Da Roma e da Istanbul doppio sguardo sulla Turchia

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La Turchia non è più un paese libero – dice Emin Öztürk che è arrivato in Italia nel 2001 – perché il governo non prende le sue responsabilità”. Emin ha la doppia cittadinanza e ha scelto di fermarsi a Roma: la città lo ha conquistato. Dopo le difficoltà iniziali nel 2010 ha potuto coronare il sogno di aprire un ristorante di kebab nel quartiere Flaminio. Ha creato un’associazione culturale che si prende cura dei rifugiati e insegna la lingua italiana: “un modo per dire noi siamo qua”.

La situazione del suo paese lo rattrista. Pensa che la democrazia sia la strada da percorrere e si meraviglia di come non ci si sia mossi prima per far fronte al golpe “Ne hanno pagato le spese i funzionari, gli insegnanti, i magistrati che ora non lavorano più: nessuno di loro ha fatto qualcosa di sbagliato. Non è giusto, non si può decidere in 24 ore di “eliminare” la gente se non è armata. Vengono sostituiti da persone allineate con il governo, ma questa non è libertà. Si può stare da una parte o dall’altra, non c’è una terza scelta, o bianco o nero”. I suoi genitori e i suoi fratelli sono in Turchia ma sembra che lì non si abbia consapevolezza della situazione reale: “le notizie non arrivano o sono pilotate”. Emin è convinto che il paese non possa andare avanti con una sola persona a guidarlo ma che ci sia bisogno di una squadra: “All’inizio, nel 2001 Erdogan è stato molto capace nel modificare diverse cose, ha fatto leggi positive per il popolo, ma da qualche anno vuole decidere tutto da solo”.

Il colpo di stato, per Emin, ha solo incrementato tendenze che erano già presenti nella sua leadership. Considera Gulen pericoloso: “All’inizio i due leaders avevano fatto un accordo e camminato insieme, poi qualcosa non ha funzionato. Sicuramente Gulen ha avuto un ruolo in quanto è accaduto, ma immagino non sia il solo. Il cambiamento non si realizza con le armi ma con la democrazia. Il popolo ha preso le difese di Erdogan perché lui è riuscito a manipolarli accusando l’America e l’Europa di essere dietro a quanto accaduto. Tra la popolazione molti sono d’accordo con il governo perché hanno un lavoro statale e quindi hanno la loro convenienza, altri invece lo sono per paura”.

Muge è una ragazza turca e vive a Istanbul da quando aveva 17 anni. Non sa più cosa pensare del suo paese: “Sono successe tantissime cose anormali negli ultimi anni. Bombe nelle grandi città, scontri con il PKK, 3 milioni di siriani rifugiati politici, l’attacco all’aeroporto, il fallito colpo di stato…non so se il paese ha visto giorni peggiori, io non ne ho visti”. Nota però che Erdogan, dopo il golpe, abbia modificato atteggiamento in senso positivo: prima non amava le critiche e distingueva tra ‘noi’ e ‘loro’. “Il presidente faceva causa a chi la pensava in maniera diversa da lui. Ora ha detto di voler proteggere la democrazia e ringraziato Ataturk per aver firmato il trattato di Losanna che ha sancito il riconoscimento della Repubblica di Turchia, prima si comportava come se lo stesso Ataturk non  fosse parte della storia nazionale. Non so se si tratti di una tattica, ma forse ha davvero capito l’importanza di uno stato secolare”.

Le persone licenziate appartenevano all’organizzazione di Fetullah Gulen e Erdogan stesso gli aveva dato potere. “I due leaders sono entrati in conflitto: nel 2014 Gulen aveva già provato a sconfiggere il presidente, ma senza successo. All’inizio, quando ho saputo del colpo di stato, pensavo fosse stato programmato da Erdogan stesso per apparire migliore ma, quando la gente ha cominciato a morire, ho capito di essermi sbagliata. Sono contenta che il colpo sia fallito, non mi piace questo governo, ma non è questo il sistema per abbattere qualcuno che non ti piace. Credo ancora nella democrazia”. I media occidentali,  che considerano il golpe un tentativo fallito di riavere indietro la Turchia secolare, sbagliano. Non è così, dietro il golpe ci sono persone ancora più pericolose di chi è al governo”. Intanto in tutto il paese, nonostante gli attacchi terroristici “la gente non modifica la routine quotidiana esce, si incontra, va in vacanza”.

 Istanbul, Turchia (AP Photo/Lefteris Pitarakis) fonte il post.it
Istanbul, Turchia (AP Photo/Lefteris Pitarakis) fonte il post.it

Da Roma e da Istanbul c’è uniformità di vedute sul rapporto fra Turchia e Unione Europea:  secondo Emin l’Europa non dovrebbe fare un accordo con un paese che non riesce a gestire la sua sicurezza. “Le persone devono essere libere di vivere, di pregare, di vestirsi come desiderano e non farlo per compiacere qualcuno, né per paura. Noi prima di tutto dobbiamo essere liberi: voglio vivere come desidero, senza far male agli altri. Chi sono io per decidere di mettere bombe in nome dei musulmani. Ora si teme la diversità: il cristiano odia il musulmano; il bianco, il nero; si ha paura dell’altro”. Muge non vede nell’immediatezza la possibilità che la Turchia entri nell’Unione Europea, e cita una barzelletta locale: “pochi mesi fa parlavamo di andare in Europa senza passaporto, ora non possiamo andare al supermercato senza la carta d’identità”.

Elena Fratini(11 agosto 2016)

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