La tortura: dramma dimenticato ma praticato in 140 Paesi

Il primo rapporto della rete di supporto alle persone sopravvissute alla tortura é stato presentato nella mattina di mercoledì 25 giugno 2025 presso la sala dell’Accademia Lancisiana dell’ospedale Santo Spirito.

“La Rete si propone di affrontare il carico del servizio della tortura, che è un carico  vietato, ma purtroppo ancora presente in oltre 140 Paesi del mondo ed è spesso associato all’esperienza migratoria” con queste parole ha aperto l’incontro Giancarlo Santone, Medico Psichiatra e Direttore del centro Samifo della ASL Roma 1. Il centro è membro attivo della rete. “I migranti, lungo le rotte migratorie subiscono soprusi, violenze, abusi e traumi che richiederebbero l’intervento del test TFI per individuare ed affrontarne le fragilità psicologiche e sociali. Se non riconosciuti in tempo questi problemi possono diventare cronici con costi individuali, umani, ma anche sociali, molto elevati.”

Giovani migranti – foto di Simona Scalas realizzata nell’ambito della mostra “Più Culture: migranti nel Municipio II di Roma”

La rete di supporto

La rete di supporto per le persone sopravvissute alla tortura si impegna a fare tre cose:

  • Favorire le nuove pratiche e l’applicazione delle leggi pubblicate dal Ministero della Sanità nel 2017
  • Migliorare la qualità dei servizi dedicati alle persone sopravvissute alla tortura garantendo loro l’accesso pieno a servizi di riabilitazione
  • Promuovere le attività di ricerca scientifica, formazione e aggiornamento professionale.

Possono aderire alla Rete i servizi territoriali di enti pubblici e privati e organizzazioni non governative impegnate sul fronte della tortura, ma che non gestiscono in modo diretto programmi o servizi.

La tortura: definizione della rete

Tra le varie definizioni date nella storia alla tortura, quella in cui la rete si identifica è: “qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente infitti a una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali al fine di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla di un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettabile di aver commesso.Di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o far pressione su una terza persona o per qualsiasi altro motivo fondato su discriminazione e dolore e sofferenza inflitte da un agente della funzione politica o da altra persona che agisca a titolo ufficiale.

Per la vergogna e lo stigma l’individuo sopravvissuto non racconta immediatamente la propria storia, quindi “una caratteristica che molte volte appartiene alle persone sopravvissute della tortura è quella di mantenere il silenzio” ci tiene a ricordare La Silvia Capretti, Referente ASL Roma 1 per la rete, che spiega “quindi non necessariamente chi accede ad un servizio di medicina di base, racconta al medico la propria esperienza”.
I motivi della tortura sono principalmente legati a:

  • Motivazioni economiche (51%)
  • Orientamento politico, (24%)
  • Orientamento religioso (7%)
  • Orientamento sessuale (6%)
  • altri motivi (12%)

Le persone che hanno subito tortura tendono a sviluppare una serie di conseguenze patologiche che possono essere sia disturbi fisici:

  • Lesioni da oggetti contundenti (26,6%)
  • malattie Muscoloscheletriche (15,6%)
  • Malattie digestive (9,2%)
  • Malattie Dermatologiche (7,7%)
  • Malattie del sistema nervoso (6,2%)
  • Malattie Infettive (5%)

che disturbi mentali:

  • Reazioni post traumatiche (41,5%)
  • Disturbi dell’umore o tendenze autolesive e suicidarie (19,2%)
    Sintomi di ansia/ problemi di adattamento (14,7%)
  • Sintomi non specifici (es perdita di appetito, insonnia) (13,1%)

Il rapporto sulle persone sopravvisste a tortura

La percentuale delle persone che hanno subito tortura tra la popolazione migrante oscilla tra il 5% ed il 35%. Su una coorte di 2.688 assistiti nell’ultimo anno:

  • 37,3% sono donne
  • 62,7% sono uomini.

L’età media delle vittime della tortura è di 31 anni, il 9% ha un età inferiore ai 18 anni e l’ 11% ha un età superiore ai 50.
Il 35,4% degli assistiti dalla rete ha subito la tortura nel suo paese di origine (di questi il primato spetta alla Turchia con il 13,2%) Mentre il 64,6% ha subito torture in un paese di transito. Si posiziona in cima a questa categoria la Libia, con il 74,1% dei sopravvissuti arrivati in Italia e presi in carico dalla rete. Il rapporto, scaricabile cliccando QUI, è solo alla prima edizione e non può già contenere il 100% dei dati esistenti. Il dossier è comunque un ottimo punto di partenza per approfondire e divulgare un enorme problema che sembra essere stato quasi dimenticato dall’opinione pubblica, con tutte le  conseguenze che ne derivano.

Lorenzo Pugliese
(30 Giugno 2025)

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