“Potrei parlare a lungo della mia vita negli ultimi anni. Quanti minuti ho? Dieci, venti, un’ora? Dopo la rivoluzione ho vissuto a lungo in diversi paesi e per di più ho cinquantadue anni, sono un dinosauro!”. La voce di Fadi, siriano druso originario di Sweida, cittadina siriana al confine con la Giordania, sembra rilassata, ridente, ora che è arrivato in Italia da sei giorni con la sua famiglia. Si trova a Venezia, “un posto bellissimo”, dice, ed è atterrato il 28 aprile all’aeroporto di Fiumicino con l’aereo dei corridoi umanitari progetto della Federazione delle chiese evangeliche in Italia e della comunità di Sant’Egidio.Assieme a lui e alla sua famiglia, lo staff ecumenico degli enti promotori del progetto ha accolto due nuovi gruppi di profughi in maggioranza siriani, arrivati in tutta sicurezza con volo di linea dell’Alitalia: sono 125 persone, di cui 48 minori. Tra queste, 51 saranno prese in carico dalla FCEI, dalla Diaconia Valdese e dai loro partner: 13 famiglie troveranno la loro casa in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia, Lazio, Toscana, Calabria e Puglia. Fadi e la sua famiglia sono i primi siriani ad essere accolti in Veneto, spiega Giorgia Corò, responsabile della Diaconia valdese per l’accoglienza dei beneficiari dei corridoi umanitari in Veneto. Il progetto di accoglienza e di integrazione verrà portato avanti dalla Diaconia valdese, ma collaborerà anche un gruppo di volontari dell’Associazione “In-formazione”.“La mia vita negli ultimi anni è trascorsa tra il Libano, la Turchia e la Giordania. In Siria c’erano la mia famiglia, mia moglie e mio figlio. Lì ero un insegnante di inglese, ma nel 2013 sono stato licenziato perché sceso in piazza con i miei studenti per chiedere riforme, giustizia, dignità agli inizi della rivoluzione nel 2011. Sono stato un attivista che ha creduto negli ideali di una rivoluzione nata in maniera pulita e pacifica. Mi hanno arrestato due volte. Non posso dire di essere stato torturato, come tantissimi miei connazionali, ma sono stato pesantemente aggredito e trattato con violenza”.”Ci credevo nella rivoluzione, non avevo mai pensato di abbandonare la Siria, anche durante gli anni vissuti all’estero, io volevo tornare a casa mia. Poi, quando dalla Giordania sono nuovamente tornato in Libano, ho incontrato lo staff del progetto Mediterranean Hope che, dopo diverse interviste, mi ha comunicato una notizia incredibile, ovvero che sarei potuto partire per l’Italia con i corridoi umanitari. Ho fatto fatica a realizzare la novità, mi sembrava un sogno impossibile. E poi l’Italia è un paese che mi aveva sempre affascinato: ho studiato la sua storia, mi sono da sempre interessato alla sua cultura, ho amato leggere Dante Alighieri”.E invece per Fadi il sogno di una vita migliore si è realizzato e finalmente, dopo tanti anni, ha potuto prendere nuovamente l’aereo. Ha sempre viaggiato per lavoro, e proprio in volo ha conosciuto sua moglie. “Le prime sensazioni di questi giorni sono state molte e intense: prima di tutto, provo un profondo senso di gratitudine per le persone che mi hanno accolto e che hanno avuto un’attenzione particolare nell’ascoltare la mia storia. Qui ho capito che da tempo non ero più abituato alla gentilezza e ai sorrisi. In Siria ora non c’è più vita. Ricordi la scena del film Titanic? Quando stava per affondare, vedevi come le persone pensassero oramai solo alla propria vita e a quella dei loro cari, nello sforzo disumano di sopravvivere. Ora la Siria è questo, è un inferno. Quando ero in Libano, un funzionario delle Nazione Unite, un italiano che parlava un arabo perfetto, mi ha chiesto se pensavo ci fosse ancora speranza di pace per la Siria. Sono stato in silenzio per alcuni lunghi secondi. Non sapevo cosa dire. Poi, la risposta è venuta fuori da sola: no, è troppo tardi ormai. Forse un giorno si tornerà a uno stato di quiete, di normalità, ma pensare alla pace in quella terra, facendo finta che il passato sia superato, è impossibile. Il danno è stato immenso, troppe le vite perse. Il paese è distrutto. Parlare di una futura pace mi sembra al momento un’utopia.”Alla domanda “Cosa ti aspetti dalla tua vita in Italia?”, la voce di Fadi tradisce la commozione: “Le persone che hanno salvato la mia vita e quella della mia famiglia sono italiane. Non potrò mai esprimere tutta la mia gratitudine a questo paese. So che qui potrò vivere una vita normale, far studiare mio figlio e per questo, sin dal mio arrivo, ho giurato la mia lealtà all’Italia e alla sua gente. Sono lontano dalla mia terra, ma mi sento a casa, e farò il possibile per dare tutto il mio apporto umano alle persone che vivono in questo paese”.Ahlan wa sahlan Fadi, benvenuto in Italia.
Elisabetta Rossi
(03 aprile 2017)
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