Sta per iniziare la terza edizione della Settimana della Cultura Somala, organizzata, dal 28 al 30 giugno, dall’ Associazione Somaliyey Toosa insieme al Museo delle Civiltà, nel quartiere Eur, e con la collaborazione di Archivio Memorie Migranti.
La settimana della cultura somala: la manifestazione
La manifestazione, che ha anche lo scopo di ricordare l’anniversario dell’Indipendenza della Somalia avvenuta il 1° luglio 1960, al contrario delle edizioni precedenti che si erano svolte all’aperto- la prima, nell’anno 2022, presso il parco della tenuta della Mistica e la seconda dal 1 a l 3 luglio 2023, all’interno di Villa Borghese, si terrà nel Museo delle Civiltà, sede museale che cura, da sempre, la valorizzazione di patrimoni e testimonianze delle diverse identità culturali e intende, con questi incontri, iniziare un lavoro di ricerca sulle collezioni che ospita, coinvolgendo le comunità di riferimento. Il programma prevede tre giorni di iniziative culturali per diffondere e valorizzare la cultura somala in Italia. Incontri con ricercatori e ricercatrici, scrittrici e scrittori, attiviste e attivisti per parlare di Somalia, della sua diaspora e delle sue tradizioni culturali, tramite presentazioni di libri, visite alle collezioni, narrazioni, danze, sfilate e buraanbur- componimenti poetici femminili, associati alla danza.
La settimana della cultura somala: parla Zakaria Mohamed Alì
Zakaria Mohamed Alì, videomaker e giornalista di origine somala, ideatore e promotore di questo progetto, fin dalla prima edizione, collaboratore dell’associazione Somaliyey Toosa e di Archivio Memorie Migranti.
Zakaria come sono andate le passate edizioni della settimana della cultura somala? Questa terza edizione si differenzia dalle altre? Quali sono le aspettative di voi organizzatori?
“Le prime due edizioni sono state un modo per sperimentare, non avevamo le idee chiare, la comunità somala si interrogava per capire se questa manifestazione poteva divenire un evento annuale. Prima i Somali si incontravano solo nei momenti del disagio, quando si verificavano eventi estremi, come un’alluvione oppure una bomba che provocava vittime, per fare raccolte di fondi. Abbiamo allora pensato con l’ Associazione – Somaliyey Toosa di creare questo evento, sia per i somali come momento per ritrovarsi che per i non somali, per far conoscere il passato e le tradizioni della Somalia, ma anche le problematiche attuali. Il primo anno la manifestazione è durata tutta la settimana e ci siamo resi conto che è stato un tempo troppo lungo, faceva caldo e le persone venivano solo la sera. Il secondo anno abbiamo scelto villa Borghese, un luogo più centrale, con il permesso del comune di Roma, abbiamo strutturato l’evento diversamente, con la presenza di più autori/autrici e studiosi/e che potevano raccontare la Somalia meglio di noi: è stato un successo. Questo terzo anno è molto importante perché s’intreccia con la volontà e la disponibilità del Museo delle Civiltà di ripensare le collezioni presenti con il coinvolgimento della comunità somala, di parlare di colonizzazione e di decolonizzazione all’interno di un luogo di cultura. Anche quest’anno, come il precedente, avremo incontri con artisti/e, autori/autrici, studiose/i che o sono somali o sono nati in Somalia e ci aiuteranno a parlare del nostro paese, della sua cultura e del suo rapporto con l’Italia. Un modo per far conoscere la Somalia ai non somali che, in genere, sentono parlare della nostro paese solo quando là sorgono dei problemi. Noi ci auguriamo quindi di far conoscere la nostra storia e i rapporti che ha avuto nel bene e nel male con l’Italia.
Speriamo nella partecipazione dei giovani” aggiunge Zakaria- “anche perché, per la prima volta, nella giornata di sabato, ci sarà la possibilità di visitare le collezioni del Museo gratuitamente, per tutto il giorno, fino alle 21,30 ed anche domenica noi resteremo nel Museo fino a sera, stesso orario, proprio per dare modo a tutti di visitarle.”
Anche quest’anno saranno montate le caratteristiche abitazioni-tende della tradizione somala?
“Sì, ci sarà l’Aqal, una sorta di tenda-capanna che si regge su rami flessibili ricoperti da stuoie e da pelli, usata dai pastori nomadi, ancora oggi, e la Mundul, usata dagli agricoltori, fuori dalle grandi città, negli insediamenti fissi, che simboleggiano la cultura di base della Somalia. Queste tende” prosegue Zakaria “ sono state montate nel terrazzo del 1 piano del Museo, ai lati di un’installazione artistica che si trova nel Museo , realizzata da DAAR -che in arabo, tra l’altro, significa casa, luogo dove si riposa- acronimo dell’ Ente di Decolonizzazione – Borgo Rizza, un progetto di due artisti Alessandro Petti e Sandi Hilal – che esplora la possibilità di riuso critico dell’architettura coloniale fascista, proprio per introdurre il tema della decolonizzazione.” Aggiunge con convinzione Zakaria “ quest’opera utilizza una struttura costruita in era fascista, per mantenere uno status quo, per metterla in discussione, destrutturarla e utilizzarla in modo diverso, proprio come intende fare la comunità somala che siederà ai due lati di questa opera”.
