Dietro due squadre africane di un torneo calcistico romano

Anibal, portiere del Capo Verde al Mundialido

Gli africani del girone A (calcisticamente agli antipodi). Il Mundialido è un torneo calcistico multiculturale che si svolge a Roma in zona Centocelle da fine maggio a fine giugno.

Cosa c’è oltre goal, falli e speranze di coppe delle squadre africane del girone A, Capo Verde e Senegal? Calcisticamente parlando, almeno per quest’anno, i risultati di queste due squadre non potrebbero essere più distanti: Capoverde nella prima fase vince 3su3, Senegal perde 3su3.

La squadra di Capo Verde è quella che dalla fondazione del Mundialido nel lontano 1999 ha accumulato il maggior numero di coppe – ben 4 – e che anche quest’anno dice il capitano Amilcar Soares Silva sta puntando quell’obiettivo. Anche se in realtà l’ultima coppa del Capo Verde è del 2009 … e solo l’anno precedente campione … era proprio il Senegal.
Il primo di giugno Capo Verde ha battuto 4 a 2 il Senegal in una partita relativamente semplice; proprio quest’ultimo poi ha terminato ultimo di girone venendo sopraffatto (11 a 5) dal Paraguay venerdì 8 giugno. Se nella partita contro Capo Verde il Senegal un po’ si difende con un goal del numero 22 Abdou su rigore al 37’ del secondo tempo e di lì a poco il numero 5 Ndiaga, questo venerdì contro il Paraguay – in cui la demotivazione è forte per entrambe le squadre già escluse – il problemaprincipale non ha a che vedere col gioco in sé. La squadra è decimata da infortuni, assenti e ritardatari: saranno in sette giocatori contro undici nel primo tempo e nove nel secondo. Come dire un Senegal che perde solo 11 a 5 contro la squadra sudamericana va valutato … un ottimo risultato.

Il rigore riuscito di Abdou: primo goal del Senegal contro Capo Verde. Al 37', 2° tempo

Amilcar&sons. Il capitano della squadra capoverdiana è il numero 8 Amilcar Soares Silva: estremamente in forma anche se 39 enne. “Mi alleno quattro volte a settimana: il calcio ovviamente per me è una passione profonda” Milanista: “Si cambia l’amore ma non la squadra. Sono in Italia da 13 anni in Italia, era l ’ottobre del ’99. Prima ho girato molto il mondo: come marinaio mercantile. La casa dei miei genitori era a 500 metri dal mare” Vive con la moglie, capoverdiana anche lei, che però giunge nella capitale prima, nel 93, secondo quello che per altro è il tipico schema migratorio di questa popolazione. Soares Silva vive e lavora a Pomezia ormai da molti anni come custode in un’azienda che si occupa di prodotti cosmetici, dermatologici ed integratori. “Ad introdurmi nel mondo del lavoro italiano è stato un caro amico capoverdiano, morto precocemente per altro, che era nel settore dell’edilizia. Il portoghese (la lingua ufficiale colonialmente imposta a Capoverde, ndr) inizio a ricordarlo poco. Quando mi è capitato di andare in Portogallo ogni 5 parole portoghesi ne dicevo almeno un paio italiane. Ovviamente resta invece vivo il creolo” la lingua a trasmissione orale nelle mura domestiche, la lingua delle madri. “Mia madre ora è a Capoverde, ma ha vissuto molti anni in Italia, fino a 5 anni fa per l’esattezza.” A conferma di un trend migratorio: la residenza ce l’ha in Italia e “una due volte l’anno viene qui”.

