Ius soli sportivo: cittadini grazie all’agonismo

Il 1 dicembre, presso il salone d’onore del Coni a piazza Lauro de Bosis, si discute di ius soli sportivo, anche allo scopo di presentare il numero della Rivista di diritto sportivo.

A prendere la parola per primo è il presidente del Coni Giovanni Malagò, che spiega: “la società civile e il mondo sportivo hanno capito l’importanza dello Ius soli prima dello Stato. Negli ultimi anni assisto a molte tesi di laurea sullo sport come strumento di integrazione e acquisizione di diritti per i migranti ma anche per i bambini, come riportato dalla carta dei diritti del fanciullo”.

Vincenzo Jaconianni, direttore responsabile della rivista di diritto sportivo, parla dell’importanza dello ius soli sportivo e di come questo venga inteso e applicato:gli atleti senza una cittadinanza dichiarata possono avere la tessera del Coni che gli permette di gareggiare nelle competizioni internazionali come cittadini italiani. In diversi paesi Europei come Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna, il diritto allo ius soli sportivo è immediato: basta essere nato nel paese dove si vive o da un genitore con la cittadinanza. Dovremmo prendere esempio da loro per semplificare le nostre leggi e procedure.”

Alberto M. Gambino, direttore scientifico della Rivista di diritto sportivo, spiega nel dettaglio la rivista del Coni: “in essa sono riportate nozioni di diritto sportivo interno, storia dello sport. La rivista è arricchita dal contributo di una commissione scientifica internazionale che offre un importante contributo in lingua inglese”.

Filippo Vari, ordinario di diritto costituzionale all’Università Europea di Roma, concentra il suo intervento sull’attuazione della legge 20 del gennaio 2016, relativa allo Ius soli sportivo, che “permette il tesseramento di minori stranieri residenti in Italia, dando loro accesso alle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate e agli enti di promozione sportiva dopo aver compiuto dieci anni. In questo modo si può garantire pari diritti agli sportivi di diversi paesi. Del resto lo sport stesso è riconosciuto tra i diritti dell’uomo: da esso può derivare il diritto al lavoro e alla libertà. A mio avviso – continua Vari –  il limite dei dieci anni andrebbe valutato caso per caso: è stato inserito per cercare di arginare il problema dei minori non accompagnati, ma, là dove c’è la famiglia, perché non tesserarli prima favorendo l’integrazione con i coetanei e l’ingresso del mondo dell’agonismo?” 

Dalla conferenza è emersa l’importanza dello ius soli, cioè il diritto del bambino di essere cittadino del paese in cui nasce, indipendentemente dalla nazionalità dei suoi genitori. Un diritto che oggi si può acquisire grazie all’agonismo.

Marzia Castiglione Humani(7 dicembre 2016)

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