Anche se la conosci da tempo perché è stata tua collega nello stesso giornale, oggi per intervistare Raisa Ambros devi concordare uno spazio nel poco tempo che ha. È a Roma di passaggio, trascorre qui qualche giorno prima di tornare nella Londra post-Brexit, quella che “nessuno si aspettava, neanche io”. Quando si collega su Skype all’orario concordato, ti racconta che ha lavorato fino a tardi per pensare al prossimo numero della rivista che dirige, Social Value & Intangibles Review, fondata nel 2015 da un Think tank britannico, il Centre for Citizenship, Enterprise and Governance (CCEG).
La rivista è un po’ il suo bambino, spiega Raisa, che è iscritta all’Ordine dei Giornalisti già da due anni. Il tesserino lo ha preso con Piuculture, a suon di analisi sul campo, convegni, interviste nelle comunità e alle istituzioni. Se c’era da promuovere il giornale in un’occasione ufficiale, era Raisa ad occuparsene, perché è una che va dritta all’obiettivo, sa parlare con le persone, non si ferma davanti agli ostacoli. Durante l’intervista le squilla il cellulare: “devo rispondere un momento, è una collega” e attacca una conversazione in russo, una delle cinque lingue che conosce. “Il bello di Londra è questo” spiega pochi istanti dopo, “puoi incontrare gente di tutto il mondo e parlare una lingua diversa con ciascuno”.
Raisa è approdata al tema del valore sociale quasi per caso. Galeotta è una conferenza al Vaticano, nell’estate del 2014, in cui Olinga Ta’eed, Professore all’università di Northampton, racconta il ruolo del valore sociale nella lotta alla povertà. Raisa prende contatti, spiega che è interessata all’iniziativa, poi manda il suo CV. La prima risposta che riceve è negativa, ma sei mesi dopo la ricontattano per entrare a far parte del progetto SEISMIC con l’idea di creare una rivista. “Ho proposto di creare un sito multilingue, sulla scia di Piuculture, ma loro erano orientati verso il cartaceo. Mi hanno detto: ci serve una rivista, se te la senti, falla. E io ho accettato”.
I mesi che seguono sono difficili. L’Inghilterra non è l’Italia, e se non conosci bene la lingua anche scrivere una mail può diventare un’impresa: “ci sono stati fraintendimenti, rileggevo mille volte per essere sicura di aver capito bene e di farmi capire bene” racconta. Il lavoro è duro, capita di stare al computer anche 16 ore al giorno, si hanno deadline molto strette e se si sbaglia si viene ripresi duramente anche di fronte al team: “oggi so che è giusto farlo, vedo il lato professionale del rapporto e capisco che è un modo per spronare a fare meglio. Ma all’epoca vivevo una situazione piuttosto fragile, e prendevo le cose più sul personale”.
Ma la lingua non è il motivo per cui il CCEG l’ha scelta: il ruolo di Raisa è quello di internazionalizzare il progetto e trovare i fondi per la rivista, forse la parte più difficile. Il primo numero viene prodotto con fondi propri, e la rivista esce anche grazie al contributo di molti autori che inviano articoli gratuitamente. È un numero innovativo, multilingue, distribuito online sulla piattaforma Issuu e in formato cartaceo per alcune istituzioni selezionate. Ma per il secondo numero i fondi non ci sono, e nell’estate del 2015 Raisa si ritrova senza lavoro. “È stato uno shock: avevo investito tanto nel progetto, e non riuscivo a pensare che fosse finita”. Cerca altri lavoretti per mantenersi, ma non smette di immaginare il secondo numero della rivista. Così, quando in autunno il CCEG la richiama per dirle che uscirà un nuovo numero, lei lo ha già tutto in mente.
“C’erano stati sviluppi nella ricerca: il think tank aveva individuato nuovi sistemi per misurare il valore sociale e la rivista era uno strumento essenziale di diffusione” spiega. Il lavoro riparte a velocità doppia: ricontatta autori cinesi, arabi, russi, turchi e il secondo numero esce “con dolore ed entusiasmo” in un’edizione di 128 pagine che portano nuovi fan e potenziali sponsor. Si dà allora il via al terzo numero, e i contenuti salgono ancora di livello. Sharon Stone accetta di farsi intervistare e comparire sulla copertina, la First Lady del Costa Rica le concede del tempo per un’intervista che avrebbe voluto fosse ancora più lunga, ci sono nuovi autori internazionali e allora arrivano anche i primi sponsor. Arriva finalmente il successo e l’interesse: “recentemente su Linkedin abbiamo messo un annuncio per formare il nuovo advisory board, ci sono state tantissime richieste e abbiamo creato un team di 14 persone”. Ci sarà un quarto numero? “Sì, Hillary Clinton comparirà in copertina, e più avanti ci darà un’intervista”. E tra i nuovi progetti, anche l’Internet-of-Value – Blockchain Alliance for Good, che si propone di trasformare il valore sociale in moneta digitale: “significa che domani al bar si potrà pagare un caffè per il 90% in termini finanziari e per il 10% in valore sociale”, una sorta di Bitcoin del social value.
Oggi Raisa vive nella City, dove continua a lavorare perfezionando il suo inglese e progettando un dottorato sul ruolo delle donne nella leadership di un paese, grazie ad una borsa di studio che il CCEG le metterà a disposizione. È il quarto paese per lei, ma non lo vede come una meta definitiva. “Qui ci sono molte possibilità di conoscere persone, partecipare ad eventi, inserirsi negli ambienti giusti” spiega “per riuscire in un settore devi essere davvero molto bravo, e l’obiettivo è migliorarmi per mantenere il mio lavoro”. Certo, la lingua è fondamentale, ma non è più l’ostacolo che rappresentava due anni fa: “lavorando con gli inglesi ho imparato a capire di più del loro modo di approcciarsi agli altri. Mi definivano rude, ma sto imparando: oggi spesso rileggo le mail e torno indietro nel testo per vedere dove posso aggiungere un please in più” racconta ridendo.
Sembra una favola a lieto fine, ma è solo la storia di qualcuno che ha scelto di non mollare: “con il tempo ho capito che tutte le cose brutte che succedono nella vita accadono per liberarci dalle cose inutili che non fanno parte del nostro destino e lasciare il posto ad altre più belle. A volte ti viene data un’opportunità: tu puoi decidere che non sei all’altezza oppure prenderla e dimostrare che puoi farcela. E se anche non hai tutte le qualità per farlo, per bisogno imparerai anche quelle”.
La lezione, per Raisa, è solo una: “non aver paura di ricominciare da capo, a qualsiasi età, in qualsiasi situazione: bisogna sempre alzarsi e camminare”.
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