Status di apolide: una legge per il riconoscimento anche in Italia

unchr campagna globale contro l'apolidia. Piano 2014 2024
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È la forza brutale dei numeri a rendere urgente l’introduzione di una normativa organica sull’apolidia: sono i dieci milioni di apolidi nel mondo secondo le stime di UNHCR, i 600 mila “giuridicamente invisibili” in Europa, ed i quindicimila solo in Italia. Lo scorso 29 settembre, il nostro paese si è mobilitato in tal senso, aderendo alla Convenzione ONU sulla riduzione dell’apolidia del 1961. Un risultato importante, sulla scia del quale la Commissione diritti umani del Senato, l’UNHCR ed il CIR, auspicano la ratifica della legge per il riconoscimento dello status di apolide, presentata il 25 novembre a Palazzo Madama.

Da ottobre 2014, l’impegno di istituzioni, governi e società civili si è tradotto nell’adesione alla Convenzione del 1954 sullo status delle persone apolidi da parte di sei paesi; nove paesi hanno altresì abbracciato la Convenzione del 1961. Appena l’approvazione diverrà ufficiale, l’Italia figurerà il 65esimo stato ad aver siglato l’accordo sulla riduzione dell’apolidia.Tuttavia, i recenti progressi non possono bastare. La comunità internazionale è chiamata a far confluire gli sforzi dei paesi nel contrasto al fenomeno dell’apolidia sin dalla nascita. “Si stima che ogni dieci minuti nel mondo una persona nasca nella condizione di apolide”: a rivelarlo è Helena Behr, rappresentante UNHCR, organizzazione che lo scorso anno ha promosso una campagna globale per porre fine all’apolidia entro il 2024. “Per prima cosa, uno stato deve far sì che la registrazione della nascita sia gratuita ed accessibile, ed eseguita senza discriminazioni. Il luogo in cui questa avviene e l’identità dei genitori sono fondamentali per stabilire la nazionalità dei bambini, prevenendo che risultino apolidi” ha ribadito Behr.

Il disegno di legge presentato in Senato mira a dare ordine ed organicità ad una materia che in Italia si è alimentata a lungo di provvedimenti occasionali, spesso poco limpidi e contraddittori. A fronte della condizione di limbo, anonimato ed incertezza che getta gli apolidi in situazioni di emarginazione e di esclusione sociale, le procedure previste per la determinazione del loro status mirano a ridurne il carico di sofferenza legato al proprio presente e futuro. Dalla definizione di apolide, quale “persona che nessuno stato considera come suo cittadino nell’applicazione della sua legislazione”, alla quale spettano diritti e doveri, la normativa indica le modalità di accesso a tale condizione, adottate finora da quattordici paesi, Italia compresa. Alcune misure, contenute in apposite Linee guida sull’apolidia, vogliono rendere più accessibili ed efficienti le procedure di individuazione degli apolidi, ai sensi della Convenzione del 1954.Tra i diritti dei richiedenti si elencano:• accesso senza limiti di tempo o svincolato da valutazioni circa la regolarità di soggiorno;• assistenza ed informazioni in lingua comprensibile;• garanzie specifiche per i minori e per le persone prive di autonomia parziale o totale, diritto ad un colloquio individuale e alla presentazione di una domanda scritta, con annessa possibilità di ricevere ausilio in fase di stesura;• divieto di espulsione durante la procedura;• disponibilità di assistenza legale;• diritto di ottenere un permesso di soggiorno provvisorio.

conferenza ddl apolidia 25 novembre Senato
Mercoledì 25 novembre è stato presentato in Senato il disegno di legge per il riconoscimento dello status di apolide. Tra i presenti anche Helena behr, rappresentante UNHCR, organizzazione impegnata in una campagna decennale per ridurre e prevenire il fenomeno dell’apolidia.

Le cause della condizione di apolidia sono indipendenti dalla volontà dell’individuo. Tra gli apolidi rientrano molteplici categorie di persone: i figli nati da genitori apolidi, o coloro impossibilitati ad ereditare la cittadinanza dei genitori; i membri di un gruppo sociale cui è negata la cittadinanza secondo discriminazione; i profughi di guerre o occupazioni militari. Infine, tra gli apolidi o a rischio apolidia si annoverano le vittime dei conflitti nella legislazione tra Stati, oltre ai profughi, i rifugiati e gli sfollati, il cui paese di appartenenza è stato oggetto di dissoluzione e/o di frammentazione territoriale, con la conseguente nascita di nuove entità nazionali, come è accaduto per l’ex URSS e l’ex Jugoslavia. La dissoluzione di quest’ultima, in particolare, è all’origine della consistente presenza della comunità romena in Italia, che oggi conta circa quindicimila persone.

La posta in gioco per il riconoscimento dello status di apolide merita di essere ricordata: senza nazionalità, gli apolidi non dispongono di documenti, e non possono godere di diritti basilari, come il diritto di sposarsi, il diritto di riconoscere legalmente i propri figli e di trasmetter loro una cittadinanza. Scenari simili vanno altresì inquadrati nel contesto internazionale di oggi, per il crescente numero di migranti e di richiedenti asilo. L’acquisizione della cittadinanza dei genitori o quella del paese di provenienza potrebbe non essere sempre garantita, con il rischio di un incremento dei potenziali casi di apolidia. La proposta di legge in questione vuole fungere da strumento di prevenzione anche in questi termini.

Clara Agostini(2 dicembre 2015)

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