Europa e Mediterraneo: le risposte alla crisi dei migranti

tavola rotonda Europa e Mediterraneo il 25 febbraio al circolo PD Flaminio
Al dibattito su Europa e Mediterraneo, organizzato dal Circolo PD Flaminio ed introdotto dal segretario Gian Paolo Giovannelli, è stato approfondito il quadro storico e geopolitico attuale del Medio oriente e dell’Africa settentrionale, per far luce sull’emergenza profughi e sulla politica d’accoglienza europea.

“Dove sono oggi tutti quelli che in passato hanno goduto dell’Europa? Pochi anni fa c’era chi avallava l’uscita della Grecia dall’Unione, oggi c’è chi dice che è legittimo alzare muri e mettere fili spinati al confine. Dove sono i 200 milioni di giovani che hanno fatto l’Erasmus, godendo dell’opportunità di girare il continente, di studiare, di innamorarsi e sposarsi? E dove sono le piccole-medie imprese, che, internazionalizzandosi, hanno resistito alla crisi economica grazie all’euro ed al mercato europeo?”. La denuncia verso le inadeguate risposte politiche ed istituzionali alla crisi dei migranti, che imperversa su Europa e Mediterraneo, arriva da David Sassoli, vicepresidente del parlamento europeo con delega alla politica del Mediterraneo, intervenuto alla tavola rotonda svoltasi il 25 febbraio presso la sede del Circolo PD Flaminio – Villaggio Olimpico.

Al dibattito, coordinato dal segretario del circolo Gian Paolo Giovannelli, hanno partecipato esperti di politica internazionale e rappresentanti istituzionali, analizzando le tensioni e le cause che stanno infiammando i confini dell’Europa e dei singoli stati.In particolare, Franco Tempesta, già ambasciatore in Iraq, ed il professor Roberto Aliboni, consigliere scientifico dello IAI – Istituto Affari Internazionali, hanno ricostruito l’attuale quadro geopolitico dei paesi del nord Africa e del Medio oriente, ripercorrendone la storia dai primi decenni del Novecento, all’epoca dei regimi coloniali di Francia e Gran Bretagna rispettivamente su Siria e Libano, e su Iraq e Transgiordania, fino alle evoluzioni degli ultimi tempi: gli effetti del vuoto di potere in Libia dopo la caduta di Gheddafi, l’avvento dello Stato Islamico, ed i risvolti del conflitto siriano. Temi, questi, che sono stati trattati anche alla luce degli interventi degli stati europei nelle aree in questione, e delle relative conseguenze.“Gli altri paesi scelgono di essere quello che vogliono essere, e non a nostra immagine e somiglianza. Questo modo europocentrico di guardare il mondo non funziona, e rischia di isolare l’Europa: vogliamo esportare i nostri valori occidentali, anche in paesi dove questi non sono voluti, né inseguiti” ha affermato Sassoli.Riguardo la minaccia più recente dell’avanzata di Daesh, Tempesta ha sottolineato che “i tagliagole dell’Isis, intenzionati a dar vita ad un Califfato tra Iraq e Siria, non si son inventati nulla di nuovo: é un’antica esigenza del mondo arabo quella di riunirsi, rimasta finora inascoltata dai paesi dell’occidente. Se durante la prima guerra mondiale Francia ed Inghilterra avessero favorito la nascita di uno stato panarabo, come promesso agli arabi in cambio dell’alleanza contro l’impero ottomano, forse la storia sarebbe stata diversa”.

