Indipendenza Filippine: la grande festa per il 127° anniversario

Organizzazione, orgoglio e resilienza di una grande comunità che si racconta ed esibisce i suoi talenti

Festa per il 127° anniversario dell’Indipendenza delle Filippine: Hotel Ergife, 15 giugno. Nell’enorme sala Olimpia, migliaia di persone mangiano, parlano, comprano, applaudono, si muovono, mentre sul palco e davanti al palco si alternano artisti, danzatori, cantanti, studenti, associazioni, sponsor, presentatori del fittissimo programma di eventi, dove tutto si svolge a ritmo serrato ed è organizzato al minuto, senza significativi ritardi e senza imprevisti evidenti, mentre l’audio delle casse è ai massimi livelli, le luci a neon cancellano i riferimenti temporali e l’aria condizionata continua a somministrare linfa vitale ai presenti.
Chiunque decida di avventurarsi fuori dalla sala in cerca di un minuto di silenzio, di uno squarcio di cielo o di qualche boccata di fumo, in un istante si trova catapultato nell’aria bollente di una Roma rovente e subito si affretta a rientrare, risucchiato nella bolgia umana e sonora che tanto ricorda l’Asia urbana tropicale.

La festa del cibo

Si scende una rampa di cemento, e poi si entra in uno spazio enorme. La prima parte della sala è dedicata al cibo, ai banchi di verdura, di prodotti filippini, ai ristoranti che propongono cibo già cotto o da preparare al momento, spiedini impilati pronti per essere arrostiti, sacchi di riso e profumo di riso al vapore, noodles, dolci e dessert, bevande calde, fredde o ghiacciate, grandi dispenser con drink colorati, lattine esotiche, bubble tea e cocktail alcolici. Sopra tanti banchi sono allineati contenitori con gelatine di tutti i colori, oltre a mais, fagioli e granelle, da aggiungere al ghiaccio e al latte condensato per comporre una granita molto popolare chiamata halo-halo, che tutti degustano con grande soddisfazione.
Poco distante gli stand dedicati alla promozione commerciale e culturale delle Filippine, con le agenzie di viaggio, i servizi al cittadino, lo sport, i trasporti, le compagnie di sicurezza, il merchandising, la ristorazione e il catering. Tutto l’universo filippino romano gira intorno alla grande sala, il microcosmo di un arcipelago composto da tre Regioni e 7641 isole.

La cultura in festa

Poco oltre il palco, le grandi casse del suono, i microfoni e i presentatori che si alternano efficienti, programma alla mano, e come domatori battono i tempi delle esibizioni. Tutto si svolge con precisione svizzera. C’è la messa domenicale. Ci sono i saluti istituzionali e le autorità. Ci sono le danze tradizionali e folcloriche, di gruppi ed associazioni composti soprattutto da donne, con i loro abiti colorati, le musiche e le coreografie tipiche delle varie regioni, a mimare gesti contadini o antichi mestieri legati ai ritmi della natura e del raccolto. Ci sono cantanti melodici acclamati dal pubblico, un bambino con il suo violino, i rappresentanti della scuola superiore filippina che danzano con un tifo da stadio, le ragazze con abiti americani indiavolate sulla musica hip-hop ed il giovane il ballerino che ha partecipato ad Amici. Ci sono i cori e gli sportivi delle arti marziali. Ci sono i vincitori del concorso di bellezza e quelli della lotteria e anche tutti i neolaureati dell’ultimo anno con i loro genitori, a prendersi gli applausi di un pubblico curioso e partecipe.

Donne: forza, resilienza e orgoglio

Tre, quattromila secondo gli organizzatori le persone accorse quest’anno per celebrare l’anniversario dell’Indipendenza. Sono tutti eleganti, soprattutto le donne, curate e truccate, con le spalline degli abiti gonfie oppure grandi e geometriche, i tacchi alti, i capelli freschi di parrucchiere. Sembrano loro le protagoniste assolute, anche a livello numerico: donne mature, contente ed energiche, si muovono incessantemente, salutano, sorridono.
Sono state in fondo le donne le prime ad arrivare in Italia dalle Filippine all’inizio degli anni 70 che, pur avendo un livello si istruzione medio alto o determinate qualifiche professionali nel loro Paese, hanno trovato impiego nel settore domestico o nella cura delle persone. Donne che hanno lavorato duramente e si sono organizzate, accettando lavori meno qualificati, con l’unico obiettivo di migliorare le condizioni di vita della famiglia rimasta a casa, di offrire un’educazione ai figli accuditi dai nonni o dai fratelli, di costruire una casa per la vecchiaia, di preparare il terreno per i ricongiungimenti familiari in Italia.
Le stesse donne che, accanto ai loro mariti, accompagnano il figlio o la figlia sul palco a ricevere l’attestato e l’applauso della comunità per la laurea appena ottenuta, alcuni con il massimo dei voti e la lode, che sotto gli occhi di tutti si mettono in posa per una foto ricordo, orgogliose e fiere di vedere concretizzato e pubblicamente riconosciuto il frutto di tanti sacrifici e la speranza per un futuro migliore, più adeguato e giusto per i propri figli.
Figli che girano in gruppi, ridono e scherzano con accento romano, non diversi dai loro coetanei italiani ma con qualcosa che li distingue e che va al di là della fisionomia: è l’altra cultura che comunque li abita e che con quest’altra convive. Hanno tutti bisogno di eventi come questo per mantenere un contatto con le loro radici, con la comunità, nonostante le contraddizioni, i vincoli, le restrizioni. Spetta a loro, ora, decidere quale peso dare ad un’identità che per loro è solo una parte del tutto, mentre ai loro genitori appartiene completamente.

Efficiente organizzazione

Colpisce anche un’altra cosa, ancora più sorprendente nella bolgia asiatica della giornata: l’efficiente organizzazione, frutto di un comitato gestito come un’azienda, con un presidente, una segretaria e otto diversi comitati affidati ad altrettanti responsabili. Cibo, pubblicità, reception, location ed allestimento, sicurezza, aree esterne, programma e sponsor: otto aree organizzative, ciascuna con le proprie responsabilità, mansioni e budget, più di cento volontari che negli ultimi due mesi sono stati impegnati nella preparazione dell’evento, sostenuti solo dalla loro personale motivazione. Oltre trenta le organizzazioni coinvolte, migliaia di euro di costi (70.000 euro lo scorso anno) per realizzare la grande festa laica che ogni anno vuole essere uno spazio di promozione ed unione pensato per la grande comunità filippina di Roma ma anche per la città, per continuare ad alimentare il contatto con le radici, con l’identità e con la cultura di una delle comunità straniere più radicate, organizzate e fiere del proprio percorso e della propria resilienza.

Natascia Accatino
Foto di William Mbiena
(20/06/25)

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