Ivan Romario Diniz Silva festeggia con i compagni. Goal al 25' del 2° tempo contro il Senegal
Il capitano Amilcar della squadra capoverdiana

Lo sport è un aspetto centrale nella famiglia di Silva: i due figli maschi seguono le impronte del padre. Il più grande, 19 anni, Ivan Romario Diniz Silva, è il numero 20 di Capoverde in campo. Ivan contro il Senegal ha fatto la metà dei goal, gli altri per la cronaca sono nel secondo tempo del 22 Edi Silva Mendes e allo scadere del 13 Nelson Fortes de Brito.
Il figlio più piccolo di Amilcar, Ernesto, 12 anni, per struttura fisica si sente più versato per l’atletica nella quale riesce molto bene, visto che se non fosse per una tendinite, il 31 maggio sarebbe stato sulle piste del Golden Gala … quello dove tra i professionisti c’è il campione Bolton. “Specialità di Ernesto? Salto in lungo, 50 metri, staffetta.” Dice decisamente orgoglioso Amilcar.

Nuovi arrivati e G2. Pochi studi, lavori semplici, casa&genitori, apatia. “Ci alleniamo tre volte a settimana. Siamo ragazzi principalmente tra i 19 e i 23 anni e stiamo per lo più a Roma” mi dice Anibal, portiere della squadra capoverdiana. Alle domande i ragazzi, che man mano spuntano dallo spogliatoio post doccia, rispondono a metà e di sguincio senza aprirsi particolarmente. “Qualcuno studia all’università. Pochi. Buona parte o ha fatto il liceo, o neanche lo ha terminato. Ora c’è chi è cerca di occupazione, qualcuno lavora, altri stanno a casa. E’ più facile che fermo ci stia chi è nato qui (le cosiddette G2, seconde generazioni. Ndr) o comunque è arrivato da piccolo. Chi è venuto in Italia più di recente è qui per il lavoro e accetta più di buon grado anche lavori umili. Ivan Romario, il figlio di Amilcar, fa il muratore al momento

Padri “ballerini”. Di 22 anni, Anibal, portiere è tra i pochi disposti a raccontarsi. È arrivato a Roma intorno ai 15 anni: è qui con la sorella e la madre. Dice di contribuire al budget familiare. Il padre è sparito con un’altra donna quando stava ancora a Capo Verde lasciando sorella e madre a crescerlo: la sorella che ora è sposata sta a Padova dove svolge il lavoro tipo della donna della diaspora capoverdiana: la colf. In patria la sorella era un’insegnante di disegno tecnico: “E’ stata anche la mia insegnante” mi dice con un sorriso tenero Anibal. Tra i ragazzi c’è chi il padre non lo vede da tempo, perché “non è facile vederlo. Mio padre ha avuto figli con varie donne di cui una sola è la moglie. Io non sono il figlio di quest’ultima: mio padre sta maggiormente con la famiglia ufficiale. Ho tutto una serie di sorellastre e fratellastri: in totale ssiamo dodici. Per me non è un problema, ho un ottimo rapporto con mio padre; anche mia madre ha un ottimo rapporto con lui e la moglie. Specie nei decenni passati era abbastanza consueto per un uomo avere figli da più donne. Da noi il costume è, e sicuramente in passato era, diverso dal vostro: le donne non mogli grosso modo si adattavano, senza fare troppe domande o richieste”. L’intervista alla presidente dell’Associazione Donne Capoverdiane in Italia

Senegal: difficoltà a comunicare e una situazione che sembra più precaria. Alla fine della partita giocata in minoranza contro il Paraguay, i senegalesi oltre che poco tempo hanno poca voglia di parlare.
A Mass, il numero 7, in campo con altri due fratelli, è un po’ stanco e parla più volentieri in francese, usare la sua lingua coloniale gli risulta meno faticoso. È arrivato nel 2008: allora aveva 25 anni : ha una compagna che è portoghese, ma di fatto di origini capoverdiane: fa la badante. 8 mesi fa è nato il loro figlio. Mass, con studi terminati a 14 anni, da 12 fa il tecnico di parabole: lo faceva in Senegal ed è riuscito a mantenere anche qui lo stesso lavoro.”Con gli altri senegalesi mi incontro una volta l’anno. Non immagino il futuro, per ora per me c’è il presente”
Un altro giocatore è in Italia dal 2004: “Ho provato due volte ad ottenere il permesso di soggiorno” dice con aria poco convinta “sono irregolare, da 8 anni, vendo roba per strada, come molti senegalesi”.

Marco Corazziari
14 giugno 2012