Il cittadino illustre di Mariano Cohn e Gastón Duprat, interpretato da Oscar Martinez, dopo essere stato presentato a settembre alla 73 Mostra del Cinema di Venezia arriva nelle sale. Martinez è stato premiato al Lido con la Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Maschile, un premio che ha suggellato il successo di pubblico e critica ottenuto dal film sulle rive della Laguna.
“Accolgo il vostro premio come certificazione del mio fallimento”. Parole dure, di rassegnata condanna, senza dubbio inaspettate. Quelle con le quali lo scrittore Daniel Mantovani ritira il premio Nobel per la letteratura. E che aprono Il Cittadino Illustre di Chon e Duprat, in cui un coinvolgente Oscar Martinez interpreta il ruolo dello scrittore che, al culmine del proprio successo, decide di staccarsi da una quotidianità fatta di impegni e sovrastrutture, per fare ritorno al paesello dell’infanzia. Trent’anni lontano, eppure presente in ogni suo romanzo. A farne da palcoscenico. Come fa da palcoscenico al viaggio del protagonista che nel rallentato spazio di qualche giorno, vede stravolgersi la trionfale accoglienza, in un inarrestabile declino. Frutto di attese tradite, di visioni inconciliabili, di distanze incolmabili tra figli della stessa terra. In un ribaltamento del canone nostalgico proprio della mitologia, che narra del dolore per il ritorno negato, la trama del film invece sviluppa il crescente dolore causato dal ritorno compiuto. Dolore che, unito a paura per il proprio mondo divenuto ormai ignoto, culmina in una necessaria quanto rocambolesca fuga dall’esito inaspettato. In cui lo scrittore diventa vittima delle proprie storie.
Il cittadino illustre del duo Cohn-Duprat tocca con leggerezza non banale il controverso tema del senso di appartenenza. Ritenuto necessario per ognuno, ma che spesso si scontra con la mancanza di una appartenenza reale. Come per Daniel Mantovani che, restio al lasciarsi assoggettare ad una società contemporanea che non sente propria, si scopre ormai incompatibile anche con la terra d’origine. Solo. Con come unico ricovero le proprie storie. Scritte, e da scrivere.
Rocco Ricciardelli(30 novembre 2016)
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