È di questi giorni la notizia che il governo italiano, per superare l’impasse provocato al “progetto Albania” dalla mancata convalida del trattenimento del Tribunale di Roma, dei 12 migranti rimasti nel centro di Gjader in Albania, ha provveduto con celerità ad emanare una nuova lista di Paesi sicuri, questa volta per decreto legge invece che per decreto interministeriale.

La sentenza del Tribunale di Roma- sezione speciale dell’immigrazione
Per i giudici del Tribunale di Roma, il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all’ impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera per quei migranti. I dodici migranti che erano stati trasferiti nel centro di Gjader hanno quindi diritto ad essere condotti in Italia per l’esame delle loro richieste d’asilo. Il Tribunale di Roma ha infatti giudicato i due paesi da cui provengono, Bangladesh ed Egitto, paesi non sicuri, in base alla normativa europea – la direttiva europea del 2013- ma anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre scorso che ha stabilito un principio fondamentale: un paese può essere designato come “sicuro” solo se lo è per tutti i suoi cittadini e sull’intero territorio nazionale.
La sentenza della Corte tuttavia non si riferisce solo a zone geografiche, ma anche a paesi che, per esempio, hanno leggi che di fatto legalizzano la persecuzione di specifiche categorie di persone, come i dissidenti politici o le persone appartenenti alla comunità LGBT+, cose che avvengono in diversi paesi ancora presenti nell’elenco fra cui Bangladesh, Egitto, ma anche Tunisia.
Peraltro, più di un mese fa, i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma hanno rivolto un interpello alla prima sezione civile della Cassazione, affinché si pronunci in merito alla possibilità di agire autonomamente o di attenersi alla lista dei Paesi sicuri stilata dal ministero degli Esteri. La richiesta, avvenuta prima della sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre, potrebbe avere risposta entro i primi giorni di dicembre.
Paesi sicuri: il contenuto del Decreto legge
Il Consiglio dei ministri, lunedì 21 ottobre, per aggirare l’ostacolo e dare maggiore legittimità politica e istituzionale alla lista dei paesi di origine sicuri, ha approvato un decreto legge che rende norma primaria l’indicazione dei paesi sicuri per il rimpatrio. Dall’elenco dei 22 Paesi, che era stato aggiornato a maggio, sono stati eliminati Nigeria, Camerun e Colombia, in quanto presentavano problemi in alcune parti del loro territorio, hanno precisato i portavoce governativi durante la conferenza stampa. Così i paesi considerati sicuri nel decreto sono ora 19:
Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Questo elenco sarà aggiornato, nelle intenzioni del governo, ogni 6 mesi.
Inoltre il Ministero dell’Interno ha dato mandato all’Avvocatura di Stato di presentare un ricorso in Cassazione contro le ordinanze della sezione immigrazione del tribunale di Roma che non hanno convalidato il trattenimento di dodici migranti egiziani e bengalesi.
Il nuovo Decreto legge, che comunque recepisce la sentenza della Corte di Giustizia europea, oltre alla lista dei Paesi d’origine sicuri, introduce un’importante novità: la possibilità del Ministero dell’Interno di ricorrere alla Corte d’appello, al posto della Cassazione “ Il reclamo non sospende l’esecutività della decisione di primo grado, ma i giudici del secondo grado dovranno pronunciarsi in dieci giorni con efficacia immediata.” dice infatti la legge. “È ammesso reclamo alla Corte d’appello nel termine di cinque giorni decorrenti dalla comunicazione del decreto. La proposizione del reclamo non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento e la Corte d’appello, sentite le parti, decide con decreto immediatamente esecutivo, entro dieci giorni dalla presentazione del reclamo.”
Con l’introduzione di questa modifica il governo spera, probabilmente, anche che le Corti d’appello di Palermo e Catania, oltre quella di Roma, ribaltino le sentenze delle sezioni specializzate in immigrazione che, negli ultimi mesi, hanno bocciato la detenzione nei centri siciliani dei richiedenti asilo originari di “paesi sicuri”.
Secondo il Ministro dell’Interno Piantedosi, la nuova norma sui paesi sicuri permette di accelerare le procedure di asilo e anticipa in realtà il nuovo regolamento europeo, che fa parte del Patto europeo sulla migrazione e l’asilo e che entrerà in vigore nel 2026.
In serata è arrivato il via libera del Quirinale sul decreto, ed è stato emanato dal Presidente Mattarella. Si era pensato, in un primo momento, che ci sarebbero stati ripensamenti o ritardi nell’adempimento del Presidente della Repubblica, per via dell’ introduzione della norma che prevede il ricorso in Corte d’Appello contro le ordinanze dei tribunali che al momento possono essere impugnate solo in Cassazione ma in realtà sembra che gli uffici legislativi del Quirinale e di palazzo Chigi abbiano dialogato a lungo durante la formulazione del decreto, proprio al fine di evitare fraintendimenti fra i due.
Il nuovo decreto sui paesi sicuri: il giudizio della Commissione europea
In questi giorni i portavoce della Commissione europea hanno ribadito che sul protocollo vale sì la legge nazionale, ma “le misure delle autorità italiane devono essere pienamente conformi e non compromettere l’applicazione del diritto comunitario”. Nonostante la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, non nasconda, a livello politico, la sua approvazione del modello Albania ed esorti anche gli altri paesi europei a costruire hub per i rimpatri, infatti la Commissione ha ricordato che sui “paesi sicuri” per ora, le liste sono nazionali sebbene si stia lavorando a un elenco europeo. Solo nel giugno del 2026, a meno di anticipazioni, entrerà in vigore il nuovo patto Ue immigrazione e asilo che renderà possibile la detenzione di chi viene da paesi con percentuali europee di accoglimento delle domande d’asilo inferiori al 20%.
Il nuovo decreto sui paesi sicuri: cosa pensano i giuristi
Per i giuristi e gli esperti d’immigrazione che stanno seguendo “ l’affare Albania”, i giudici italiani saranno obbligati a disapplicare una legge nel caso sia in contrasto con una norma europea: “La norma europea è sovraordinata alla norma nazionale, in caso di contrasto tra le due la seconda deve essere disapplicata”. Non è possibile anticipare il regolamento europeo che entrerà in vigore nel 2026 visto che le norme da applicare sono quelle vigenti e non quelle future.
È inoltre chiaro, per chi ha un po’ di dimestichezza con la normativa dell’Immigrazione, che la lista dei paesi sicuri non ha alcun impatto sui rimpatri, ma solo sulla procedura accelerata di asilo. Che non venga confermato il trattenimento non vuol dire che i migranti debbano essere tutti accolti, benché sia questo il messaggio che ha voluto far passare la Presidente del Consiglio, la richiesta d’asilo seguirà semplicemente la procedura ordinaria e non quella accelerata, che prevede tempi più stringenti, cioè quattro settimane e l’obbligatorietà del trattenimento.
Se l’obiettivo del decreto-legge, infine, è quello di affermare una sorta di superiorità rispetto alle regole Ue e alle sentenze della Corte di giustizia è abbastanza evidente che il risultato non sarà raggiunto a meno di andare contro i dettami della nostra Costituzione, il cui art.17 stabilisce che la potestà legislativa è esercitata dalla Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione nonché dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Nadia Luminati
(23 ottobre 2024)
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