Natale ucraino: “il nostro grido di pace non resti inascoltato”

Le voci femminili del coro della comunità ucraina della chiesa dei santi Sergio e Bacco n occasione del concerto natalizio dell'8 febbraio
Il Natale ucraino è stato allietato da un concerto di koliadki, canzoni popolari e poesie della tradizione religiosa innalzate a preghiera

Una festa che dignità e forza d’animo hanno saputo tener viva nonostante la tragedia nel proprio paese: in questi termini il popolo ucraino sta vivendo il Natale. Il dolore che lo affligge da mesi per le notizie sul conflitto in Ucraina getta un’ombra di grande tristezza sul periodo delle festività natalizie, cominciate il 7 gennaio, giorno di Natale, e prossime alla conclusione il 15 febbraio. Ne ha dato prova il senso di commozione che ha pervaso quanti hanno partecipato domenica 8 febbraio al concerto natalizio della comunità ucraina di Roma, presso la chiesa della Madonna ai Monti.

Come da tradizione, la celebrazione della ricorrenza religiosa è stata anche l’occasione per scambiarsi gli auguri di buon anno, intonati alla letizia, all’amore e alla pace. Questo mix di speranze ha rappresentato il leit motiv dell’evento, per un popolo unito nella sofferenza e nell’apprensione per l’escalation di violenze che stanno avvenendo in Ucraina, dove la prospettiva di una soluzione diplomatica si allontana di giorno in giorno. Il coro polifonico ha proposto alcuni koliadki della cultura religiosa ucraina: canzoni popolari e poesie innalzate a preghiera di pace, in un’atmosfera di solidarietà e fraternità, alla quale hanno contribuito i presenti alla cerimonia, provenienti anche da paesi dell’est Europa e dalla stessa Ucraina orientale. Ai brani intonati dalle voci femminili del coro della chiesa dei santi Sergio e Bacco sono seguite le esibizioni del coro della chiesa georgiana di s. Andrea Apostolo e di alcuni seminaristi del Collegium Russicum – istituto di formazione cattolica con sede presso la basilica di santa Maria Maggiore.

C’è stato spazio poi per una merenda con pietanze tipiche, preparate da alcune signore ucraine. Tra queste anche la kutia, un dolce a base di orzo perlato o frumento, arricchito con semi di papavero, zucchero, miele, uvetta e frutta secca. “La kutia è una delle dodici portate del cenone della vigilia, al centro di una serie di riti in adorazione a Gesù bambino, per assicurare fertilità e benessere” ha rivelato Lilia.

Si è tenuto successivamente un momento di condivisione sulla situazione attuale dell’Ucraina, segnata dalla protesta di Euromaidan, che ha avuto l’effetto di togliere la maschera a Putin, svelandone le mire economiche e geopolitiche: una rivoluzione della dignità, come usa considerarla il popolo ucraino, al quale il presidente russo vuole strappare pezzi di territorio.

Dopo il concerto natalizio, spazio per un momento di dibattito e condivisione sul conflitto in Ucraina
Dopo il concerto natalizio, spazio per un momento di dibattito e condivisione sul conflitto in Ucraina

Dallo scoppio nel novembre 2013 delle manifestazioni di piazza dell’Indipendenza a Kiev, le stime dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani parlano di quasi seimila vittime di bombardamenti e colpi d’arma letali: un dato che impone la consapevolezza sul dramma che si sta consumando in terra ucraina e la dovuta attenzione al tipo di informazione che giunge anche in Italia, a fronte di un tendenziale allineamento ad interessi russi nella riproposizione mediatica dei fatti. Alcune notizie risultano fuorvianti sin dalla distinzione tra russofoni e filorussi: “I separatisti russi rappresentano al massimo un 15% nell’est dell’Ucraina. Si sente poi parlare di fughe di ucraini in Russia: alcune immagini fatte circolare dagli organi di informazione internazionale mostrano, in realtà, il frequente traffico di spostamenti verso la Polonia per la fruizione di beni e servizi. I russofoni sono ucraini e vogliono la pace”. A ribadirlo è Marianna, una delle tante donne ucraine che ogni domenica si adopera in piazza dei Partigiani per raccogliere vestiti pesanti, medicinali e beni di prima necessità da spedire ai combattenti in patria. “I nostri cari militano al fronte sprovvisti delle adeguate attrezzature, senza disporre neanche della divisa di protezione o degli anfibi, patendo il freddo e la fame”.

Gli ucraini richiamano a gran voce il memorandum di Budapest del 1994, che non ha garantito loro indipendenza, libertà, integrità territoriale e sicurezza, come invece stabilito dagli accordi sullo smaltimento delle armi atomiche dell’Ucraina. Un senso di solitudine e di abbandono dalla comunità internazionale è quanto avverte la gente di questo paese, che cerca di sconfiggere l’odio, la rabbia e il pregiudizio attraverso la fede e la forza della preghiera, nella convinzione che l’amore più forte sia quello verso il proprio nemico.

Clara Agostini (10 febbraio 2015)

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