Terre senza promesse. Storie di rifugiati in Italia

“Storie di persone ordinarie messe dalla vita in situazioni straordinarie” così definisce le testimonianze, raccolte dal Centro Astalli in Terre senza promesse, Chiara Peri una delle curatrici del progetto nel booktrailer proiettato durante la presentazione del testo in villa Leopardi, biblioteca del Comune di Roma immersa in una piccola macchia di verde sulla Nomentana.

Dieci storie dal Corno d’Africa Lampedusa, estate 2008. Mentre è in fila in attesa di essere registrato Alì, di origine somala, conta. Cerca di ricordare quanti erano sulla barca, dividendo le persone per nazionalità. “Contare mi rassicura, mi aiuta a capire. Cerco di farlo sempre. E cerco per quanto possibile, di non dimenticare”. In quella fila all’appello mancano dieci persone; sono rimaste in mare. Dieci, tante quante le storie – più fortunate – raccolte in Terre senza promesse. Storie di Rifugiati in Italia. Dieci viaggi uniti dal territorio di provenienza, il Corno d’Africa che comprende Eritrea, Etiopia e Somalia.

Dieci grandi scrittori italiani Ciò che accomuna queste storie, uniche e universali allo stesso tempo, è l’essere introdotte da preziose firme italiane quali Andrea Camilleri, Antonia Arslan, Melania Mazzucco, Gad Lerner, Erri de Luca. “Volevamo arrivare oltre il range di persone che per interesse o lavoro conoscono la realtà dei rifugiati: alle famiglie e ai giovani” spiega Donatella Parisi. “Quella dei rifugiati è una realtà di cui televisione e giornali parlano in maniera parziale e non veritiera”.
“I meccanismi della comunicazione sono diventati così veloci che basta spostare di qualche istante la notizia e la comprensione del suo senso per ottenere, senza pagare dazio, un nuovo tipo di alibi” scrive Giovanni Maria Bellu introducendo la storia di Zakaria Mohammed Alì, giornalista freelance somalo in Italia dal 2008, oggi ventottenne e collaboratore di Più Culture. Questa informazione falsata ci racconta degli sbarchi a Lampedusa. Ma non ci dice che in realtà l’arrivo via mare è solo uno dei modi e il meno frequente per approdare in Europa. Non ci dice che il ricongiungimento familiare lo si può fare solo con i genitori o i figli, a patto che siano minorenni, e non tra fratelli e/o sorelle. Spesso chi parte è scelto a tavolino. La famiglia investe speranza e averi sul più forte, colui che può farcela.

Donatella Parisi durante l'incontro in Villa Leopardi

L’Italia paese di frontiera, purgatorio dell’Europa I media non ci dicono inoltre che in Italia non esiste un sistema di regole e di leggi organiche, è un limbo che vede i rifugiati abbandonati a se stessi privi di programmi di inserimento sociale e lavorativo. “Il centro Astalli da sempre cerca di accompagnarli nel percorso della richiesta d’asilo e, una volta ottenuto, di dare loro opportunità di inserimento nella vita sociale e lavorativa italiana.”

Le nuove generazioni àncora di un futuro possibile Sensibilizzare è obiettivo primo di questo testo, “i giovani hanno gli strumenti per una  reale integrazione. Sono in costante contatto tra loro. Il 40% dei ragazzi a scuola è straniero” spiega Donatella. La cosa che l’ha colpita durante gli incontri organizzati nelle scuole superiori è lo scarto che c’è tra un ventenne originario del Corno d’Africa e un ventenne italiano. “Non sono minimamente paragonabili, i giovani richiedenti asilo hanno consapevolezze e autonomie di tutt’altro livello. E poi, sono rimasta perplessa. Avevamo scelto le grandi firme proprio per attirare l’attenzione dei ragazzi. Troppo spesso invece erano nomi sconosciuti, e bisognava trovare collegamenti televisivi o spiegare chi fossero. La sensibilità ed empatia è molto sviluppata, la conoscenza letteraria un po’ meno”.

In questi dieci racconti biografici se da un lato c’è qualcosa di universale dall’altro “sono storie individuali, perché ogni uomo è diverso dall’altro. L’integrazione non significa assimilazione della cultura ospite, ma usare la lingua del nuovo paese come veicolo di trasmissione della proprio bagaglio. E’ la parola che ci permette di manifestarci e di conoscerci reciprocamente”, conclude Donatella.

M. Daniela Basile
(31 maggio 2012)