Djafarou Zakaria Alidou è un giovane di 21 anni arrivato in Italia a settembre 2016 “Sono nato in Benin un paese di undici milioni e mezzo di abitanti che affaccia sull’Oceano Atlantico e confina con il Burkina Faso, il Togo, il Niger e la Nigeria. Vivevamo con la mia famiglia e mio zio a Djougou nella regione Donga nel nord-ovest del paese.
In Benin si indicono elezioni ogni 5 anni per eleggere il Governo della Repubblica ed è stato in occasione delle elezioni legislative dell’aprile del 2015 che ho avuto dei problemi con dei rappresentanti di un altro villaggio. Queste persone hanno ammazzato alcuni abitanti dei nostri due villaggi, hanno bruciato le case. I notiziari non hanno reso pubblico tutto cioè che è accaduto nelle ultime elezioni nel mio paese.
La famiglia si è divisa:a 16 anni sono partito con mio zio
Nell’aprile 2015 Djafarou è partito dal Benin dalla città di Malanville, sul fiume Niger, al confine con il paese omonimo. “Abbiamo attraversato tanti villaggi e siamo passati nel deserto, nelle peggiori condizioni, abbiamo subito tante violenze da tutti: banditi, trafficanti e soldati. Nessuno ci ha risparmiati. Dal Niger siamo arrivati nel sud dell’Algeria a Tamanrasset, e da lì abbiamo raggiunto la capitale, Algeri, dove mio zio ha trovato un lavoro e io, che avevo 16 anni, stavo a casa.
Un giorno mentre Djafarou era in giro per la città è stato fermato dalla polizia perché era senza documenti “la polizia mi ha portato in carcere, dove sono rimasto per una settimana, nonostante fossi minorenne. Sono andato in giudizio nel Tribunale di Beynam che ha decretato che avessi solo il diritto di andare via. Mio zio non poteva farmi partire da solo e, malgrado avesse un lavoro, mi ha accompagnato in Libia dicendomi che non potevamo tornare indietro. Dovevamo solo andare avanti”. Djafarou racconta come le condizioni di vita in Libia non si possano descrivere. “È una situazione che non auguro a nessuno. Purtroppo i trafficanti ci hanno messi in due case separate e così io e mio zio ci siamo persi. Dopo qualche mese sono venuto da solo in Italia come minore non accompagnato”.
Dopo l’arrivo in Sicilia Djafarou ha avuto buone notizie sia dello zio che è arrivato a Lampedusa, che della sua famiglia rimasta in Benin.
Oggi Djafarou vive a Latina
Dopo un viaggio durato un anno e mezzo oggi Djafarou vive a Latina “dalla Sicilia mi hanno portato a Roccagorga Prati in provincia di Latina. Ho frequentato la Scuola Alberghiera di Sezze, mi sono impegnato molto a studiare e nel giugno del 2020 mi sono diplomato in cucina con il massimo dei voti“. A causa del covid la maggior parte dei ristoranti sono chiusi ed è difficile trovare un’occupazione. Ma Djafatou sta cercando un lavoro anche in altri settori. “Ho fatto un corso di ECDL informatica, ho preso il patentino di Muletto per lavorare come magazziniere, ma nonostante diversi diplomi è difficile trovare lavoro”. In attesa che la pandemia si esaurisca Djafarou trascorre il tempo facendo sport e andando in giro a portare il suo CV e a spedirlo anche via mail. “Ho chiesto di avere qualche colloquio per avere assistenza nella ricerca di lavoro. Prima del covid facevo tanti incontri e corsi in presenza poi siamo passati alla modalità online e proprio la settimana scorsa ho finito il corso di informatica e quello per pizzaiolo”.
La strada in salita per permesso di soggiorno e documento
“Spesso sento la parola “Integrazione”, cosa vuole dire questa parola? Quando parliamo d’integrazione parliamo anche del permesso di soggiorno.
Ti sembra normale che dopo cinque anni io abbia ancora un permesso di soggiorno temporaneo che scade ogni sei mesie io debba tornare sempre in Questura per rinnovarlo? C’è stato un periodo che non riuscivo più a partecipare ai corsi perché il mio permesso di soggiorno era scaduto e non avevo una carta d’identità valida. Sta succedendo così anche adesso: volevo candidarmi al Concorso pubblico per personale ATA e collaboratori scolastici, ma non credo che sarà possibile perché il mio Permesso di soggiorno è scaduto il 28 febbraio, mi è stato consegnato solo due mesi prima della scadenza, e il bando dovrebbe partire a marzo e rinnovare il permesso sarà un grande problema. Mi diranno di aspettare come hanno sempre fatto. Non posso andare nemmeno a fare qualche corso perchè serve un PdS valido. Mi sono rivolto anche agli operatori del centro e anche loro mi dicono di aspettare.