Il tema della diaspora somala sarà rilevante anche all’interno della manifestazione, è previsto, nella giornata di sabato un collegamento con dei rappresentanti della diaspora anche di altre città italiane, vuole parlarcene?
“In Italia ci sono tante comunità somale, ma penso che la comunità somala che fa capo all’associazione Somaliyey Toosasia un punto di riferimento, anche dal punto di vista pratico, per tutti. Questa associazione da tre anni non è presente soltanto a Roma o nel Lazio ma a livello nazionale. Non aiuta solo i somali rimasti in patria, ma svolge attività di mediazione culturale, aiuta a rimpatriare le salme delle persone indigenti e dà supporto anche per i rimpatri. Ha supportato molto i giovani che sono rimasti in strada, dopo l’introduzione delle norme approvate nel periodo in cui era ministro dell’Interno Matteo Salvini: molti ragazzi che non avevano più la residenza o un domicilio, non potevano rinnovare i loro documenti, il permesso di soggiorno e al tempo stesso non sapevano come tornare nel paese d’origine.” L’associazione Somaliyey Toosa ha fatto raccolte fondi, si è attivata con l’ambasciata ed ha consentito a tanti somali di lasciare l’Italia e rientrare nel paese d’origine. Solo quest’anno ha già aiutato 13 somali a rientrare a casa. È una comunità “ continua Zakaria “ molto variegata, ci sono giovani ma anche persone che sono in Italia da trent’anni ed è molto rilevante la presenza femminile.”
Un altro tema degli incontri sarà il passato coloniale e la memoria condivisa tra italiani e somali. Quali aspetti riguarda, secondo voi, la memoria condivisa?
“Credo che riguardi le persone italo-somale, quelle persone che, per esempio, hanno avuto il papà italiano e la mamma somala e che, pur conoscendo le loro radici, hanno scelto comunque di rimanere a vivere lì, ed anche quelle persone che hanno perso le tracce delle loro famiglie d’origine, a causa della guerra civile, scoppiata nel 1991. Molti studiosi hanno aiutato queste persone a raccogliere le loro memorie e a condividerle. Io, a questo proposito, faccio parte dell’associazione Archivio delle Memorie Migranti, AMM, che raccoglie, sotto varie forme, le memorie delle persone che hanno affrontato il viaggio per arrivare in Italia o in Europa e intendo collaborare con un’altra associazione somalo-italiana di Mogadiscio ASSOIT che insieme alle università somale sta facendo la raccolta delle memorie degli italo-somali.Spero di poter condividere le nostre memorie con loro, fare, per così dire, uno scambio di memorie.” Purtroppo, continua Zakaria, molti della comunità somala hanno poco interesse per le memorie del periodo coloniale, perché per troppi anni è stato nascosto quello che veramente è successo e, dopo il periodo coloniale, è iniziato il periodo dell’ A.F.I.S. (Amministrazione Fiduciaria italiana della Somalia) dal 1950 al 1960 ed è stata ancora una volta narrata, alla popolazione, una storia non sempre vera sul colonialismo italiano: ”Italiani brava gente” , solo gli anziani che sapevano perché l’avevano vissuto, ne parlavano” spiega Zakaria.
“ Solo ultimamente i giovani italiani e soprattutto quelli di origine somale stanno iniziando una riflessione sulla loro identità. Voglio aggiungere una riflessione che non viene fatta mai” dice infine con convinzione Zakaria, “Tutte le persone che partono dai paesi del Corno d’Africa : Eritrea, Somalia, Etiopia, per arrivare in Italia, dopo il Sudan attraversano la Libia; la Libia era anch’essa un ex colonia italiana ed i somali– che in Libia e in Italia erano chiamati ascari- insieme agli eritrei erano i primi ad essere impiegati nell’esercito italiano durante la guerra coloniale, molti sono morti combattendo per l’Italia per le sue conquiste ed oggi, ancora, la maggior parte delle persone trattenute nelle carceri libiche e torturate sono somali ed eritrei che, in un certo senso, stanno tentando di tornare nella loro casa italiana, che li ha colonizzati, ma questo è un passato ignorato dai più giovani. È un concetto difficile da spiegare” conclude Zakaria “ io spero che s’inizi almeno ad analizzare per capire quello che è stato il passato coloniale e per evitare di rimanere vittime del futuro neocoloniale che stiamo correndo il rischio di vivere.”
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