Asilo politico in Italia a chi sbarca in Sicilia? No grazie

richiedenti asilo politico
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Stranieri dalle coste dell’Africa invadono l’Italia: venerdì 13 giugno, ore 7 del mattino, autostazione Roma Tiburtina, il piazzale è frequentato in maniera insolita, molte persone di colore affollano le panchine, i marciapiedi, non hanno bagaglio, sono in prevalenza uomini, alcuni poco più che ragazzi, le donne sono una sparuta minoranza. Arriva un pullman da Salerno e i gruppetti si animano, qualcuno si avvicina, si aprono le porte e altri giovani africani si riversano sulla banchina. L’accoglienza è contenuta, ma traspare il piacere di rivedersi: abbracci, mani che si stringono, sorrisi di chi si sente sulla strada giusta. Scappano dalle guerre, a Roma solo di passaggio, la maggior parte non chiederà asilo politico in Italia, come si affanna a spiegare l’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, dal 1951 la principale organizzazione intergovernativa in ambito migratorio.Arrivano dalla Sicilia, o meglio dal canale di Sicilia, 50mila nel 2014, non migranti economici ma potenziali richiedenti asilo politico, “persone in fuga da guerre e regimi:  i paesi di origine più rappresentati sono autostazione tiburtina dalla quale partono e arrivano i richiedenti asilo politicol’Eritrea, la Siria e la Somalia” chiarisce Flavio Di Giacomo dell’OIM. La Germania, 80 milioni di abitanti, nel 2013 ha riservato accoglienza a 126mila richieste d’asilo, per non parlare del Libano, 4milioni di abitanti, e 1 milione di rifugiati dalla vicina Siria (dati OIM).Sicilia porta d’Europa. Mentre gli sbarchi, e le morti, si perpetuano nel canale di Sicilia sabato 14 giugno: 10 morti e 50 dispersi segna il bollettino di guerra si alzano le voci delle istituzioni  da quella di Giusi Nicolini sindaco di Lampedusa, al ministro degli Interni Angelino Alfano “Mare nostrum non può andare avanti con le sole forze italiane perché il mare Mediterraneo è una frontiera europea”, lo ribadisce la titolare degli Esteri Federica Mongherini “noi non ci giriamo dall’altra parte ed è bene che non lo faccia l’Europa”.Fuga dai centri. Gli stranieri privi di regolarizzazione che riescono a raggiungere le coste italiane passano dai CDA, strutture destinate a garantire una prima accoglienza, limitata al tempo strettamente necessario per stabilire l’identità e la legittimità della permanenza e nei CARA dove viene “inviato e ospitato il richiedente asilo politico privo di documenti di riconoscimento o che si è sottratto al controllo di frontiera, per consentire l’identificazione o la definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato”.  La situazione dei centri di accoglienza sovraffollati, è sintomo di un’emergenza complicata da governare, ma che nasconde una problematica più complessa e consolidata nel tempo: la gestione dei richiedenti asilo che scelgono di restare in Italia. Infatti per la Convenzione di Dublino il paese in cui si è identificati per la prima volta è quello nel quale il migrante dovrà fare richiesta d’asilo, ma a dimostrazione che l’Italia non è la meta ultima del viaggio: la maggior parte degli stranieri scappa la notte stessa dell’ingresso nei centri.La minoranza che decide di restare in Italia comincia la trafila per la richiesta di asilo politico, un percorso lungo e non privo di falle, come hanno dimostrato anche le proteste degli ospiti dei centri: dalle bocche cucite che nei mesi scorsi hanno fatto il giro dei telegiornali del mondo, ai blocchi stradali della settimana scorsa nei pressi del CARA di Castel Nuovo di Porto.  Grazie all’impegno  di molti il percorso dell’accoglienza può battere altre strade… ma questa è un’altra storia. (1.continua)Nicoletta del Pesco(15 giugno 2014)Leggi anche:Ammazzare il tempo: Suor Eugenia ci racconta le immigrate nel C.I.E. di Ponte GaleriaSenato: sì alla depenalizzazione del reato di clandestinitàInserimento rifugiati, una realtà da rendere sistematica45 rifugiate eritree scrivono alla presidente Laura BoldriniLe donne del C.a.r.a. di Anguillara dove finiranno?I migranti manifestano a Roma, “ma quale accoglienza?”Ritorno alla “tragica normalità”. Nel C.I.E. di Ponte Galeria con Be Free