“I giovani rifugiati politici ai quali abbiamo dato accoglienza in questi anni attraverso la rete Welcome, sottraendoli ai pericoli del vivere per strada, possiedono un’energia e un coraggio incredibili, tutti hanno vissuto nel loro passato situazioni terribili”. Il primo ospite è stato un ragazzo liberiano, era il maggio 2010 poi, in ordine sparso, un giornalista del Bangladesh, Afigal un giovane afghano, Braini dalla Mauritania, Amidou un poele del Mali e Karimi, e un altro ragazzo afghano, e ancora Chivez, poche le ragazze: Malia veniva da una regione lungo il fiume Senegal, un’area dove la tradizione delle mutilazioni genitali femminili era molto radicata.Brigitte e Michel Donzel li hanno accolti nel loro appartamento rispondendo all’invito della rete Welcome di JRS Francia nella quale sono incappati per caso. Frequentano abitualmente i gesuiti, un giorno a Chapelle sur la Gare una famiglia che faceva accoglienza, costretta a partire improvvisamente, cercava qualcuno disponibile a sostituirli nell’ospitalità. “Noi potevamo, i nostri figli vivevano ormai fuori casa e in fondo quell’esperienza l’avevamo già fatta alcuni anni prima quando uno degli allievi di mio marito – che insegnava parte dell’anno alla scuola quadri dell’Africa Occidentale William Ponty – si presentò sulla porta di casa nostra. Allora per me non fu facile averlo come ospite, non capivo” prosegue Brigitte “avevo i bambini piccoli, mentre lavoravo durante il giorno lui mi guardava muto”.“Oggi l’accoglienza che prestiamo ai richiedenti asilo e ai rifugiati politici attraverso Welcome è tutta un’altra cosa: l’ospitalità è per un periodo limitato di 4, 5 settimane e non più di quattro volte l’anno, è un impegno non vincolante, ognuno rende noto i tempi nei quali è disponibile a ospitare. E’ fondamentale la forte rete di supporto che prevede un tutore, un insegnante di lingua e un mediatore culturale, oltre alla struttura centrale di Welcome”.La famiglia continua la sua vita quotidiana alla presenza di un ospite speciale, i giovani rifugiati escono la mattina, soprattutto i maschi, un po’ meno le ragazze, e ritornano la sera, hanno molte cose da fare: trafile burocratiche, studio, controlli medici. Il ritmo della vita quotidiana della famiglia non viene turbato, “la sera si cena insieme agli ospiti, all’inizio non parlano, spesso vogliono sdebitarsi, collaborare, lavare i piatti. E’ capitato anche che ci abbiano portato del cibo, Hussein al quale avevamo regalato un dizionario, ci ha donato Mille soleils di Khaled Hosseini: è la volontà di essere in una relazione di reciprocità”. Sono quasi tutti religiosi, per loro la religione è una forza, Brigitte e Michel lo hanno capito fin da quando nel 2006 hanno realizzato un’associazione mista franco senegalese per il microcredito per aiutare i giovani del Senegal: agricoltori, allevatori di pulcini, parrucchieri, albergatori. “Noi siamo credenti e di sinistra, loro erano molto marxisti, sono diventati islamisti, non estremisti, vivono la religione come rifugio, non come militanza e lo stesso è per i ragazzi che abitano a casa nostra”.“Se un ospite fa qualcosa che per noi è strano e perché non conosce le nostre regole, le sue sono diverse. Se le regole non si conoscono non si possono inventare come nel caso di Ibrhaim della Costa d’Avorio, non mangiava, avevano bruciato i suoi genitori e lui era vissuto per dieci anni in un campo, gli mancava il modo di relazionarsi. Un giovane afghano si vergognava di sedersi a pranzare con noi, un altro non riusciva a mangiare a tavola perché non poteva comunicare. Un altro ancora è stato in difficoltà quando sono arrivati i nostri figli, veniva dalle montagne dell’Afghanistan, non era talebano, ci ha spiegato che non poteva guardare una donna che non fosse di famiglia, ma qui doveva fare diversamente e ha preso nota della sua diversità. Chivez invece, non stava bene, era reticente, a Pasqua abbiamo organizzato un pic-nic al bois de Fointenbleau e gli abbiamo proposto di venire. Era raggiante di essere immerso nella natura, finalmente avevamo capito cosa non andava nell’accoglienza: la città, non aveva mai vissuto in un centro urbano, gli mancava la vita all’aria aperta”.“I giovani rifugiati politici hanno bisogno di calore umano, da noi capita che incontrino qualcuno dei nostri dieci nipoti, adorano giocare con loro, perché con i bambini è possibile una comunicazione non verbale, gli piace, hanno l’idea di ricostruire qualcosa”.
Brigitte e Michel vivono in una casa in affitto, nessuno nel condominio ha mai avuto da ridire sulla presenza dei loro ospiti,semplicemente avvertono il portiere quando a casa vive una persona in più. La sera quando ci sono i giovani richiedenti asilo non guardano la tv, ma parlano con loro, “siamo persone normali, non eroi, l’accoglienza dei ragazzi non incide particolarmente sul nostro stile di vita. Se non avessimo questi ospiti saltuari che vengono da altri continenti, ci mancherebbero, come sentiremmo la mancanza dell’ambiente della rete Welcome, ci ha dato molti amici, c’è fraternità fra i suoi componenti e piacere a fare le cose insieme”. (2.fine)Nicoletta del Pesco(18 giugno 2014)
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