Si conclude il Ramadan: l’amarezza di chi non può festeggiare

moschea Hassan II
fedeli in preghiera per la fine del Ramadan alla moschea di Hassan II

Venerdì scorso si è concluso il Ramadan, mese sacro di digiuno, e tutti i fedeli hanno tirato un sospiro di sollievo. Come ci racconta Naima, marocchina in Italia da ormai 19 anni, “quest’anno il caldo è stato davvero insopportabile, gli ultimi giorni non passavano più”.

Il Ramadan in Marocco non è solo un pilastro religioso, ma anche sociale: “tutti da noi praticano il digiuno, a meno che non abbiano problemi di salute”.Non si tratta solo di non bere e non mangiare, il clima cambia: tutti partecipano emotivamente a questo mese di purificazione e quando ne arriva la fine, la festa è sentita da tutti.Ma chi non può trascorrere la fine del Ramadan nel proprio paese di origine come festeggia qui a Roma?

La comunità marocchina è la terza in Italia per grandezza, e il numero dei fedeli musulmani non si limita ai soli provenienti dal Marocco. “Molti dei miei connazionali passano la giornata alla Grande Moschea tra preghiere e festeggiamenti, ma io non sempre riesco ad andare” ci confida Naima con amarezza.I ritmi frenetici della vita in Italia, la responsabilità della casa e la necessità del lavoro per una donna sola in un paese straniero, la portano a trascorrere questa giornata di festa come un qualsiasi altro giorno lavorativo, che però il caldo e la tristezza hanno reso più pesanti.

“In Marocco i festeggiamenti iniziano dalla mattina: tutti i bambini indossano vestiti nuovi comprati apposta per la festa, all’alba si va alla moschea e una volta tornati a casa ci scambiamo dolci e altri piatti con i vicini. Le porte di casa sono aperte, le strade piene di gente, e per un giorno tutti dimenticano i loro problemi”. Per chi è lontano da casa invece nessun problema viene cancellato: “bisogna lavorare per tirare avanti” dice Naima considerando che non ha parenti vicini, e dunque una festa che per i musulmani è così importante, qui interessa a poche persone.

In queste occasioni la lontananza dal proprio paese si fa sentire più forte, ma non ci si può abbattere. Anche Naima spera di avere la possibilità di trascorrere qualche festività in Marocco. Infatti quello che manca è la condivisione della gioia dopo un mese di grande sacrificio, “la vita è piena di sacrifici, ma il bello del Ramadan è saper con certezza che dopo un mese tanto faticoso si potrà stare tutti insieme ed essere orgogliosi della nostra resistenza”.

Jalila Dobere(23 luglio 2015)

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