In che modo i media italiani hanno trattato il tema delle migrazioni nel 2015 e in che modo questa rappresentazione ha influenzato l’opinione pubblica? Queste sono alcune delle domande ha cui ha tentato di rispondere il Terzo rapporto Carta di Roma, “Notizie di confine”, presentato il 15 dicembre scorso alla Camera dei Deputati.L’informazione ha dato crescente rilevanza al tema delle migrazioni e i numeri ne sono la prova: +80% dei titoli nelle testate e +210% dei servizi . Questo accresciuto impatto e visibilità sui media hanno spinto a ricercare una rinnovata consapevolezza nel trattare un argomento cosi delicato e che facilmente è stato oggetto di non poche scorrettezze e imprecisioni anche a livello di linguaggio da parte dei professionisti dell’informazione.I dati curati dall’Osservatorio europeo per la Sicurezza sono la fonte principale di una sintesi sul tema delle migrazioni e dei migranti e dello spazio dedicato loro sui media.Presenti ospiti illustri del mondo dell’informazione: Giovanni Maria Bellu, presidente dell’Associazione Carta di Roma e Marecello Masi, direttore del Tg2, ma anche docenti universitari come Ilvo Diamanti, professore di Analisi dell’Opinione pubblica dell’Università di Urbino e analisti come Paola Barretta dell’Osservatorio di Pavia.Il 2015 è stato un anno denso di avvenimenti legati, a vario titolo, alle migrazioni: l’attacco a Charlie Hebdo, gli attentati di Parigi del 13 Novembre, il naufragio nel Canale di Sicilia del 18 aprile.“I giornalisti per dare un’informazione più precisa e corretta stanno facendo uno sforzo di aggiornamento e cura del linguaggio, con corsi di formazione sistematici e sondaggi periodici”, spiega Giovanni Maria Bellu. “Purtroppo se da una parte diminuiscono gli errori dall’altra aumentano le violazioni della Carta di Roma. Bisogna capire che non si tratta solo di buoni consigli ma anche di un codice deontologico che va rispettato così come va rispettata la verità sostanziale dei fatti. Uno dei principi fondamentali è quello di usare termini giuridicamente appropriati per non ricadere in imprecisioni o veicolare pregiudizi” Ilvo Diamanti offre una prospettiva da analista dell’opinione pubblica e illustra come questa venga influenzata dai media: “Giornali e televisioni partecipano alla costruzione della realtà sociale, per questo non sono neutri rispetto ad essa”. Il docente sottolinea quanto le migrazioni siano un argomento “vantaggioso” per il discorso politico, per aumentare il consenso, ma anche “notiziabile” in quanto contribuiscono alla formazione dell’opinione pubblica. “Quando parliamo dei migranti , non parliamo solo di una costruzione mediale e politica ma di una realtà reale che si auto impone come notizia . Nel mondo globalizzato, “il mondo irrompe nella mia vita quotidiana e pone luce sul bisogno dei confini per tutelarsi”. L’impatto della globalizzazione e della geopolitica, ha reso i confini sempre più labili e questo ha contribuito al ricorrere allo stereotipo per mettere un “confine” tra me e il mondo. In questo senso lo straniero diventa un pericolo perché introduce dall’esterno i pericoli del mondo. Il tema delle migrazioni è stato ridotto a un’immagine stigmatizzata e semplificata del fenomeno che ha però molteplici volti, come quello del bimbo siriano, che giace senza vita su una spiaggia turca. Un urlo alla coscienza e alla responsabilità in questa “marcia dei disperati verso il Nord”, una cosa che ritorna dal passato. “Non bisogna rassegnarsi di fronte al diffondersi della paura e soprattutto non sostituire i confini con i muri”.Paola Barretta illustra i dati e i grafici, che oltre ai numeri mostrano la differenza dei toni, dall’ allarmistico al rassicurante, e la relativa associazione delle parole che possono rimandare alla chiusura o all’ apertura. In particolare, il tema dell’accoglienza riceve più spazio dopo la pubblicazione della foto del bambino siriano, rispetto al 2008, anno nel quale c’è stato il picco della campagna che inquadrava lo straniero come nemico. “Si può risalire a una lista di cattive e buone pratiche”. Dare voce a esperti e protagonisti è meglio che riprodurre la vox populi, con toni sprezzanti, come se fosse rappresentativa del pensiero di tutti gli italiani, il sensazionalismo va sostituito con numeri e dati precisi, il racconto dei “nemici alle porte” andrebbe sostituito da storie alternative ed esempi positivi d’integrazione.“Il difetto dei giornalisti non è la malafede ma la pigrizia che sfocia in generalizzazioni e semplificazioni”, spiega Marcello Masi. “Le immagini valgono più di mille parole, e sono un’arma potentissima nelle mani dei giornalisti, che però andrebbero elaborate con ragionamenti”. Purtroppo il mestiere del giornalista impone dei limiti temporali ed è difficile riprodurre la complessità di un fenomeno in poco tempo e spazio. “Quello che si dovrebbe fare è creare il confronto, coinvolgere le persone, perché l’inclusione va a nostro vantaggio per il futuro”.
05/01/2016
Ania Tarasiewicz
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