Decreti Sicurezza e possibili modifiche: cosa cambia e come?

Foto di gma - Castelnuovo di porto
Foto di gma – Castelnuovo di porto

Decreti Sicurezza e possibili modifiche: il dibattito tra le forze di maggioranza è acceso. Cosa cambia e come? Una risposta comune non è ancora arrivata, alla riunione del Tavolo Immigrazione del 17 febbraio, inserita nel ciclo di incontri Agenda 2023 presieduti dal premier Giuseppe Conte, ne dovrà seguire almeno un’altra.

Dividere il concetto di sicurezza da quello di immigrazione: è questa una delle certezze di partenza. Da un punto di vista concettuale e strategico, per evitare che manchi l’intesa all’interno del governo bisogna procedere per gradi. I provvedimenti di modifica saranno due.

Rivedere un sistema che associa i due concetti come se fossero necessariamente collegati è il primo passo dal punto di vista teorico, ma sul piano pratico cosa potrebbe cambiare?

Una formula ben definita ancora non c’è: l’esigenza è quella di trovare un punto di equilibro tra chi propende per una revisione importate dei due provvedimenti, approvati a ottobre 2018 e giugno 2019, e chi vorrebbe mantenere una linea di continuità.

Ci sono diverse ipotesi al vaglio, ma i punti sorvegliati speciali sono in particolare cinque:

  • revisione delle sanzioni alle ONG che prestano soccorso in mare;
  • revisione dei permessi di protezione speciale;
  • ritorno a un sistema di accoglienza caratterizzato da percorsi di integrazione, sulla linea dell’esperienza SPRAR;
  • reintroduzione della possibilità di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo;
  • revisione dei tempi di attesa per la cittadinanza.

Verosimilmente le prime due voci potrebbero rientrare in un provvedimento da approvare in tempi più brevi, mentre le altre potrebbero essere rimandate a una riflessione più ampia.

Necessario, in ogni caso, agire sia sul primo Decreto Sicurezza, che è intervenuto sul sistema di accoglienza cambiando le carte in tavola per i migranti già arrivati in Italia, che sul secondo pensato per scoraggiare anche tutte le organizzazioni impegnate nei soccorsi in mare.

Le modifiche, però, non si fermerebbero al sistema accoglienza italiano e al Mediterraneo, stando alle ultime indiscrezioni, arriverebbero anche sull’altra sponda: con molta probabilità la riflessione porterà anche a una ridiscussione del Memorandum Italia Libia, che si è rinnovato automaticamente lo scorso 2 febbraio.

Nell’ultimo anno e mezzo le leggi che regolano l’immigrazione e l’accoglienza in Italia sono cambiate profondamente, oggi potrebbero essere modificate ancora una volta: punto per punto una panoramica dell’evoluzione prima, durante e dopo i Decreti Sicurezza.

Decreti Sicurezza e possibili modifiche: riduzione delle sanzioni alle ONG

In primo piano nella lista delle modifiche compaiono sicuramente le sanzioni per le ONG che operano in mare, introdotte dal Decreto Salvini bis.

Innanzitutto, nel testo approvato in via definitiva ad agosto 2019, si prevede una multa che va da un minimo di 150.000 euro a un massimo di un milione di euro per il comandante della nave che non osserva i divieti e le limitazioni imposte, ac si aggiungono eventuali sanzioni penali e la confisca con sequestro cautelare immediato della nave.

Prima del provvedimento non era prevista nessuna sanzione specifica. Le possibili modifiche, in questo caso, sono due e sono rappresentative dei due schieramenti che caratterizzano la discussione all’interno delle forze di maggioranza:

  • eliminarle totalmente;
  • ridurle riportandole all’impostazione della stesura originaria.

L’ipotesi più verosimile è che le sanzioni alle ONG vengano modificate riportandole all’impostazione della prima stesura del Decreto Sicurezza bis: una multa da un minimo di 10.000 euro a un massimo di 50.000 e la confisca solo in caso di reato reiterato.

Decreti Sicurezza e possibili modifiche: come cambiano i permessi di protezione speciale?

La seconda priorità riguarda la revisione delle tipologie di permesso che un migrante può richiedere: secondo i dati elaborati da ISPI, il primo Decreto Sicurezza che ha eliminato il permesso di soggiorno per motivi umanitari ha generato 26.722 irregolari, un problema di cui devono tener conto italiani e stranieri.

Il permesso di soggiorno per motivi umanitari dava la possibilità a un cittadino straniero, che scappava dal suo paese di essere accolto e protetto in Italia per una serie di motivazioni:

  • maltrattato;
  • senza possibilità di nutrire se stesso e la sua famiglia;
  • viveva in un paese senza leggi e capi giusti;
  • il suo paese era stato colpito da un uragano, terremoto, ecc;
  • non aveva possibilità di vivere in un posto dove poter crescere in modo sano e con un futuro.

