“Quello che sta succedendo nel mio paese è il non-ce-la-facciamo-più di un’intera popolazione, che aveva riposto in queste elezioni la speranza di un cambiamento, dopo 52 anni di governo della stessa dinastia”. Con questa frase Faustin Makaya*, studente gabonese, riassume lo sdegno di tutta la cittadinanza, dopo le elezioni del 27 agosto. “Non ho la tessera di nessun partito, ma nei giorni precedenti alle elezioni mi sono avvicinato al candidato di opposizione. Con altri connazionali il 7 settembre ci siamo incontrati in piazza Santi Apostoli a Roma dalle 14,00 alle 20,00 per manifestare contro quello che sta accadendo nel nostro paese”.
Le elezioni in Gabon. La sfida politica in Gabon si è disputata tra Ali Bongo e Jean Ping, il primo è il presidente uscente e il rappresentante della dinastia al potere, il secondo è visto come la possibilità di un cambiamento nonostante sia un ex Ministero degli Esteri del governo.
Il 31 agosto sono stati ufficializzati i risultati: il candidato della continuità ha ottenuto il 49,8 per cento dei voti mentre il suo rivale il 48,2 per cento con una differenza di 5.594 voti. Entrambi i candidati si sono dichiarati vincitori. Sia gli esponenti dei partiti di opposizione che i cittadini hanno chiesto di ricontare i voti, accusando Ali Bongo di brogli elettorali. I risultati hanno acceso la miccia di una violenta contestazione, da giorni sia nella capitale Libreville che nelle maggiori città del paese sono in atto gli scontri.
Il Gabon, repubblica indipendente dal 1960, ha 9 province e una popolazione di circa 1.730.000 abitanti. Per votare è necessario aver compiuto 18 anni di età, essere nato in Gabon ed essere iscritto nelle liste elettorali. I votanti sono circa 600.000 dal momento che la popolazione è composta per il 52 per cento da ragazzi sotto i 18 anni e c’è un alto tasso di immigrazione da altri paesi africani.
L’opposizione parla di dati truccati nella provincia di Haut Ogooué, da cui proviene la famiglia del presidente. Nella città di Franceville sarebbe stata registrata un’affluenza alle urne di più del doppio rispetto al numero effettivo di abitanti. “Su Wikipedia in poche ore la popolazione è cresciuta da 100.000 a 250.000 abitanti, con il 99,9 per cento degli abitanti al voto, di questi il 95 per cento avrebbe scelto Ali Bongo. Sono numeri da dittatura sovietica”, dice Faustin Makaya.
La situazione pre elettorale. “Anche prima delle elezioni si respirava un clima di forte tensione, in questi ultimi sette anni il Gabon ha conosciuto una regressione, il debito pubblico ad esempio è cresciuto del 150 per cento e il tasso di disoccupazione è arrivato fino al 35 per cento. In seguito a queste vicende negative i gabonesi si sono interessati molto al processo politico”, spiega Faustin. I candidati alla presidenza in principio erano 14. Nel periodo immediatamente precedente alle votazioni i tre candidati più forti dell’opposizione hanno deciso di sostenere la candidatura di Jean Ping per assicurare il cambiamento necessario.
Nel paese che si posiziona al 100esimo posto su 180 nella classifica della libertà di espressione, anche la campagna elettorale è stata del tutto sleale, “il servizio pubblico di informazione ha trasmesso solo messaggi di propaganda, esaltando Ali Bongo e criticando duramente Jean Ping”, dice Faustin.
E la campagna poco trasparente ha raggiunto i gabonesi anche nei paesi europei. “In Italia i funzionari del partito hanno offerto, e in alcuni casi pagato, 150 euro per assicurarsi i voti. É successo anche a me di ricevere questa offerta e sono a conoscenza di una lista di persone che hanno ricevuto questa somma. Ma adesso persino loro stanno protestando”.
La situazione dopo le elezioni. I cittadini, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno chiesto di ricontare i voti, ma Ali Bongo non ha accolto la richiesta, per questo i gabonesi sono scesi in piazza. “Le fonti ufficiali dicono che i morti siano soltanto 5, mentre i miei contatti sul posto mi dicono che i morti sono almeno 500. La mia famiglia sta bene, per fortuna, ma ho perso degli amici in questi scontri“, racconta con preoccupazione .”Bisogna intervenire urgentemente: quasi tutte le città, i negozi, le strade, i trasporti non funzionano più. Dalle 8.00 alle 16.00 la situazione è più tranquilla ma appena cala la sera riprendono gli spari. Tra qualche giorno l’acqua non ci sarà più e la corrente, che funziona a credito come le ricaricabili telefoniche, si sta esaurendo. Il paese sta diventando ingovernabile”.
L’appuntamento di mercoledì 7 settembre in piazza Santissimi Apostoli è stato solo il primo passo, “faremo di tutto per mobilitare la comunità internazionale e per rifare del Gabon il paese tranquillo che è sempre stato”, conclude Faustin.
*pseudonimo
Rosy D’Elia
(6 settembre 2016)
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