Mutilazioni genitali femminili: serve più informazione

Awa Diallo, che oggi  ha settant’anni e vive in Senegal, racconta cosa l’ha portata a passare da tagliatrice, un ruolo tramandato nella sua famiglia da generazioni a attivista contro le mutilazioni genitali femminili.
“Sono una tagliatrice esperta. I miei nonni erano tagliatori e hanno formato mia madre, che ha formato me”. Molto ricercati, i tagliatori venivano chiamati nei villaggi vicini per tagliare bambine e ragazze e vivevano di questa attività. La pratica della mutilazione genitale femminile, MGF, che prepara al matrimonio, generalmente viene attuata entro i 15 anni.
La MGF, o taglio, è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani. Oltre 200 milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali, quasi 4,4 milioni di ragazze, cioè più di 12.000 al giorno, secondo i dati UNFPA, nel 2024 sono a rischio di subire mutilazioni genitali femminili.
Tornando a Awa, un giorno viene invitata a una formazione sulle MGF a Sédhiou quasi alle sorgenti del fiume Casamance. “Quel giorno ci è stata data l’opportunità di condividere le nostre esperienze”. Le persone che avevano organizzato l’incontro hanno parlato con Awa e con le altre tagliatrici, “per discutere le argomentazioni sanitarie e legali contro le MGF. Tra queste le scarse garanzie igieniche al momento del taglio e l’impossibilità, in caso di emergenza, di ricorrere a servizi medici adeguati.  Proprio ad  Awa era capitato che una ragazza che aveva tagliato perdesse molto sangue e l’eventualità che potesse morire l’aveva turbata moltissimo.
Awa, a quell’incontro di formazione, è rimasta colpita dalle informazioni ricevute sui pericoli che il taglio rappresenta per le donne e le ragazze soprattutto durante il parto e il post parto. “Dopo diverse attività di sensibilizzazione e comunicazione, abbiamo capito che dovevamo porre fine a questa pratica”, racconta Awa. È stato un grande passo non solo per lei, perché il suo cambiamento, ha coinvolto l’intera comunità che ha rinunciato alla pratica essendo Awa molto rispettata e vista come una voce influente nel villaggio.

Mutilazioni genitali femminili: giornata di studio

La mutilazione genitale femminile, o taglio, è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani. Non ha benefici medici e causa solo danni. È più comune tra le ragazze e le donne povere con scarsa scolarizzazione. Viene attuata, principalmente nei paesi africani, per garantire che le ragazze siano socialmente accettate e sposabili e per sostenere il loro status e il loro onore e quello dell’intera famiglia. Non ci si preoccupa dell’impatto sul benessere fisico e mentale delle sopravvissute che è devastante e si protrae per tutta la vita.
Amref in collaborazione con la Rete di prevenzione e Contrasto alle Mutilazioni Genitali Femminili ha organizzato in Campidoglio in occasione della Giornata Mondiale della “Tolleranza Zero” contro le Mutilazioni Genitali Femminili, in Italia ci sono oltre 87.000 donne escisse, il prossimo 6 Febbraio  un Workshop interregionale di formazione e scambio, alla presenza di Istituzioni, enti e stakeholders locali e nazionali.
L’appuntamento è nella Sala della Protomoteca Comune di Roma dalle 9.00 alle 17.00
L’intento è promuovere l’impegno della Rete romana di prevenzione e contrasto delle Mutilazioni Genitali Femminili verso le minori straniere.

Mutilazioni genitali femminili: le operatrici sanitarie

Rosine Dindia Camara, ostetrica presso un centro sanitario di Kolda, nel sud del Senegal, una delle regioni con il più alto tasso di mutilazioni e tagli genitali femminili conferma che “Le donne che vengono (al centro sanitario) incontrano problemi legati alla MGF, soprattutto durante il parto”. in effetti per l’OMS le donne che si sottopongono a MGF rischiano di avere complicazioni durante il parto e sono più esposte al rischio di infezioni dopo. Malgrado si tratti di una norma socio-comportamentale dannosa che aumenta il rischio di effetti negativi sulla salute e sul benessere delle ragazze e delle donne, spesso è difficile parlarne, anche per gli operatori sanitari come Rosine. In realtà le infermiere e le ostetriche possono svolgere un ruolo fondamentale in grado di incidere sul comportamento delle loro pazienti nei confronti della FGM.
In Senegal oltre l’80% delle donne è stata sottoposta a tagli entro i 5 anni di età. Se la tendenza non varia, nel 2030 almeno una bambina su 5 sarà ancora sottoposta a MGF.
La MGF è radicata nelle norme culturali, viene considerata una tradizione tramandata di generzazione in generazione da qui deriva la difficoltà delle donne a rinunciare a questa pratica. In Senegal è una pratica illegale, quindi la maggior parte delle MGF avvengono in segreto ed sono difficili da individuare.

