Baobab: unico centro d’accoglienza gestito dagli immigrati, esempio da replicare

“Non siamo gli accolti! Come promotori di cultura siamo noi ad accogliere i cittadini. I centri di accoglienza sono dei luoghi di cultura”, spiega Daniel Zagghay, rappresentante del Centro Policulturale Baobab di via Cupa 5, che è l’unico centro d’accoglienza gestito, da 10 anni, da immigrati. “Si parte dal concetto che gli immigrati di qualunque provenienza non conoscano la lingua italiana, alcuni la comprendono ma non la parlano bene, però sono persone senza patologie, sono autonome e possono gestirsi da sole, non hanno bisogno di operatori e mediatori. Non perché sono delle persone sfigate o in difficoltà, devono vivere in un posto disagiato, anzi, questo centro è diventato un luogo familiare per loro”. I rappresentanti del Comune di Francoforte, dopo aver visto e studiato il centro, hanno chiesto di replicare l’esperienza nella loro città „E’ la dimostrazione che la nostra struttura ha una portata culturale immensa, in Italia è l’unica di questo tipo. Non si è realizzato un posto uguale perché nessuno vuole dare il potere agli stranieri, perché si pensa che l’immigrato non sia autosufficiente”.

mali 068La struttura è offerta dal Comune di Roma, ospita 215 immigrati che hanno chiesto asilo come rifugiati, tra loro solo 60 sono seguiti dal comune, tutti gli altri ospiti devono autogestirsi. Il Centro Policulturale Baobab realizza una mensa sociale che offre da mangiare una volta al giorno non solo alle persone della struttura, ma a tutti coloro che, nella zona, si trovano in uno stato di difficoltà temporaneo. „Cerchiamo di fornire delle condizioni di vita più umane alle persone: non solo farli dormire la notte e poi buttarli fuori la mattina, impedirgli di portare gli amici, non farli sentire a casa, non assisterli, bisogna dar loro un luogo accogliente, che possono gestire da soli”. Il posto è stato creato inizialmente da eritrei, etiopi, sudanesi e somali, oggi passano da lì 17 nazionalità, maggiormente del centro Africa e afgani. Si fermano non più di 3-4 mesi perché hanno il loro progetto migratorio, vanno in altri paesi europei del nord dove trovano servizi, assistenza e maggiori possibilità di inserirsi. Quelli che rimangono a lungo sono quelli con qualche problema in più: alcuni stanno qui da 4 anni. Sono accolti tutti, in base alla disponibilità: oltre le 60 persone che sono mandate dal Comune di Roma, gli altri chiedono la prima assistenza, poi gli uffici li orientano verso i vari servizi.

„Sono 10 anni che stiamo qui e non ha mai litigato nessuno: rispetto ai centri d’accoglienza dove succedono cose brutte, la polizia non è mai venuta. Perché abbiamo addottato il metodo tribale di autogestione e tutti i problemi si risolvono all’interno della struttura. Questo metodo permette di risolvere qualsiasi tipo di conflitto: di non cronicizzare le problematiche ma di risolverle con il dialogo”, racconta Daniel, con alle spalle un’esperienza di 20 anni come psicologo e mediatore culturale. Gli ospiti sono molto attivi durante il giorno: vanno a lavorare, si spostano nei centri esterni per imparare l’italiano, per curarsi si rivolgono alle Asl. La mensa sociale non ha orari, è aperta da mezzogiorno fino alla sera, quindi chiunque può venire in qualsiasi momento a mangiare o a portare via il cibo, in questo modo si evita la fila. In cucina lavorano i cuochi fissi, poi a turno danno una mano i volontari, che si occupano anche della manutenzione di tutto l’edificio: elettricisti, pittori, c’è chi fa le pulizie.

mali 103Il Centro Policulturale Baobab, ex vetreria industriale dismessa, è stato ristrutturato dagli ospiti stranieri: hanno realizzato le camere, i bagni, gli uffici, la mensa sociale, degli studi per la musica, la sala registrazioni, la sala per la formazione e i convegni, i ristorante, il bar, con tanto di biliardo. Oggi è considerato punto di incontro e di dialogo tra culture diverse. „E’ l’unico posto in Italia come centro d’accoglienza dove i cittadini vengono accolti per fare attività culturali, non per la solidarietà, ma per convenienza: se le mamme organizzano il compleanno del figlio è perché gli piace il posto e i prezzi sono solidali. L’idea è il concetto di trasformazione della struttura: invece di chiedere il sostegno, ti do i servizi, siamo noi che facciamo la solidarietà a noi stessi, lavorando”, continua Daniel. Il centro è visitato da tanti italiani per serate, eventi, scambi culturali, cene, feste, ma non si mantiene solo con questo, le spese sono maggiori. Ci sono le persone che sostengono Baobab anche con pochi soldi, gli ex-ospiti, che sono migliaia, mandano qualcosa dai paesi dove risiedono. Alcuni pagano l’affitto per vivere qui: 30 euro al mese. ”Facciamo l’adozione di prossimità: invece di adottare un bambino all’estero adottiamo un rifugiato qui”.

mali 099„Siamo sempre in lotta per i diritti: gli immigrati non sanno tante cose dell’Italia, perché non si rende facile l’accesso alle informazioni, non c’è apertura. Per esprimere la propria voce devi poter votare. Ai consiglieri aggiunti non si dà il diritto di voto perché qualcuno ha detto che in questo modo chiederebbero sempre di più”. Daniel sottolinea che si fa pochissima intercultura tra gli stranieri, che le comunità straniere non interagiscono tra di loro. Anche se sta in Italia da più di 30 anni e ha la cittadinanza, per strada la gente lo percepisce sempre come un immigrato, si parla poco delle persone integrate, si dà sempre spazio alle storie negative che sono in minoranza. Riguardo al ministro dell’Integrazione Kienge, aggiunge: „Non ho bisogno di una faccia nera per risolvere i problemi dell’immigrazione, ma di qualcuno che lotti per me affinchè io abbia pari dignità come cittadino”.

Raisa Ambros(08 gennaio 2014)

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