Astalli: Rifugiati, lottatori di speranza, seminatori di pace

 

 La testimonianza di Fardusa

 “Mi chiamo Fardusa e vengo dalla Somalia. Il mio nome nella mia lingua significa “paradiso”, ma per tutta la vita ho conosciuto solo la guerra.” Comincia così l’incontro organizzato dal Centro Astalli, lo scorso 13 giugno,  a Roma, presso l’aula magna dell’ Università pontificia, nell’ambito degli eventi previsti per la “Giornata mondiale del Rifugiato” che si celebrerà il prossimo 20 giugno.
 “In un Paese in guerra nessuno è al sicuro. Quando sentivo le bombe arrivare pregavo a occhi chiusi sperando che cadessero lontane. Ogni giorno uscivo di casa con la paura di non poter più tornare. Non potevo più restare, ho deciso di partire, in cerca di pace. Il giorno in cui ho salutato per l’ultima volta i miei genitori è stato il giorno più difficile della mia vita” La voce di Fardusa si rompe per l’emozione e si vela di tristezza quando poi ricorda il passaggio nel deserto libico, la dura prigionia subita, la paura provata in mare, durante la traversata e, finalmente, il soccorso ad opera della guardia costiera italiana.
“Non è stato facile ricominciare da zero. Mi sono impegnata molto. Ho fatto molti sacrifici e continuo a farli. Ma ce l’ho fatta. Oggi lavoro come operatrice socio-sanitaria, mi prendo cura delle persone anziane e sono per loro un punto di riferimento. Mi piace essere di aiuto per gli altri.” Conclude Fardusa, con un’espressione ormai rasserenata.

 Astalli: i dati UNCHR sui rifugiati

“non posso non partire dai dati allarmanti che ci ha consegnato l’UNHCR, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, nell’ultimo rapporto Global Trends 2024: il numero delle persone, costrette a lasciare la loro casa, a maggio, è arrivato a 120 milioni, una persona su 69, uno su due sono minori” ovvero l’1,5% dell’intera popolazione mondiale, è attualmente costretta a sfollare” Si apre con queste parole l’ intervento di Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, che ha presentato poi gli ospiti: l’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, e l’economista Tito Boeri, moderati dal giornalista del Il Sole 24 Ore, Carlo Marroni. L’incontro ha voluto rappresentare una giornata di riflessione sul significato dell’accoglienza, in previsione del Giubileo che si aprirà il 24 dicembre del 2024. ” I pellegrini di speranza che attraverseranno le frontiere, ci rimandano a quei lottatori di speranza, i rifugiati, che il Centro Astalli incontra tutti i giorni, coloro che il segno dei confini lo portano sul corpo, nelle loro vite, ma che nonostante tutto sono animati dalla speranza di un futuro di pace.” ha poi voluto sottolineare Camillo Ripamonti, concetto ribadito anche da Mons. Fisichella, responsabile anche dell’ organizzazione del prossimo Giubileo. “L’opportunità del Giubileo speriamo possa essere un’occasione per attivare politiche di accoglienza più lungimiranti e rispettose dei migranti.”

Astalli: il valore dell’accoglienza, parla Rino Fisichella

L’Arcivescovo Mons. Rino Fisichella, con il suo intervento, ha posto l’accento sul valore dell’accoglienza. La capacità di creare una cultura dell’incontro, partendo da un interrogativo: “quando noi ci prendiamo cura delle persone che fuggono da situazioni disperate come guerre, carestie, difficoltà climatiche, siamo poi capaci di continuare a prendercene cura e quindi di creare quell’autentica cultura dell’incontro che permette alle persone rifugiate di sentirsi veramente a casa?” “Roma è sempre stata una città accogliente, ha continuato l’Arcivescovo, anche prima del Cristianesimo, è stata definita patria comunis, un posto dove nessuno si sentiva straniero. Coltivare il valore dell’accoglienza, vuol dire tenere vivi i valori della nostra storia; lottare per la speranza e seminare pace deve essere un impegno di vita.” Secondo Rino Fisichella, la questione migratoria continua a non essere affrontata dal punto di vista di coloro che si mettono in viaggio: persone in cerca di speranza, di una vita libera, di pace, in un altrove dove incontrano frontiere di indifferenza e discriminazioni. In questo momento storico sarebbe invece più che mai opportuno pensare a una politica di accoglienza capace di creare occasioni di incontro, dialogo e integrazione, affinché non siano più i deboli a fare le spese di un sistema che erige barriere, muri e recinzioni, sempre più alti su cui si sta infrangendo l’Europa dei diritti.