Mutilazione genitale femminile: le facilitatrici

Esperienza simile ad Awa ha vissuto  Ana Sabaly, 70 anni, oggi nonna, cresciuta nelle zone rurali del sud del Senegal, in anni nei quali le mutilazioni genitali femminili erano radicate nella sua comunità e colpivano  prevalentemente le bambine prima dei cinque anni.
Purtroppo la comunità Mandinka, alla quale Ana appartiene, è fra quelle con maggior incidenza di MGF nel Paese. In Senegal i motivi che portano a questa scelta variano: dalla necessità di questa pratica in vista del matrimonio, all’accettazione nella società, ma soprattutto per identità culturale. Ana oggi fa un grosso lavoro con le altre tagliatrici. “Ho smesso di tagliare perché ho partecipato a molti seminari in cui ci sono stati mostrati dei film; ciò che abbiamo visto ci ha reso consapevoli, ci ha cambiate” spiega Ana.  “Chiediamo ancora perdono alle ragazze che si sono tagliate in precedenza” il modo migliore per farlo è essere diventata facilitatrice “per sensibilizzare altre tagliatrici”, per convincerle a smettere, così da fermare altri danni su bambine e ragazze per una pratica che viola i diritti delle bambine e delle giovani donne. Il successo di donne come Ana nel far desistere dalle MGF si basa anche sul rispetto che le è dovuto come donna anziana e per la saggezza e l’esperienza che le è riconosciuta, per essere portatrice di un dialogo tra generazioni e tra i sessi.

Mountaga Diao, Imam: gli africani non parlano di sesso

“Parli da solo di circoncisione femminile, è la tua mamma non è stata tagliata?”. Come Imam mi sono sentito insultato e ho risposto “È stata tagliata, qual è il problema? Questo non mi dà il diritto di lottare contro la mutilazione? Gli africani in generale non parlano di sesso, non fa parte della loro civiltà” spiega l’Imam, non fa parte del loro stile di vita. “E anche l’Islam non parla molto di sesso, se non parliamo di giurisprudenza”.
Per questo l’Imam si rivolge ad Amref Africa affinchè aumenti “gli incontri. Soprattutto incontri tra comunità, tra abitanti dei villaggi o tra pendolari transfrontalieri con la Guinea-Bissau e il Gambia. Abbiamo iniziato con attività di informazione” conclude Mountaga Diao,  “C’è una perfetta collaborazione tra gli operatori sanitari, i sostenitori e gli Imam.”

Sona Diatta e Ndeye Fatou (foto Amref Health Africa/Jacques Manga)

Mutilazioni genitali femminili: alleanza tra generazioni

Sona Diatta è una delle grands-mères, delle nonne, molto rispettate nella comunità senegalese, sopravvissuta alla MGF. In seguito alla partecipazione alle attività di formazione e sensibilizzazione ha iniziato la battaglia contro le mutilazioni a partire dalla sua famiglia e ha coinvolto sua nipote Ndeye Fatou, insieme hanno iniziato la lotta contro questa pratica all’interno della comunità. Nonna e nipote unite da una causa comune, dopo aver convinto la famiglia hanno esteso la loro attività di sensibilizzazione al loro villaggio e a quelli vicini
Per molte ragazze la FGM è preceduta da atti di inganno e pressione da parte di genitori, parenti e conoscenti fidati, è paura, sottomissione, inibizione dei sentimenti. L’evento diventa un punto fondamentale nella loro crescita mentale. “Uno studio senegalese ha scoperto che problemi di memoria, malattie mentali e segni di PTSD erano molto più comuni nelle donne tagliate che in quelle non tagliate”.
Nonna Sona racconta che sua nipote non è stata tagliata perché il mondo è cambiato e deve cambiare. Ma attribuisce il merito anche alle “numerose attività di sensibilizzazione che si stanno svolgendo nella zona”, che informano sui pericoli della MGF che comporta danni fisici e psichici che segnano le bambine a vita.
Ndeye sottolinea gli aspetti positivi dell’essere giovani in Senegal oggi: l’opportunità di andare a scuola ha permesso di avere conoscenze e una visione del mondo diversa. Questo ha fatto sì che le giovani abbiano la possibilità di decidere e di ispirare le loro famiglie. Le giovani di oggi sono le madri di domani.

Apri qui per il Programma della giornata organizzata in occasione della Giornata Mondiale della “Tolleranza Zero” contro le Mutilazioni Genitali Femminili che si svolgerà il 6 febbraio nella Sala Protomoteca del Campidoglio a  Roma dalle 9.00 alle 17.00

                                                                                               Paola Galloni
(5 febbraio 2024)

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