Storie di (non) cittadinanza: il racconto di Sabri e Ania

Arrivato in Italia da neonato, cresciuto a Teramo in Abbruzzo, a diciannove anni si è trasferito a Roma per studiare all’università. È il percorso di Sabri, un giovane ragazzo di origine albanese di ventiquattro anni, da dodici anni cittadino italiano. La verità è che Sabri non si è mai visto come uno straniero, nemmeno quando la cittadinanza non ce l’aveva. “I miei genitori si sono integrati veramente bene, non mi sono mai sentito diverso,” racconta il ragazzo che oggi fa la specialistica in Finanza.

Suo padre è venuto in Italia nel 1991 con le prime ondate migratorie di albanesi. Dopo qualche mese ha trovato lavoro e ha avuto la possibilità di ricongiungersi con il resto della famiglia: Sabri aveva appena due mesi. Il ragazzo ha ottenuto la cittadinanza italiana , assieme al padre, quando aveva dodici anni. “È stata una fortuna, perche qui in Italia se uno dei tuoi genitori prende la cittadinanza e tu sei minorenne, la prendi in automatico anche tu, mentre se sei già maggiorenne non è la stessa cosa”, spiega. “Mi sono sempre sentito italiano, avevo solo amici italiani,” ricorda, “prima di avere la cittadinanza non ho mai avuto grandi problemi.”

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Ania e Sabri.

Non è stato facile invece per Ania, la sua ragazza, di origine polacca, anche lei cresciuta in Italia. “Ritengo sia uno scandalo che lei non abbia ancora la cittadinanza,” dice Sabri. “Ha studiato in Italia a partire dalle medie ora si sta laureando alla specialistica, è una studentessa modello che vive in Italia da quindici anni”. Il requisito che le manca per diventare italiana? Quello economico, che mette un tetto minimo del reddito per gli ultimi tre anni che precedono la richiesta di diventare italiani. Un nodo che genera critiche per quanto riguarda la riforma della cittadinanza recentemente approvata alla Camera. “Il mio nucleo familiare sarei io, mia madre e mio fratello, quando mai potremmo raggiungere tredici mila euro all’anno?,” chiede la ragazza che per adesso, pur essendo ancora studente, non è riuscita a trovare lavoro e che per alcuni posti e bandi viene penalizzata proprio perchè non possiede la cittadinanza. Un circolo vizioso per chi, come dice Ania che, pur avendo trascorso una vita in Italia, paga sulla sua pelle la difficoltà di ingresso nel mercato lavorativo ancora più elevate per chi malgrado viva da molto tempo in Italia, non abbia la cittadinanza italiana.

Petra Barteková(20 gennaio 2015)

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