Astalli: il debito pubblico è debito ecologico, parla Tito Boeri

L’economista Tito Boeri, riprendendo il richiamo di Papa Francesco sulla necessità, in occasione del Giubileo, di trovare una soluzione al debito economico molto elevato che affligge i paesi più poveri, ha sottolineato come i paesi che oggi hanno un debito molto elevato sono anche quelli che hanno anche un debito ecologico.” Una cosa poco nota,” ha detto l’economista  “è che i paesi poveri, in via di sviluppo che oggi hanno un debito molto elevato, sono paesi che subiscono in realtà, più di tutti gli altri, gli effetti negativi dell’inquinamento e dell’emissione dei gas serra: mentre le emissioni che provengono da questi paesi sono del tutto limitate, marginali sull’ambiente, essi subiscono le conseguenze degli effetti dei gas serra emessi dai paesi più potenti come Stati Uniti e Cina. La questione del debito spesso viene dimenticata e non se ne parla, ma in realtà è la causa principale delle terribili condizioni di vita in cui queste persone sono costrette a vivere, e che le porta poi a cercare una nuova speranza di vita attraverso l’emigrazione.” “Esprimendo un giudizio di natura economica” ha continuato Boeri “non credo che la soluzione del rinvio, della c.d. moratoria del debito, possa essere d’aiuto ai paesi debitori né ai paesi creditori, credo che l’unica soluzione per dare loro la possibilità di riscatto, sia la remissione del debito, il perdono.  Probabilmente questa soluzione incontrerebbe delle resistenze tra i paesi creditori e soprattutto è probabile che si voglia procedere con una certa selettività.” ha proseguito Boeri, “ma è l’unica soluzione per riattivare la crescita di un paese bloccato e permettergli di avere ancora speranza di recuperare livelli di vita accettabili per i suoi cittadini.” Infine, riprendendo le considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che accompagnano la Relazione sulla gestione e sulle attività della Banca d’Italia sul 2023,diffuse in questi giorni, l’economista  ha ricordato come, secondo l’Istat, da qui al 2040 il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di 170.000 persone all’anno. Questa contrazione si tradurrebbe in un calo del PIL del 13 per cento. Inoltre 525.000 giovani italiani sono emigrati tra il 2008 e il 2022; solo un terzo di essi è tornato in Italia. Hanno lasciato il Paese soprattutto i laureati, attratti da opportunità retributive e di carriera decisamente più favorevoli all’estero. L’esodo indebolisce la dotazione di capitale umano del nostro paese, tradizionalmente afflitto da bassi livelli di istruzione. “Più ingressi per lavoro dall’estero possono contribuire a rilanciare l’occupazione in Italia”- ha ribadito con convinzione Tito Boeri- contrastando il calo demografico”. Ma, in accordo con il governatore, ha convenuto che vanno gestiti coordinandosi con gli altri paesi Ue, salvaguardando gli equilibri sociali e rafforzando le misure di integrazione.

Nadia Luminati
(16giugno2024)

Leggi anche:

Astalli: rapporto sulle condizioni di richiedenti asilo e rifugiati

Astalli formazione: migrazioni e cambiamento climatico

Rifugiati: le false credenze che ci rendono peggiori