140.000 persone salvate con Mare nostrum; 3000 morti nel Mediterraneo nel 2014: dati che impongono di evitare la chiusura dell’operazione. Lo sostiene Amnesty International Italia, promotrice, in collaborazione con l’ufficio del parlamento europeo, del convegno Diritti di migranti e rifugiati in Europa: il costo umano della traversata in mare, svoltosi il 17 ottobre presso la sala delle bandiere.
A fronte della prossima sostituzione con l’operazione Triton del piano di intervento avviato dopo i naufragi di Lampedusa nel 2013, il direttore generale dell’associazione Gianni Rufini ribadisce l’urgenza del suo potenziamento e sostegno da tutti gli stati dell’UE. L’allarmismo suscitato dall’imminente chiusura dell’operazione Mare nostrum trova spiegazione nella ridotta efficacia della sola azione condotta dall’agenzia Frontex, adibita al controllo delle frontiere. Il Mediterraneo centrale resta la via di salvezza per rifugiati e migranti in fuga dalle situazioni di conflitto, persecuzioni, povertà e violazione di diritti umani, che interessano aree del nord Africa e del Medioriente.
La responsabilità collettiva reclamata da simili emergenze deve attivare un intervento di sorveglianza marittima, salvataggio e concessione d’asilo ai migranti: prerogative che invocano il dialogo e la collaborazione con i paesi terzi, allo scopo di contrastare il traffico di vite umane e l’immigrazione irregolare, e sviluppare il potenziale di risorse dei flussi migratori. Così come Triton, fondata su un campo d’azione di 30 miglia dalle coste, non è la risposta alle esigenze di ricerca e soccorso, anche l’operazione Mare nostrum non può valere se non come provvedimento d’urgenza. “Gli sforzi umani e materiali richiesti non sono sostenibili da una sola nazione; è necessario un intervento congiunto tra UN, EU, NATO ed AU” ribadisce l’ammiraglio Filippo Maria Foffi, Comandante in capo della Squadra navale della Marina Militare.
Rivedere gli accordi di Berlino, colpevoli di scoraggiare una politica umanitaria di accoglienza da parte degli stati dell’Ue, garantire sicurezza e accesso alle zone di approdo dei migranti, dei quali tutelare l’esigibilità del diritto d’asilo: il consiglio europeo è chiamato a muoversi per “porre un freno all’affogamento nel silenzio e nella passività di tante, troppe, vite umane” ha concluso Rufini.
Clara Agostini (24 ottobre 2014)
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