Piuculture e la sfida per conoscere la comunità filippina

Comunità filippina, foto di Vittoria Mannu

“Le difficoltà maggiori dei bambini stranieri vengono dal senso di spaesamento. Sono immersi in contesti che non si parlano: a casa vivono il mondo della loro tradizione, a scuola vivono il mondo del presente. Bisogna aiutarli non solo con la sintassi e con la grammatica, ma anche a mettere in comunicazione queste due realtà. È questo il mandato di Piuculture. Con queste parole la presidente Lia Ghisani parla della nuova sfida dell’associazione: conoscere la comunità filippina partendo dalla scuola con un progetto specifico dedicato ad Anna Meo, una delle socie, venuta a mancare un anno fa.

L’idea nasce dall’esperienza: “Dei bambini che seguiamo il 50 per cento è di origini filippine, nel nostro quartiere è la comunità più numerosa. Alla luce di questi dati, come associazione, da un lato crediamo sia necessario aiutare le scuole a superare le difficoltà di mettersi in contatto con i genitori degli alunni. Spesso gli insegnanti non riescono a parlare con le famiglie a causa di una frattura linguistica grave. Dall’altro sentiamo l’esigenza di conoscere le abitudini, i modi di pensare e la cultura di chi condivide con noi il territorio. Piuculture significa proprio questo: convivere e conoscersi”.

“Il nostro obiettivo è offrire a tutte le scuole del Municipio II una traduzione in lingua tagalog dei regolamenti e dei Piani dell’Offerta Formativa, solitamente disponibili solo in italiano.  Contiamo di concludere questo lavoro di traduzione entro metà maggio”. Un gruppo di socie sta lavorando al progetto col supporto di Bernadette, traduttrice e mediatrice culturale, che sarà indispensabile per costruire un ponte tra la scuola e le famiglie.

Che la lingua sia la porta d’accesso alla società è chiaro da tempo alle volontarie che operano tutti i giorni in 12 istituti. Ma imparare a comunicare non basta: “come abbiamo appreso nei percorsi di formazione che abbiamo seguito, le difficoltà dei bambini stranieri ad apprendere l’italiano sono dovute al trapianto da una comunità all’altra”, continua la presidente. “La lingua è solo la punta di un iceberg: il problema nasce dal rapporto con la cultura d’origine e con la famiglia. Per questo vogliamo che anche i genitori conoscano il mondo della scuola in cui sono immersi i figli”.

Ancora una volta, il terzo settore si inserisce a colmare i vuoti istituzionali. “I presidi sono molto interessati al progetto: sanno anche loro che è fondamentale avere una mediatrice culturale, ma non hanno i soldi per pagarla. Noi possiamo portare avanti il progetto grazie a una donazione. E di fatto, aiutiamo l’istituzione a fare il suo mestiere”.

Le traduzioni dei documenti relativi alle scuole saranno diffusi durante gli open day, insieme a una lettera delle scuole e di Piuculture. Ma il lavoro non finirà tra i banchi: “finiremo con un evento per tutti in cui promuoveremo tradizioni, danze e musiche filippine. Sarà come una festa”, dice Lia Ghisani. E già pensa ai progetti futuri: “domani magari possiamo fare la stessa esperienza con altre comunità. La prossima potrebbe essere quella cinese, di cui recentemente abbiamo approfondito la conoscenza”.

Rosy D’Elia

(29 aprile 2015)

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