miei fratellini vivere in un luogo di pace. Grazie al mio impegno verso la mia famiglia e al riconoscimento della protezione internazionale sono riuscito a realizzare i miei sogni. E di progetti ancora ne ho tanti, per me e per il Paese che oggi, sulla carta, mi concede di essere un suo cittadino.
Come è nato il desiderio di essere cittadino italiano
Dopo aver compiuto i 5 anni di residenza necessari per l’avvio della richiesta di cittadinanza italiana avendo la fortuna, si fa per dire, di essere riconosciuto rifugiato politico, ho pensato di preparare le carte, ma la voglia di farlo non era ancora matura e nel 2014 ho deciso di rinnovare il mio permesso di soggiorno. Mi sentivo troppo straniero per poter chiedere di diventare cittadino.
Tra luglio e agosto del 2014, ho dovuto di nuovo presentarmi per rinnovare il mio permesso di soggiorno e il titolo di viaggio. Come al solito e come per tutti è stata una lunga e interminabile attesa. Dopo 5 mesi e diverse e-mail dove spiegavo che ne avevo urgente bisogno per andare all’estero per lavoro, mi hanno rimandato indietro tre volte. In quella stanza della Questura di Roma dove c’erano tantissime persone, donne e uomini, ammassati uno sopra all’altro, ho pregato Dio di non dover tornare più.
Quella volta per sbloccare la mia situazione portai con me Valentina, mia compagna di vita, all’epoca assistente sociale del centro dove lavoravo come operatore sociale. Valentina ha spiegato che “Zakaria Mohamed Ali” doveva partire e aveva bisogno del documento, è riuscita a farmelo avere quello stesso giorno, le sue parole evidentemente pesavano più delle mie.
Da oggi no, sulla carta
Da oggi ho voce in capitolo, sulla carta, posso votare o dire no a chi non può rappresentarmi.
Pian piano ho capito che quella carta che attestava la cittadinanza mi serviva davvero tanto, che il percorso da straniero a cittadino non resta nei confini della burocrazia, ma diventa realmente stato di diritto.
Nel febbraio del 2017 ho compilato il modulo direttamente dal sito della Prefettura e finalmente ho inoltrato la richiesta di Cittadinanza Italiana, sperando di ottenerla entro febbraio 2019, prima della scadenza del mio permesso di soggiorno.
Il 22 marzo del 2017 sono stato invitato presso la Prefettura di Roma a esaminare la documentazione necessaria per l’avvio della procedura, il giorno dopo ho inviato per via telematica altri documenti che mancavano. Finalmente, terminato tutto l’iter, ero convinto di potercela fare “al massimo in due anni”, come prevedeva la legge.
Ma il 3 dicembre 2018, a due mesi dalla scadenza di quei 2 anni, è entrato in vigore il pacchetto (in)sicurezza introdotto dal Ministro dell’Interno Salvini, che ha portato l’attesa a 4 anni. Il che significa che una persona, dopo aver maturato i requisiti necessari e dopo essere stato in Italia da 10, 20, 30 anni, ha visto raddoppiarsi i tempi di attesa. La mia richiesta è subito stata rimandata indietro alla fase 1/2.
Infatti la pratica per ottenere la cittadinanza italiana richiede 7 fasi. La fase iniziale si esplica tra la fase uno e due, per questo sul sito della Prefettura c’è scritto fase 1/2, poi c’è la terza e così a seguire fino alla settima fase. In conclusione compare “pratica definita: arriverà una comunicazione dalla Prefettura/Consolato”.
Sul portale improvvisamente è comparsa la dicitura “sono in corso verifiche istruttorie sugli elementi acquisiti relativi a chiarimenti”. Perché una pratica che può andare avanti regolarmente, che è stata già presa in esame, che non mostra degli intoppi, deve essere bloccata? Che senso ha sospendere la vita delle persone senza giustificato motivo? I requisiti erano gli stessi e ormai erano stati verificati, la procedura la stessa ma magicamente l’attesa passava da 2 a 4 anni.
Non c’era spazio per me nel mondo dei diritti.
Da oggi sì, sulla carta
Ancora una volta ho dovuto fare ritorno alla Questura di Roma per presentare nuovamente la richiesta del rinnovo del mio permesso di soggiorno. Però a quel punto ho deciso di chiedere la Carta di soggiorno per lungo soggiornanti, perché ho immediatamente compreso che con Salvini come Ministro dell’Interno non avevo molte altre speranze.
Ma anche quella conversione non è stata una passeggiata e nonostante avessi inviato la pratica mesi prima, è dovuta intervenire l’amica e avvocato Barbara Boni per permettermi di ottenere il permesso, a ridosso della partenza per l’Austria, dove dovevo girare un film.
Viaggiare continuava ad essere un problema.
Ho fatto la domanda online per la cittadinanza nel febbraio del 2017 ma la mia pratica ha iniziato il suo percorso il 23 marzo 2017, quando la Prefettura ha esaminato tutta la documentazione.
La comunicazione ufficiale per la concessione della cittadinanza è arrivata il 21 gennaio 2021 e sono in attesa per il giuramento.
Questa è solo una parte del percorso della mia memoria indietro nel tempo per riportare a una minuscola porzione di una fetta di vita e quanto questa possa essere difficile per un piccolo “straniero di origine somala”.
Sogno che tutti saremo cittadini del mondo
Oggi sento di dover ringraziare dal profondo del cuore tutti gli uffici coinvolti nell’iter, dalla Questura di Roma, alla Guardia di Finanza alla Prefettura. Soprattutto l’Ufficio della Cittadinanza, che sempre rispondeva alle mie richieste, anche se magari in maniera nervosa. So perfettamente che dietro ad ogni scrivania c’è una persona che compie solo il suo dovere e che i problemi che ho riscontrato fanno parte di un sistema che sta al di sopra e che decide il bello e il cattivo tempo per tutti noi.
Ringrazio tutti:
se da oggi sono stato trasformato da “straniero” in cittadino,
se da oggi posso esercitare quel meraviglioso diritto democratico che è il voto,
se da oggi le mie parole pesano quanto quelle della mia compagna,
se da oggi c’è uno spazietto per me nel mondo dei diritti,
se da oggi posso camminare per il mondo a testa alta e non nascondermi su un barcone per muovermi liberamente.
Ringrazio tutti. E so che il colore della mia pelle non si cancellerà. So che i pregiudizi rimarranno. So che dovrò sforzarmi sempre il doppio degli altri per dimostrare la metà. So che c’è tanta gente che ancora aspetta, spera, sogna, magari anche essendo nata in questo Paese.
So che non è giusto che un pezzo di carta definisca un uomo e sogno un giorno in cui tutti saremo cittadini del mondo.
Al momento lascio che quello che fino ad oggi è stato il mio presente si sposti lentamente verso il passato e che giunga a me quel futuro tanto atteso, in cui per sempre ricorderò il prezzo pagato e cercherò di condividerlo perché altri ne possano avere beneficio.
Zakaria Mohamed Alì
(26 gennaio 2021)
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