I giovani scrivono e incontrano i rifugiati con Astalli

attivita_nelle_scuole_centro_astalli
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Un crocifisso surriscalda la discussione in un collettivo di classe di una scuola superiore. Tenerlo in aula o no?  Da qui lo scontro tra due ragazzi del liceo. L’italiano vuole toglierlo, un’alunna straniera no.  Strano, avremmo detto il contrario, ma per scoprire il perché Celeste si ostini a volere il crocifisso in classe bisogna leggere il racconto di Elena Rotondi “Due bastoni incrociati”. Storia che si è aggiudicata l’ottava edizione di “La scrittura non va in esilio”, concorso letterario promosso dalla fondazione Centro Astalli. Oltre ai racconti e alla ricca attività del centro con i giovani, la portavoce Donatella Parisi ci ricorda chi sono e da dove vengono i rifugiati e ci aggiorna sulla stretta attualità: la chiusura dell’operazione Mare Nostrum, “una condanna a morte per migliaia di migranti”

Il racconto di Elena, incentrato sul tema del dialogo interreligioso, ha prevalso su 150 scritti. Una giuria di prestigio, formata da scrittori, giornalisti, rappresentanti di organizzazioni umanitarie, UNHCR, rifugiati e insegnanti, ne ha scelti 10, premiati il 29 ottobre a Roma. Un’attività intensa quella del Centro Astalli con i giovani, che coinvolge ogni anno 12mila ragazzi delle superiori in 15 città d’Italia. “Viste le numerose richieste quest’anno abbiamo deciso di aprire anche alle medie” racconta Donatella. Da questa esigenza è nato “Scriviamo a colori”, un concorso aperto ai ragazzi di prima, seconda e terza media. “I racconti ripropongono ciò che accade nella realtà, ciò che i ragazzi vivono e percepiscono dal mondo dell’informazione. Alcuni anni si concentrano sugli sbarchi, altri sul terrorismo”. “Quest’anno – ricorda Dontalle – lo straniero è quello del banco o della porta accanto. Una presenza con cui si convive”. Non solo concorsi il lavoro di Astalli nelle scuole, ma un percorso fatto di visite nelle moschee, sinagoghe e di testimonianze dei rifugiati, tenute davanti alle classi.

Sì, perché i ragazzi facciano esperienza del diverso, capendo anche chi è, da dove viene e perché cerca protezione, colui che viene chiamato rifugiato. Sono per la maggior parte del Corno d’Africa i rifugiati, Eritrea e Somalia. Scappano da persecuzioni e conflitti. Molti anche i siriani – forte la presenza a Milano, ma vengono in Italia per poi andare in altre nazioni. “Vi è un nuovo flusso oggi – racconta Donatella – dal Mali, dalla Mauritania e dal Senegal. Da quest’ultimo paese scappano anche perché perseguitati in quanto omosessuali. Di chi arriva dalla Libia un buon 70% sono rifugiati: quindi con diritti ad essere protetti”.

Il passaggio dall’operazione Mare Nostrum a Triton “è un vero e proprio arretramento, anche fisico – spiega Donatella – perché prima si soccorrevano i migranti a 170 miglia a largo delle terre, con Triton si passerà a 30”. Se Mare Nostrum “era un’operazione di salvataggio, Triton è solo un’operazione di sicurezza. Così facendo si condannano a morte migliaia di migranti, anteponendo ai principi di pace e democrazia, su cui venne fondata l’Europa, le esigenze di sicurezza ed economiche”. Se l’orizzonte è piuttosto grigio per i rifugiati Donatella confida nel lavoro con le scuole “se si lavora bene con le nuove generazioni, il futuro non può che essere migliore”.

Fabio Bellumore(6 novembre 2014)

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