
“Il messaggio per i genitori pakistani è di imparare l’italiano per integrarsi bene in Italia e anche di fare il possibile per inserire i loro figli nelle scuole della penisola”, con queste parole l’ambasciatore Tehmina Janjua accoglie gli ospiti il 28 settembre al Festival del Pakistan, aprendo le porte dell’ambasciata e dell’ampio giardino con l’obiettivo di promuovere la cultura e le tradizioni del suo paese.
Gli italiani, semplici cittadini e rappresentanti delle istituzioni, i diplomatici e la comunità pakistana hanno partecipato con gioia al Festival dei colori, dei sapori e degli aquiloni in una giornata di sole, allietati dalle musiche tradizionali di un gruppo arrivato dal Pakistan per l’occasione. I bambini sono stati i più entusiasti: hanno potuto scegliere tra il divertimento con gonfiabili e animazione e le evoluzioni degli aquiloni, una tradizione molto diffusa in Pakistan .
“Siamo qui per far conoscere le nostre usanze all’Italia che consideriamo la nostra casa, ma il nostro pensiero va al ragazzo pakistano ucciso a Tor Pignattara con ripetuti colpi alla testa da un gruppo di giovani italiani; questa sera parteciperemo alla fiaccolata organizzata in sua memoria”, dice Ayub, un dipendente della tavola calda Ali-Babà presente con lo stand di shaorma. Conosceva il giovane ucciso, offriva spesso da mangiare al suo connazionale perché malato e senza lavoro.
Hanno molte cose da dire i lavoratori pakistani, sarebbe un’occasione per sfogarsi per tante ingiustizie, non possono fare a meno di notare che le leggi dovrebbero essere uguali per tutti. “Vorremmo chiedere agli impiegati pubblici di avere più pazienza con gli stranieri e di aiutarci a compilare i documenti, anche noi lavoriamo, per noi è difficile tornare più volte negli uffici”.

“Il Festival è anche l’occasione per premiare un giovane per i suoi successi scolastici”, dichiara l’ambasciatore Tehmina Janjua. Quest’anno la borsa di studio di mille euro è andata a Foqia Amjad, 18 anni della provincia di Viterbo. “Ho sempre amato leggere, per crescere, diventare importante, per dimostrare ai maschi che anche le donne possono fare delle cose significative. Desidero essere un esempio per le ragazze che vogliono imparare un mestiere invece di sposarsi e trasformarsi in casalinghe”, racconta Foqia. Arrivata in Italia a 5 anni, parla meglio l’italiano del pakistano. Il suo sogno è di studiare medicina, ma vista la congiuntura economica pensa che userà i soldi per aprire un negozio di abbigliamento etnico per i connazionali. “Mio padre ha perso la vista e non può più lavorare, mia madre è asmatica, ho un fratello più piccolo e devo pensare io a mantenere la famiglia”. Le donne pakistane sono prevalentemente casalinghe, sposate a 18 anni ma fidanzate dall’età di sette anni, difficilmente continuano a studiare dopo la quinta elementare. Anche molti i maschi considerano lo studio una perdita di tempo e purtroppo sono gli unici a guadagnare in famiglia, la maggior parte sono operai nel settore delle ceramiche.
Alla festa nei giardini dell’ambasciata c’erano diversi uomini che con la loro attività professionale hanno avuto successo in Italia: proprietari di negozi di abbigliamento, di gioielli, di artigianato, ristoratori. “Consiglio agli stranieri di tentare un’attività propria perché il lavoro non è sicuro. Ho aperto un laboratorio di dolci pakistani e fornisco della merce su ordinazione in tutta la penisola”, spiega Azif. I suoi clienti, oltre l’ambasciata, sono tanti bengalesi, indiani, cingalesi, pakistani, marocchini ma ancora pochi italiani. Le specialità hanno alla base il latte in polvere, l’olio di girasole, la farina di ceci e lo sciroppo di zucchero.
“Gestisco il ristorante da 11 anni, lavoriamo al 98% con gli italiani o turisti,” spiega Mahmood mentre presenta gli ingredienti scritti sul menu e raccomanda agli ospiti le specialità: tanduri, il riso, i ceci, le lenticchie, i bocconcini di pollo grigliati”. Aftab offre portachiavi e penne da uno stand e invita i curiosi a mandare i soldi tramite la sua società che opera in tutta Europa, Asia e Africa: meno spese o da casa, tramite internet, senza spese; un servizio destinato a tutte le etnie. Allo stand vicino all’entrata la giovane Narni, bravissima nelle materie scientifiche a scuola di telecomunicazioni, fa dei tatuaggi di henne sulla mano di una signora e di sua figlia: “In Pakistan tutte le donne sanno fare i tatuaggi per matrimoni o feste”.
Il Festival del Pakistan dimostra ogni anno di essere un punto di riferimento per l’integrazione, la conoscenza reciproca e lo scambio culturale tra i due paesi.
Raisa Ambros
(01 novembre 2014)
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