Manila a Roma: la comunità filippina si incontra

Piazzale Manila. A pochi passi dalla statua dell’eroe nazionale Jose Protacio Rizal i membri della comunità filippina giocano a carte, scambiano battute, condividono assaggi e ricordi della propria terra.

Momenti di svago e orgoglio nazionale. “Ci riuniamo qui con le nostre famiglie nei giorni di riposo dal lavoro, giovedì e domenica. Arriviamo nel primo pomeriggio e stiamo insieme fino alla sera”. Diovanile siede su una panchina accanto ad alcuni amici. “Noi preferiamo fare due chiacchiere, loro giocano a carte” dice indicando i gruppetti sparsi che si stringono attorno a tavoli improvvisati, immersi in un gioco simile al tresette.
L’attaccamento per questo luogo è legato alla presenza della statua di Jose Protacio Rizal, eroe nazionale ucciso nel 1896 durante lotta per l’indipendenza. Ed è nella adiacente piazza Ankara che ogni anno si celebra la festa che ricorda la liberazione delle Filippine dalla dominazione spagnola.
Una porzione di città che la comunità filippina vive ormai come propria: “Durante gli incontri c’è sempre uno di noi incaricato di raccogliere i rifiuti e una volta al mese l’Ambasciata delle Filippine manda del personale a pulire la piazza”. Per l’illuminazione si sono organizzati con torce portate da casa. “Abbiamo chiesto al Comune di realizzare una toilette nel parco, a nostre spese, ma siamo ancora in attesa”.

Amati dagli italiani. Diovanile è arrivato nel nostro paese all’età di 23 anni e da 13 lavora in una famiglia come collaboratore domestico: “Vivo nella loro casa insieme alla mia compagna e al nostro bambino di 8 anni. Sono delle brave persone, provvedono a mantenere gli studi di mio figlio”.
Elpidio è un ex militare da 30 anni in Italia: “Da noi chi si arruola può decidere, con cadenza triennale, se restare nelle forze armate oppure congedarsi. Rischiavo di finire a Mindanao, dove dagli anni ‘70 va avanti una terribile guerra tra governo centrale e separatisti islamici. Quindi ho lasciato l’esercito e sono venuto qui”. Oggi lavora come portiere in una palazzina di via della Fornace. Sua moglie è badante. “Mi trovo bene con gli italiani, hanno cuore”.
Nelle Filippine il lavoro non manca: “Però gli stipendi non bastano. Se vuoi garantire un futuro ai tuoi figli devi andare via”. “Qui in un anno guadagni l’equivalente di tre anni nel nostro paese”. In Italia il compenso medio si aggira sui 700 euro al mese per chi ha un impiego a tempo pieno. “Mandiamo aiuti ai nostri parenti nelle Filippine e cerchiamo di garantire  l’istruzione di nipoti e cugini”.
La crisi economica e la crescita dei flussi migratori rendono oggi più ardua la ricerca di un’occupazione: “Tuttavia verso di noi notiamo una preferenza perché siamo persone affidabili e non tassative sull’orario. Quando il nostro datore di lavoro ha bisogno di una mano non ci tiriamo indietro”.

Cibo condiviso. Ogni tanto qualcuno si avvicina e affonda una forchetta nei piatti disposti su un banchetto allestito davanti alla panchina: “Questo è il dinakdakan, un piatto tipico del nostro paese. È preparato con orecchie e guance di maiale, aceto, sesamo e cipolla. Qui invece c’è l’adobo, pollo marinato con aceto, aglio, cipolla, soia e peperoncino”. Gli scambi culinari sono graditi: “Qualche volta alla famiglia per la quale lavoro cucino i pancit bihon, spaghetti di riso passati in aglio, olio e cipolla, con l’aggiunta di pollo o maiale, carote, pepe bianco, aceto e soia”. Tra le ricette italiane i più apprezzati sono i primi: “Lasagna, carbonara, pasta al pesto”.

Un pizzico di nostalgia. Alcune tradizioni si possono vivere soltanto nel proprio paese: “In questo periodo nell’isola di Panay si svolge il Dinagyang Festival, festività in onore di Santo Niño. Viene organizzata una grande competizione tra tribu di danzatori e percussionisti composte da circa ottanta persone. Tutti si dipingono di nero e indossano costumi colorati fatti di mais, riso e lenticchie. È un grande evento, seguito da turisti che arrivano da tutto il mondo”.
Non sempre è possibile tornare a casa per partecipare alle feste: “Sono 3 anni che non vado perché è una grossa spesa, accumulo denaro per il viaggio e… spero in un colpo di fortuna giocando al gratta e vinci”.

Sandra Fratticci
(26 gennaio 2012)