Quella che lega Mary* e Sarah* è un’amicizia speciale. Il loro rapporto di complicità nasce dalla consapevolezza di avere un passato simile alle spalle che le ha portate a vivere le stesse esperienze. Le due ragazze filippine sono arrivate nel nostro paese circa quattro anni fa senza conoscere l’italiano ed ora frequentano la stessa classe alla scuola media Ippolito Nievo. “Quando mi sono trasferita qui sapevo a malapena contare fino a 10 in italiano. All’inizio a scuola mi sentivo isolata perché non riuscivo a capire nulla” – dice Sarah, mettendo in evidenza come il suo carattere timido e riservato non l’abbia di certo facilitata. Per comunicare con i propri compagni, le due amiche a volte ricorrono all’inglese che conoscono molto bene in quanto nel loro paese d’origine è la seconda lingua ufficiale, dopo il tagalog. Questa mescolanza di lingue le accompagna anche a casa, come racconta Mary: “Mio fratello più grande ci ha raggiunti dopo ed ha ancora molte difficoltà con la lingua. Con lui cerco quindi di parlare in italiano, oltre che in tagalog, perché vorrei che lo imparasse. La stessa cosa faccio con mia madre e quando non capisce qualche parola gliela traduco in inglese”. Nonostante la grande motivazione ad imparare l’italiano, il tagalog continua a rivestire per loro una grande importanza, in quanto è l’unico mezzo che hanno a disposizione per non perdere le proprie radici e riuscire a comunicare con i parenti rimasti nelle Filippine. Ed a questo proposito, Mary racconta un curioso aneddoto: “Ci capita spesso di pensare in italiano, ma di non riuscire a tradurre lo stesso concetto nella nostra lingua d’origine. Ad esempio, non esiste un corrispettivo in tagalog per la parola italiana recita. Nelle Filippine per esprimere questo concetto utilizziamo il termine inglese acting”.
Al di là dei grandi progressi fatti, “sono ancora tante le parole italiane di cui non riusciamo a comprendere il significato ed abbiamo, quindi, difficoltà a stare al passo con i nostri compagni durante le lezioni. Inoltre, abbiamo molte lacune che derivano dal nostro primo periodo in Italia, quando non conoscevamo affatto la lingua”, dice Sarah. Per questo motivo, le due ragazze frequentano un corso di italiano L2 che è stato promosso dall’Associazione Piuculture nella loro scuola. Si tratta di due incontri a settimana, della durata di due ore ciascuno, che coinvolgono ragazzi di differente nazionalità. “Gli studenti vengono suddivisi in piccoli gruppi, in base alla loro conoscenza dell’italiano, in modo che ciascuno di loro possa seguire con attenzione le attività proposte”, spiega Anna Crisi una delle volontarie dell’Associazione Piuculture. Un vero e proprio laboratorio dove l’elemento della pratica gioca un ruolo fondamentale e si fa soprattutto conversazione tutti insieme.
Leggere e commentare, ad alta voce, un articolo di giornale può però diventare anche il pretesto per approfondire le regole della grammatica italiana. Uno degli elementi che contribuiscono a mantenere viva l’attenzione dei partecipanti è sicuramente l’aspetto ludico delle lezioni: “mi piace molto quando dobbiamo inventare una storia, a partire da un’immagine che ci viene mostrata”, racconta Sarah. L’obiettivo dell’associazione Piuculture non è solo quindi quello di insegnare l’italiano agli studenti migranti, ma anche di stimolare la loro curiosità.
*Nomi di fantasia
Ambra Di Chio(21 aprile 2015)
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