Per l’8 marzo, non solo donne italiane

Per l'8 marzo: Donne in festa a Villa Borghese foto Giuseppe Marsoner
Per l’8 marzo: Donne in festa a Villa Borghese foto Giuseppe Marsoner

Il mondo femminile italiano è diventato più composito, è bene prenderne atto e cercare il modo migliore per vivere insieme” dichiara Emma Bonino in occasione dell’incontro “Donne anche noi. Storie di fuga e riscatto”.che si è tenuto, con un giorno di anticipo, per celebrare l’8 marzo nella sede dell’Associazione Stampa Estera a Roma.Protagoniste dell’appuntamento: Habiba Ouattara della Costa d’AvorioAgitu Ideo Gudeta etiope, Princess Okokon nigeriana e le loro storie di fuga e integrazione. La giornata dedicata alle donne viene utilizzata per conoscere una migrazione poco narrata, valorizzando il lavoro delle donne migranti che “seppure i dati parlino di una percentuale di occupate inferiore a quella dei gli uomini immigrati” spiega Antonella Soldo, presidente di Radicali Italiani “pur tuttavia le migranti fanno lavori più qualificati”.Agitu Ideo Gudeta vive in Trentino nella valle dei Mòcheni, un’area bella e selvaggia, con ottanta capre. “Al primo impatto gli abitanti ti osservano, ti guardano, poi quando capiscono come operi c’è grande accettazione, soprattutto perché i Mòcheni sono a loro volta immigrati, dalla Germania”. Agitu ha studiato sociologia: è arrivata in Italia con una borsa di studio a 18 anni. In Trentino inizialmente trascorreva vacanze. Terminati gli studi è tornata in Etiopia, i suoi antenati erano pastori nomadi e lei ha cominciano a occuparsi di agricoltura sostenibile. “Nel 2010 sono iniziati grossi problemi: il governo etiope per lo sviluppo dell’ industrializzazione si è accaparrato terreni da destinare alle multinazionali. Molti giovani hanno manifestato contro il governo e l’iniqua distribuzione delle risorse. Ci sono stati arresti e le proteste sono state zittite con la forza. Nel nostro progetto eravamo 27, siamo rimasti in 3. Avevo la carta di soggiorno dai tempi dell’università in Italia, la tenevo sempre in tasca assieme ai documenti e a un certo punto sono scappata in Kenia, e poi con un aereo sono arrivata a Malpensa. Avevo mantenuto legami con il Trentino e ho iniziato a scrivere il mio progetto di agricoltura sostenibile. Volevo fare il contrario di quanto si fa in Africa, una provocazione: gli occidentali vanno in Africa e portano via la manodopera, le risorse senza nessun beneficio per la gente del posto. Io con il mio progetto, La capra felice,  recupero i terreni incolti e produco cibo sano per voi e per i vostri bambini”.Anche Habiba Ouattara ha fatto un percorso di integrazione attraverso il cibo. Quando ha deciso di partire dal suo paese  da sette anni era in corso un conflitto e lei subiva persecuzioni per le sue posizioni politiche e come donna emancipata. Ha camminato con altri suoi connazionali, guidata dai trafficanti, fino al Ghana, con lei c’erano famiglie, bambini. Poi il viaggio in aereo, sempre gestito dai trafficanti, con meta finale l’Italia. A Roma non conosceva nessuno finchè non è arrivata al centro Astalli. “Ero vulnerabile, mi hanno curata, sono andata a scuola italiano. E’ stato in quel periodo che ho capito che desideravo aiutare le persone come me. Nel mio paese ero infermiera, laureata, ho ottenuto il riconoscimento del titolo di studio e ho frequentato un master in mediazione culturale a RomaTre. Entrare nel mondo del lavoro non è stato facile, ho avuto l’idea di creare Locanda Maki, alla città dell’utopia, un centro sociale. Maki nel mio paese è un posto di tutti, per ricchi e poveri, per condividere cibo, amicizia. Ho proposto l’idea a un gruppo di rifugiati di origini diverse e con l’aiuto di Laboratorio 53 ce l’abbiamo fatta: cuciniamo piatti africani, pakistani, e di tanti altri paesi del mondo, facciamo anche serate a tema e catering per feste. I nostri piatti li mangiano soprattutto gli italiani”. E’ mediatrice culturale anche Princess Okokon, ex vittima di tratta, lo fa per Piam, Progetto Integrazione Accoglienza Migranti di Asti. Princess è arrivata a Torino nel 1999 “con i trafficanti, erano molto forti. Per le vittime di tratta la difficoltà è scappare dai trafficanti. Sono sbarcata in Europa a Londra, sono passata in Francia e, arrivata a Torino, sono stata venduta a una donna nigeriana che con le botte mi ha costretta alla prostituzione. Pietro Mussino presidente di Piam mi ha aiutato, ora è mio marito. La Caritas di Asti e don Gallo mi hanno dato la prima accoglienza e poi anche lo spazio per un ufficio. Il mio lavoro è combattere i trafficanti nigeriani, amici, fratelli, ma non sto dalla loro parte”. Quando studiava l’italiano, altre nigeriane le chiedevano se non fosse venuta in Italia per i soldi. Non solo, rispondeva. “Io voglio capire gli italiani, voglio conoscere questa terra. Voglio combattere i trafficanti che dicono che la sola via possibile, per noi nigeriane in Europa, sia la prostituzione. Mi batto con  le unità di strada con le quali avviciniamo le prostitute offrendo servizi sanitari, scuola, servizio legale e solo quando abbiamo la loro fiducia parliamo della possibilità di denunciare i loro sfruttatori. Ma abbiamo fatto anche dei progetti nel mio paese, sono stata testimonial nelle scuole. Purtroppo i  trafficanti cercano le persone più semplici, nelle campagne più remote dove non arriva la radio e le ragazze non vanno più a scuola. A chi qui in Italia vuole affrancarsi offriamo corsi professionali: barista, badante, parrucchiera, pizzaiola”. In questi anni più di 200 donne, con l’aiuto di Princess e di Piam, hanno raggiunto un buon livello di autonomia e integrazione, “attualmente ne assistiamo 45, ma ne abbiamo altre in lista di attesa, al momento non abbiamo posti per tutte”.Igiaba Scebo, scrittrice nata in Italia da genitori somali, per la festa della donna ricorda le battagliaportate avanti  da Italiani senza cittadinanza e Nati qui che si battono per il diritto alla cittadinanza dei bambini nati e  cresciuti in Italia che vivono da stranieri nel proprio paese. “Lottiamo affinché la Legge bloccata al Senato dai 6000 emendamenti della Lega Nord venga calendarizzata e approvata al più presto”.Due voci fra il pubblico: quella di Benedetto Della Vedova, sotto segretario agli esteri, che evidenzia le richieste italiane all’Europa “gestione comune dei flussi migratori e creazione di canali regolari di ingresso in Europa per cercare lavoro. Se si offre questo si fornisce un’alternativa vera rispetto ai trafficanti”. E Loretta Bondi di Befree  che ricorda che “in 40 paesi del mondo è stato indetto per l’8 marzo uno sciopero globale affinchè le donne non lavorino né in casa né fuori per dire basta alle violenze, ai femminicidi, alle discriminazioni”.

Nicoletta del Pesco(7 marzo 2017)

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