Quella con cui abbiamo a che fare oggi vede l’Europa alle prese con molteplici difficoltà ed accese polemiche in merito al sistema di accoglienza e di gestione di profughi e rifugiati. Le risposte dei governi nazionali all’emergenza migranti dal Medio oriente e dal nord Africa, per l’arrivo di milioni di persone in fuga dall’ondata di guerra e violenze che da anni investono Siria e Libia in primo luogo, stanno compromettendo la politica europea. Provvedimenti di respingimento, espulsione e discriminazione verso i migranti, già messi in atto, o anche solo annunciati e prospettati da alcuni stati, gettano un’ombra sul presente e sul futuro dell’Europa. Necessitano di sostegno paesi come Libano e Giordania, sottoposti ad enormi sforzi in attività militari e misure di protezione per i profughi siriani. Il solo Libano ne ospita circa due milioni, su una popolazione che si aggira attorno ai quattro milioni di abitanti. Non può essere lasciata sola neanche la Tunisia, dove l’elevato numero di foreign fighters presenti sul territorio, ed il crollo registrato dall’economia del paese, specie nel settore del turismo, dopo gli ultimi attacchi dei jihadisti radicali, rendono critica la situazione odierna. “La Tunisia dovrebbe essere messa in sicurezza ed aiutata anche per interesse dell’Europa” ha ammonito Sassoli. “Presenta i maggiori spiragli di democrazia e di partitismo, in grado di scongiurare il rischio che venga travolta dagli intenti pericolosi e violenti dei paesi vicini. Con l’avvicinarsi della primavera, inoltre, è facile prevedere l’avvio di nuove partenze verso l’Europa ed il Mediterraneo”.

Siriani in fuga dalla guerra e dagli orrori nel loro paese. Il solo Libano ospita oltre due milioni di profughi.
Siriani in fuga dalla guerra e dagli orrori nel loro paese. Il solo Libano ospita oltre due milioni di profughi.

Una spiegazione alla fuga dalla Siria verso l’Europa di milioni di persone è stata fornita da Aliboni, che ha condotto l’attenzione dei presenti sull’oramai quinquennale guerra siriana. Il conflitto si sta giocando come scontro tra civili, scoppiato in seguito ad una rivolta nella cittadina di Daraa. Così ha spiegato Aliboni: “da mosaico di etnie e religioni, dapprima vissute pacificamente in un contesto laico e democratico, la Siria è diventata focolaio di ideologie radicali, principi guida delle milizie che oggi hanno il sopravvento nel paese. La parte moderata dei Fratelli musulmani è stata eliminata per volere di Assad, mentre quella dell’esercito siriano, rimasta senza appoggio dall’occidente, è venuta meno”. Il professore ha analizzato la guerra in Siria anche a livello regionale, nei termini della frapposizione tra Iran ed Arabia Saudita, ricollegandola a fini di preminenza territoriale e sicurezza, spesso nascosti dietro le antitetiche posizioni tra sciiti e sunniti. “L’alleanza di Assad con l’Iran ha permesso al dittatore di elevarsi ad un ruolo di rivoluzionario e ricattatore contro i regimi moderati di Egitto ed Arabia Saudita” ha precisato Aliboni, che poi ha aggiunto: “lo scacchiere geopolitico dell’area si complica alla luce della presenza di una componente sciita nel sud del Libano, e dei legami di questa con gli sciiti iraniani, attraverso l’Iraq. Inoltre, il coinvolgimento relativo degli stati arabi nella lotta all’Isis, auspicato dagli Stati Uniti, si deve al loro prioritario interesse nell’opposizione all’Iran, e lo stesso vale per la Turchia”. Infine, Aliboni ha spiegato l’estensione del conflitto in Siria alla contrapposizione tra Usa e Russia, nell’ambito della quale il presidente Putin propende per un coinvolgimento militare diretto maggiore.

Di fronte alla crisi dei migranti in Europa e nel Mediterraneo, che vede nel conflitto siriano una delle cause predominanti, Sassoli ha insistito sull’importanza di un principio di cooperazione, che ispiri l’assegnazione di fondi destinati alla politica di accoglienza, così come le linee di un’intelligence europea e di un esercito unico, strumenti di un’efficiente politica estera. “Ogni stato resta ancora geloso della propria struttura e del proprio modo di operare. L’Europa risulta la seconda potenza al mondo (dopo gli Stati Uniti, ndr) per spese in armamenti, ma non la seconda potenza assoluta: troppi soldi risultano buttati via nella gestione dei ventotto sistemi militari dei paesi membri”.Serve un cambio di rotta che agisca a partire dall’opinione pubblica. “Stiamo vivendo su un crinale molto pericoloso, simile a quello che l’Europa ha conosciuto negli anni trenta, quando fu incendiata una prima volta, senza trovare di contro efficaci reazioni pubbliche. Oggi è necessaria una risposta delle forze politiche e delle istituzioni, e di quanti abbiano a cuore uno spazio comune. Lo stiamo perdendo in termini di coscienza europea, perché sopraffatti da interessi nazionali”.

Clara Agostini(2 marzo 2016)

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