Nel frattempo Djafarou ha fatto richiesta di protezione internazionale “Sono in attesa di ricevere un documento, sto facendo ricorso da 2 anni. Il 15 dicembre scorso il mio avvocato si è recato in Tribunale ma non so ancora quale sia stato l’esito. Quando è uscito il Decreto Salvini su sicurezza e immigrazione, dopo 11 ore di Audizione in Commissione mi è stato dato un permesso di soggiorno della durata di 1 anno come “casi speciali“. Non era rinnovabile né si poteva convertire per motivi di lavoro, per questo l’ho rifiutato e ho deciso di fare ricorso contro la decisione della Commissione Territoriale.
Altre difficoltà: dalla conoscenza della lingua ai diritti
“La prima difficoltà da affrontare arrivando in Italia è la lingua. Chi arriva deve cercare di inserirsi nella società andando a scuola, studiando per conoscere come funziona il Paese ospitante. Se non comprendi bene la lingua è difficile dire quello che pensi e avere accesso ai tuoi diritti. Quando ero nel primo centro all’inizio eravamo in 3 ad andare a scuola, poi altri ospiti dal centro ci hanno seguiti e siamo diventati in 15. Purtroppo la cooperativa non ci aiutava a comprare i libri, avere un abbonamento per prendere il pullman era difficile. Fare da soli questo percorso ha comportato che da 15 siamo tornati a essere in tre e solo in due ci siamo diplomati”.
Secondo Djafarou con l’accoglienza si dovrebbe avere oltre all’istruzione, la conoscenza dei diritti e doveri e un’assistenza a 360 gradi. “Le persone che ci ospitano dovrebbero aiutarci ad avere la possibilità di studiare, un’assistenza legale, ma non solo. Ora mi trovo in un CAS e se ho qualche problema mi dicono di parlare con l’assistente sociale, ma l’assistente sociale non può fare niente per me, ad esempio dicono che il CAS non possa pagare le spese mediche. E infatti dal 2019 ho dei problemi dermatologici e faccio tutto da solo senza avere l’aiuto di nessuno, non mi supportano nel prenotare le visite che tra l’altro non ho la possibilità di pagare. Non so dove andare per avere aiuto. Sono stato tante volte invano alla Prefettura o al Comune per parlare con qualcuno. Secondo me per migliorare la condizioni di accoglienza ci vuole una normativa che tuteli tutti i beneficiari coinvolti nell’accoglienza, senza trovare delle scuse sulle tipologie diverse di accoglienza. Bisogna semplicemente fare una prassi unica a livello nazionale”.
Inoltre è importante che si realizzi uno scambio:”Dare vantaggi alla comunità dove vivi e con questo si può avere uno sviluppo della solidarietà e il rispetto dell’ambiente e della cultura.Per essere partecipe alla vita civile dello Stato, prima di tutto una persona deve sentirsi di essere un cittadino del mondo, solo cosi puoi contribuire a migliorare la vita del Paese dove vivi”.
Amici di ieri e di oggi
“Nella scuola dove andavo alcuni compagni non erano interessati a conoscere da dove veniavamo e chi eravamo, era difficile fare l’amicizia. Alcuni avevano un’idea a priori, una loro visione su chi io fossi”.
Malgrado ciò Djafarou non è solo perché conserva gli amici di un tempo con i quali riesce a parlare attraverso i social. “I miei amici sono quelli con i quali sono cresciuto: andavamo a scuola dal lunedì al sabato, dalle 8 del mattino fino alla sera tardi. Eravamo sempre insieme. Giocavamo a calcio, andavamo in giro per le montagne, facevamo gite. Ma anche qui in Italia mi sono fatto dei nuovi amici, italiani e non, di tanti Paesi: dall’Algeria alla Libia. Per fortuna ci sono amici qui che si prendono cura di me e mi aiutano ad inserirmi nel tessuto sociale. Senza queste persone, lontano da tutti, dalla famiglia e dagli amici d’infanzia, in un luogo dove non conosci nessuno è dura, ma grazie ai nuovi amici che mi fanno sentire meglio, posso dire che sto bene”.
A quelli che arrivano come lui da paesi lontani Djafarou consiglia “di non smettere di credere e di andare a scuola, a studiare, a cercare di impegnarsi. Se una persona è analfabeta è difficile che capisca quali siano i suoi diritti e doveri. Questi sono i problemi che hanno molti di noi, che magari non hanno avuto la possibilità di studiare. E poi se arrivi in un Paese nuovo e non hai l’opportunità di imparare qualcosa, è difficile”.
Zakaria Mohamed Ali
(10 marzo 2021)
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