“Le culture si possono incontrare in molti modi utilizzando l’arte, i film, i racconti. Noi abbiamo scelto di usare la musica che riesce a raggiungere questo obiettivo grazie al suo linguaggio universale, in grado di superare gli ostacoli più insormontabili”. Con queste parole Bob Salmieri, esponente di Cultural bridge e direttore artistico dell’evento, ha presentato il festival musicale La Musica delle Radici che avrà inizio venerdì 14 marzo con la presentazione del nuovo album “Sicilia araba” dei Milagro acustico. Le serate si svolgeranno nel centro policulturale Baobab in via Cuna 5, e vedranno la partecipazione di grandi interpreti della musica etnica.

Dal Flamenco Tango Seapolis, un interessante progetto che unisce musica partenopea e danza argentina, ai Fleurs do mar, passando per i Neilos, gruppo etno-rock, i Mediterranti e molti altri . Il tutto si concluderà il 30 maggio, con la performance finale di Entropia una particolarissima “collisione tra suoni acustici e digitali, fra melodie ancestrali e pulsioni tecnologiche”. Un programma molto ricco dunque per gli ospiti del centro, luogo “perfetto per la musica” a detta dello stesso Salmieri: “La scelta di Baobab non è casuale. L’idea di un luogo autogestito da immigrati, che ogni giorno permette a tante culture diverse di incontrarsi, ci è sembrata la migliore per dare vita concretamente al festival. La speranza è che partecipino più persone possibili, italiane e non, in modo da renderlo un appuntamento permanente anche per i prossimi anni”.
Entrando nel centro in effetti si capisce subito che questo posto sia nato per permettere l’incontro tra più culture come spiega Daniel Zagghai, che lo coordina: “Gli arredamenti sono stati scelti anche dai ragazzi che vivono qui, per questo motivo si trovano richiami all’arte africana così come quelli alla cultura araba e asiatica. Anche i colori delle pareti li abbiamo scelti con loro: il giallo del deserto,che hanno dovuto attraversare per arrivare qui, il blu del mare che hanno visto per giorni prima di entrare in Italia ed infine il rosso del sangue che rappresenta le persone care che non ce l’hanno fatta”. Una scelta forte dunque, ma che Daniel giustifica: ” La volontà di molte presone è quella di non dimenticare, è per questo che abbiamo scelto di mantenere così vivi i loro ricordi, anche quando sono dolorosi. La musica ha un ruolo importante da questo punto di vista, e noi organizziamo corsi per insegnare a suonare ai ragazzi che entrano qui. Quello che spesso non si capisce è che la cosa migliore per aumentare il livello d’integrazione, è proprio quella di far sentire queste persone accolte e fargli fare esperienze “normali”, come un corso di musica, prima di gettarli nella mischia di una città caotica come Roma. Speriamo che questo festival possa avvicinare ancora di più la cittadinanza e i nostri ospiti per creare un clima costruttivo tra le varie comunità”.
Adriano Di Blasi
(12 marzo 2014)
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