Natale: tradizioni filippine con Louie e May

Louie ad una festa filippina
Louie ad una festa filippina

Ascoltare Louie e May parlare del Natale targato Filippine è un toccasana che ti aiuta a bloccare la “frenesia del regalo” natalizio, perché, parlando delle loro tradizioni, ti fanno fare un balzo indietro e un tuffo nelle tue. Il Natale filippino è un insieme di gesti e riti. I bambini che cantano per strada chiedendo offerte, le famiglie che in religioso silenzio si avviano alle funzioni natalizie alle quattro di mattina e i piatti tipici della cucina che non possono mancare. Certo oggi, qui in Italia, qualcosa è cambiato. Un esempio: la messa delle quattro di mattina, in Italia, si svolge alle sette di sera.

“Essendo un Paese tropicale, le Filippine” dice May “appena arriva un pochino di fresco per noi è Natale. Già ad ottobre iniziano i preparativi”. May è in Italia dal 2001, dove vive con sua madre e suo fratello. Studia e lavora. “Salutato settembre – dice May – radio e tv iniziano a trasmettere canzoni natalizie. Si comincia a decorare le case”. Se in Italia uno dei simboli è l’albero di Natale, la decorazione più importante è il Parol. Ce la racconta così Louie – studentessa di 25 anni, anche lei di origine filippina  – “non può mancare il tipico Parol, la nostra lanterna variopinta a forma di stella esclusivamente fatta a mano con bamboo e fogli di riso”. Louie studia cooperazione internazionale alla Sapienza. Per sostenere le spese dello studio fa la hostess per eventi multiculturali o veste i panni della modella.
“L’aria si riempie di odori frizzanti e speziati, di colori brillanti e briosi in ogni angolo c’è sempre un sottofondo musicale – continua Louie – in strada ci sono bambini gioiosi, a gruppetti per fare i loro caroling, ovvero i canti natalizi, davanti alle case ansiosi di ricevere qualche soldino dai proprietari come ringraziamento della musica offerta”.

May
May

La maggior parte dei filippini è cattolica e segue la tradizione della Novena o Simbang Gabi (messa nella notte), una serie di nove messe a partire dal 16 di Dicembre. La messa inizia la mattina presto per poi fare colazione tutti in famiglia. May ricorda un particolare di questa preparazione “tutti cercano di completare i nove giorni di Simbang Gabi, con la convinzione che riuscendoci potranno ricevere il regalo desiderato per Natale”.
Louie ha un ricordo particolare “da piccola non saltavamo mai nessuna Novena, con mia nonna che mi ha fatto da mamma prima di trasferirmi qui. Andavamo a piedi verso la chiesa ancora col buio e già le strade erano piene di persone con bambini sbadiglianti”.

L’apice della festa è nella Noche Buena, la notte tra il 24 e il 25. La tradizione vuole che si vada alla messa della vigilia, poi insieme si ritorna in famiglia e si mangia. “Qui a Roma – racconta May – i filippini si ritrovano alla Basilica di Santa Prudenziana a Via Urbana, per festeggiare il Natale. Alcuni si organizzano nelle case, affittano locali o chiedono permessi in chiesa per stare insieme”. Le pietanze più cucinate presenti sulle tavole filippine, quando c’è la possibilità, sono: il Lechon o maiale arrosto, l’Hamon che é un tipo di prosciutto dolce, l’aroz Valenciana e la Paella ( origine spagnola). Seguono tantissimi tipi di dolci, fatti di riso e cocco come ingredienti base, che vanno dal Bibinka alla  fruits salad. Segue  un piacevolissimo scambio di doni.

Bambini filippini durante festa natale
Bambini filippini durante festa natale

Prezioso nei ricordi sia di May che Louie è il giorno dopo la Noche Buena. La mattina del 25 dicembre, “dopo la santa messa – racconta May – tutti, specialmente i bambini visitano i familiari, padrini e madrine di battesimo e di comunione. Vanno a salutare, chiedere benedizione e ricevono altri regali”. A Louie questo momento suscita nostalgia e tenerezza soprattutto quando dice “i miei genitori, che sono più radicati nella tradizione, ci raccontano il loro passato. Quando da bambini si indossava il vestito più bello, si usciva per andare a salutare i nonni o le persone anziane. Poggiavano la propria fronte alla loro mano in segno di rispetto, e ricevevano piccoli doni. Oggi vedo nei loro occhi tanta nostalgia e un po’ di tristezza, per non poter trascorrere il Natale con tutti i parenti nella nostra terra d’origine”.

Fabio Bellumore
(23 dicembre 2014)

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