“Questo riconoscimento valorizza qualità spesso nascoste o dimenticate, a dimostrazione del fatto che un immigrato, nonostante le difficoltà burocratiche, in Italia ce la può fare.” Non ha dubbi Naji Abderrahim sulle possibilità di successo per lo straniero nel nostro paese. Il suo è stato celebrato alla settima edizione dei MoneyGram Awards lo scorso 25 giugno, grazie al trionfo come imprenditore immigrato per l’anno 2015. Dal 2009 la manifestazione premia la capacità imprenditoriale di stranieri promotori di attività economiche e buone pratiche con effetti positivi sulla crescita della produzione e dell’occupazione in Italia.
Naji Abderrahim è orgoglioso di questo traguardo raggiunto alla guida della CS Stampi, azienda di stampaggio di materie plastiche attiva nel padovano, frutto di un percorso di formazione personale e tecnica che lo ha visto partire da lontano, ed abbracciare culture e realtà differenti. Nato in Marocco, Naji si iscrive nel 1987 all’università di fisica e chimica a Marrakesch, lasciandola dopo soli due anni per problemi economici in famiglia. Si distacca da madre e fratelli per emigrare in Francia, nella speranza di proseguire e concludere i suoi studi, ma invano. “I costi erano insostenibili, e non ho potuto far altro che cercare lavoro” racconta. Iniziano così i suoi spostamenti tra Germania, Belgio, Olanda, e paesi scandinavi. Naji accumula esperienze lavorative saltuarie, tutte in pochi mesi tra il 1989 ed il 1990, per arrivare poi in Svizzera, ed infine in Italia, all’epoca di una sanatoria che regolarizza il permesso di soggiorno agli immigrati. L’incontro con un membro della CGIL a Padova segna la svolta, e consente al giovane marocchino di trovare lavoro come muratore per un’impresa edile in un bowling a San Giorgio in Bosco, nel padovano. Passano poche settimane e Naji conosce un po’ per caso il titolare della CS Stampi, che decide subito di assumerlo come dipendente. Da qui l’inserimento stabile nel contesto industriale italiano. “Il mio ingresso è avvenuto in modo semplice. Mi sono state date tutte le spiegazioni tecniche necessarie per l’uso dei macchinari, e la collaborazione con gli altri tre colleghi è stata subito facile”. Dopo un passaggio di consegne ad un gruppo di tre fratelli, l’impresa viene acquisita da Naji nel 1997, che sceglie Piazzola sul Brenta come sede centrale definitiva a partire dal 2000. “Ogni dipendente dell’azienda, italiano o straniero che sia, deve sentirsi un tassello fondamentale dell’organico, perché parte dell’intero processo di lavorazione, dall’idea per il cliente al prodotto finale. Il contributo di tutti rende condivisa la soddisfazione per gli obiettivi conseguiti. Il clima che si respira è di grande armonia e rispetto reciproco”. Una strategia vincente, che ha permesso a Naji Abderrahim di veder crescere la CS Stampi del 38% nel biennio 2013-2014, e di prevedere per l’anno in corso un fatturato di 10 milioni di euro. Il tutto a dispetto della crisi economica che imperversa in Italia, impensierendo larga parte del mondo imprenditoriale.
Ma c’è un’altra stabilità, oltre a quella lavorativa, che regala a Naji la contentezza di stare qui: è la stabilità affettiva, raggiunta a fianco della donna italiana con la quale ha avuto due figlie di 9 e 11 anni, “orgogliose del loro papà”, come rivela emozionato lui stesso. Naji smorza la nostalgia del Marocco facendovi ritorno con la famiglia appena può. “Il paese d’origine è quello del primo respiro, quello che ti ha dato le prime abitudini. Quando si è costretti al cambiamento in una nuova società, è doveroso capire cosa tenere del proprio modo di essere e cosa accettare di quello degli altri. Prima di pretendere, bisogna dare, rispettando le regole e partecipando al bene reciproco della convivenza”. Ecco perchè Naji non vuole parlare di immigrazione, ma di scambio di culture. “Per diventare parte di questo paese, l’attaccamento alle proprie radici deve trovare il giusto equilibrio con un’ottica di collaborazione”.
E’ quanto Naji ritiene di aver fatto in Italia, dove ha sperimentato nel tempo un atteggiamento generale di apertura e di accoglienza verso lo straniero. “Il paese da sentire proprio non può limitarsi a darti nome e cognome, ma è quello in cui diventa possibile avverare sogni e speranze”. A tale convinzione se ne aggiunge un’ultima: “Non voglio dirmi realizzato. Questo significherebbe aver finito il mio percorso. Mi aspetto sempre che il meglio debba ancora venire”.
Clara Agostini
(8 luglio 2015)
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