I permessi speciali introdotti con il provvedimento approvato a fine ottobre assicurano protezione solo nei seguenti casi:

  • per gravi problemi di salute (vittime di tratta, sfruttamento, cure mediche);
  • se a causa di disastri naturali momentaneamente è impossibile tornare nel paese di origine senza rischiare la propria vita;
  • per premiare il cittadino straniero che abbia compiuto azioni molto importanti per la popolazione.

Anche su questo punto esistono varie ipotesi, tornare alle origini o trovare una formula di mediazione. Più probabile la seconda via, che potrebbe essere tracciata dall’articolo 10 della Costituzione richiamato dallo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al momento della firma del Decreto.

Si introdurrebbe una nuova formula di permesso speciale, valutato di volta in volta, per dare forma concreta alle parole della Costituzione:

“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Decreti Sicurezza e possibili modifiche: un ritorno al sistema Sprar?

Il sistema delineato dai Decreti Sicurezza, fondato sull’esclusione più che sull’inclusione, in questo anno e mezzo ha trovato espressione da più punti di vista: forse quello più emblematico è rappresentato dalle strutture di accoglienza. I nuovi bandi di gara hanno favorito i grandi centri e hanno lasciato spegnersi le realtà più piccole per cui è impossibile rientrare nei costi dei nuovi capitolati di gara.

Con la legge 189 del 2002 è nato il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, SPRAR, una rete di enti locali per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata: centri piccoli, possibilità di costruirsi un’autonomia, opportunità formative e di incontro, oltre il vitto e l’alloggio.

Nel 2017 erano 1.470 i gestori che garantivano in tutta Italia 53.557 posti, pari al 77% del totale dei gestori e al 32% del totale dei posti:

  • 473 fino a 20 ospiti (il 25%),
  • 611 fino a 50 ospiti (il 32%),
  • 386 fino a 100 ospiti (il 20%).

Ma a partire dalla fine del 2018, con il primo Decreto Sicurezza, il sistema SPRAR si è trasformato in SPIROIMI e le porte di accesso alle strutture sono diventate sempre più strette.

SIPROIMI è l’acronimo di Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati, accesso possibile per le due categorie. Esclusi tutti i beneficiari di protezione umanitaria e le nuove forme di protezione che l’hanno sostituita.

Tra le possibili modifiche, si fa strada l’idea di un ritorno a un sistema più vicino a quello SPRAR per ripristinare un rete di accoglienza territoriale che in molti casi ha dato buoni frutti e che è stata dismessa dai Decreti sicurezza.

Decreti Sicurezza e possibili modifiche: ripristino dell’anagrafe per i richiedenti asilo

Nella lista degli elementi da rivedere non possono mancare le regole introdotte dal primo Decreto Salvini sull’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo: a sottolinearne la necessità sono le decine di sentenze, riportate dall’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione in una lista aggiornata al 1° febbraio 2020, che riconoscono questo diritto.

L’iscrizione anagrafica è un passpartout per una serie di servizi sociali, come sussidi, agevolazioni, edilizia pubblica. Per poterla effettuare i cittadini stranieri devono dimostrare di poter soggiornare regolarmente in Italia. Con le novità introdotte alla fine del 2019 dal Decreto Sicurezza, il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo non è più valido per iscriversi, anche se costituisce un documento di riconoscimento.

In questo caso la linea delle modifiche possibili è unica: si va verso un ripristino delle regole originarie che permettono ai richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe.

Decreti Sicurezza e possibili modifiche: cambia ancora la cittadinanza

Un ultimo tema su cui cui esiste possibilità concreta di intervento è l’acquisizione della cittadinanza. Anche in questo caso, però, si tratterà di ammorbidire gli effetti del Decreto Salvini e non di procedere verso l’attesissima riforma della cittadinanza.

Anche lo scorso ottobre il parlamento ha riaperto la discussione su una legge che permetta di diventare italiani sulla base dello ius soli o ius culturae: se ne parla da 17 anni, ma le ultime modifiche sulla legge numero 91 del 1992 sono andate in tutt’altro verso.

Il testo di legge è stato modificato come segue:

  • all’articolo 8, è stato abrogato il comma 2 che prevedeva che il rigetto della richiesta poteva essere emesso solo entro due anni dalla presentazione della domanda di cittadinanza;
  • un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER), diventa necessaria per richiedere la cittadinanza.
  • il costo per le richieste di cittadinanza aumenta da 200 a 250 euro.
    il termine di definizione dei procedimenti viene raddoppiato: passa da 24 a 48 mesi, 4 anni;
  • la cittadinanza viene revocata in caso di condanna definitiva per reati di terrorismo ed eversione.

Oggi non c’è spazio per novità sostanziali o per tracciare elementi di una riforma della cittadinanza, ma l’ipotesi più plausibile è che le modifiche ai Decreti Sicurezza riportino i tempi d’attesa ai due anni previsti inizialmente.

Il quadro che emerge dal possibile pacchetto di novità, su cui la maggioranza di governo dovrà trovare un accordo, non anticipa un cambiamento radicale, ma lascia intendere una soluzione mediata tra passato, presente e futuro delle leggi sull’immigrazione e sull’accoglienza.

Rosy D’Elia
(19 febbraio 2020)

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